venerdì 11 settembre 2020
Da Eni a Barilla, dall'Enel alle Poste i gruppi scelgono la flessibilità per la ripartenza di settembre
La sede Enel a Milano

La sede Enel a Milano - Reuters

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Scrivanie a rotazione, turni di lavoro personalizzati e organizzazione flessibile. Archiviata l’emergenza del lockdown che ha costretto le aziende a chiudere gli uffici e smaltita la 'fase dell’incertezza' che è coincisa con la stagione estiva, è il momento di costruire una nuova normalità. Che non rappresenta un semplice ritorno al passato ma un tentativo, 'coraggioso' e 'necessario', di valorizzare l’esperienza del lavoro da casa e trasformarla da necessità a ri- sorsa. A spingere su questo fronte sono soprattutto le grandi aziende che possono fare economia di scala. Hanno personale a sufficienza e possono quantificare i benefici in termini di risparmio e di sostenibilità per il personale e il territorio. Il prossimo 15 ottobre finirà lo stato di emergenza che ha liberalizzato lo smart-working e occorrerà un piano su misura concordato con i sindacati. La pandemia ha avuto l’effetto di far decollare il lavoro agile che in Italia: si è passati infatti dall’1,2% di lavoratori da remoto all’8,8% in pieno lockdown, vale a dire circa due milioni di persone, per poi arrivare ad una stabilizzazione attorno al 5,3%. Nelle aziende di grandi dimensioni, come evidenziano i dati Istat, il fenomeno è ancora più marcato: in piena pandemia il 31,4% dei lavoratori ha potuto lavorare da casa e il 25,1% lo sta ancora facendo, percentuali che scendono al 21,6% e al 16,2% in quelle di medie dimensioni. I settori più coinvolti sono l’informazione, l’istruzione, le attività professionali e i servizi. Nella pubblica amministrazione l’obiettivo ambizioso, come ha ribadito più volte il ministro Fabiana Dadone, è di arrivare al pareggio tra dipendenti in sede e in remoto. Molti uffici hanno riaperto da poco e solo su appuntamento. Alle prese con il rientro alla normalità anche le Poste con i suoi 130mila dipendenti. Durante il lockdown l’80% degli impiegati ha lavorato in smart working e le aperture degli sportelli sono state contingentate sia in termini di sedi che di orari. Dal mese di settembre è previsto un rientro in sede fino al 40%.

Situazione più complicata nei settori produttivi, a partire dalla filiera alimentare. All’insegna della flessibilità la scelta di un colosso come Barilla che nel 2013 aveva firmato un protocollo sperimentale concedendo un giorno a settimana di smartworking ad un migliaio di impiegati. Negli anni i giorni sono diventati due e con il lockdown è stato concesso lo smartworking integrale. Al momento, spiegano dal quartier generale di Parma, non c’è alcuna intenzione di cambiare programma. A guidare la schiera dei sostenitori del lavoro senza fissa scrivania sono i colossi del digitale americano che hanno invitato i dipendenti italiani a stare a casa. Google ha deciso di rinviare il rientro in ufficio all’estate prossimo, Amazon ha lasciato libertà di scelta ai propri dipendenti. Potranno scegliere se e quando andare in ufficio ma dovranno prima registrarsi per evitare che le presenze nei nuovissimi uffici di via Melchiorre Gioia superino il 30%. L’idea di fissare un tetto alle presenze in ufficio è al momento la scelta più gettonata. Luxottica e Pirelli nei loro uffici di Milano hanno indicato il 'dimezzamento' delle presenze come l’obiettivo da perseguire per tutto il 2020 e sono tra le aziende che hanno scelto di proporre ai dipendenti di ritorno dalle ferie estive di effettuare il tampone. Tra i colossi che hanno abbracciato la rivoluzione del lavoro agile c’è l’Eni che ha deciso di renderlo permanente: attualmente soltanto il 15% dei dipendenti è ritornato in sede (dei 15mila impiegati che lavorano in Italia mentre altri 6mila tecnici lavorano in presenza sugli impianti) e l’obiettivo è arrivare al massimo al 65% lasciando in remoto il 35% delle risorse disponibili. All’insegna della riduzione delle presenze il piano di Enel che aveva introdotto lo smartworking nel 2016 con una giornata settimanale. In Italia i dipendenti 'agili' sono attualmente circa 14.800, su un totale di più di 29.600. A giugno è stato sottoscritto un accordo specifico che prevede due forme di smart working: quello 'prolungato' per chi svolge attività in remoto e solo saltuariamente deve recarsi in sede o dai clienti, e quello 'alternato' con cadenza bi-settimanale, settimanale o infrasettimanale per chi deve fare i turni per il distanziamento. Sono state anche introdotte delle misure organizzative per tutelare la vita privata: niente riunioni in orario della pausa pranzo ed email nel week-end. A credere nello smart working da tempo anche Fastweb. Nella società telefonica lavoravano da casa, già prima del lockdown, i due terzi dei dipendenti. Prima dell’emergenza, poi, la società aveva siglato con i sindacati un accordo per estendere da 4 a 6 i giorni di lavoro flessibile. Tra le aziende che hanno deciso di dotarsi di un accordo specifico c’è Fincantieri, accordo che prevede un giorno di lavoro da remoto a settimana per 1.950 lavoratori, che raddoppia per chi ha figli piccoli o risiede ad una distanza superiore ai 40 km.

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