giovedì 16 luglio 2020
Il Mezzogiorno perde 380mila posti di lavoro nel solo 2020 (il 6% rispetto al 3,5% del Centro-Nord: ossia circa 600mila occupati)
Una manifestazione per il lavoro

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Sarà soprattutto il Sud a pagare per la pandemia. Il Covid-19 ha colpito un Mezzogiorno già in recessione, prima ancora di aver recuperato i livelli pre-crisi 2008 di prodotto interno lordo e occupazione. Il crollo del Pil nel 2020 è più intenso nel Centro-Nord (-9,6%), attestandosi comunque su livelli inediti anche nel Meridione (-8,2%). A preoccupare sono le ricadute sociali di un impatto occupazionale, più forte nel Mezzogiorno, che perde 380mila posti di lavoro nel solo 2020 (il 6% rispetto al 3,5% del Centro-Nord: ossia circa 600mila occupati). La perdita di occupati è paragonabile a quella subita nel quinquennio 2009-2013 (- 369mila). La gravità delle previsioni della Svimez-Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno sono attenuate dal consistente sostegno delle politiche pubbliche. Grazie agli interventi di contrasto agli effetti del Covid-19, per un importo pari a circa 75 miliardi di euro, la caduta del Pil è stata contenuta di circa 2,1 punti al Centro-Nord e di quasi 2,8 punti percentuali nel Sud, anche se in termini pro-capite il beneficio è maggiore al Centro-Nord (1.344 euro) rispetto al Mezzogiorno (1.015 euro).

Le previsioni della Svimez per il 2021 vedono un Mezzogiorno frenato da una ripresa “dimezzata”: +2,3% il Pil contro il 5,4% del Centro-Nord. La politica nazionale ha sostenuto l’economia nel pieno della più grande crisi dal dopoguerra dagli impatti senza precedenti sui redditi e sui consumi delle famiglie e sugli investimenti delle imprese. Per il rilancio si rende ora urgente una strategia nazionale di sostegno alla crescita compatibile con l’obiettivo del riequilibrio territoriale per cogliere le opportunità inedite che si aprono con i nuovi strumenti di finanziamento europei. Secondo la Svimez, ciò che manca è proprio un Piano di sviluppo sul quale concentrare una serie di priorità che possano mitigare le incertezze legate agli scenari futuri. Di qui la prospettiva di imporre logiche assistenziali e non input specifici allo sviluppo che d’altronde al Sud avrebbero maggiori occasioni di riuscita. Molte le iniziative che hanno subìto un netto ritardo per poter essere lanciate, a partire dall’attuazione dello Zes, l’accelerazione dei cantieri infrastrutturali o del Mes. Per far ripartire il Mezzogiorno è necessario l’intervento dello Stato con l’apporto di investimenti pubblici. Tuttavia, continua a preoccupare l’impatto occupazionale e sociale: è a rischio un posto su cinque. Il tentativo di far riemergere il Paese da questo punto di vista ha presentato non poche lacune. Del resto, il Mezzogiorno ha assistito al crollo della spesa pubblica per investimenti tra il 2008 e il 2018 e, come ricordava l’Istat, non ha ancora potuto recuperare quei 250mila posti di lavoro persi durante quel periodo. Le previsioni Svimez sul Sud, dunque, quest’anno hanno una connotazione decisamente negativa. Complice il fermo produttivo che non ha fatto altro che rallentare ancor di più la ripresa delle regioni meridionali.

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