venerdì 18 marzo 2011
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Il governo ordina la «pausa di riflessione» sul nucleare. E la sensazione è che sia il primo passo verso un addio soft all’ener­gia atomica, almeno fino a quando sarà for­te l’onda emotiva scatenata dalla crisi dei reattori giapponesi. Ad annunciare la nuova linea è il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, che pure dopo le prime noti­zie dal Giappone aveva assicurato che il pia­no dell’esecutivo andava avanti senza incer­tezze. Ma c’è un altro elemento a conferma­re che qualcosa è cambiato nei convincimenti del governo: un dialogo captato ieri a Mon­tecitorio tra la titolare dell’Ambiente Stefa­nia Prestigiacomo, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il portavoce del premier Pao­lo Bonaiuti e lo stesso Romani. «È finita – a­vrebbe detto la Prestigiacomo –, non possia­mo rischiare le elezioni per il nucleare, biso­gna uscirne ma ora non dobbiamo fare nien- te, si decide tutto tra un mese. Non facciamo ca.....», avrebbe chiuso con linguaggio espli­cito. Il concetto, più o meno, è lo stesso ma­nifestato da Berlusconi mercoledì sera all’uf­ficio di presidenza Pdl: la gente ora ha trop­pa paura, il referendum di giugno contro le nuove centrali po­trebbe essere molto partecipato, con ef­fetto- traino sugli al­tri quesiti (in parti­colare quello sul le­gittimo impedimen­to) e, soprattutto, sulle amministrative di maggio. Da qui la rac­comandazione ai parlamentari e ai ministri interessati: «Massima prudenza, facciamo ri­ferimento a quanto si deciderà in Europa». Occorre poi considerare che quasi tutti i go­vernatori hanno chiuso alla possibilità di o­spitare siti sul loro territorio, e che la Lega è completamente dalla loro parte. Bossi, ieri, è stato lapidario: «È il territorio che decide. Il Veneto non vuole il nucleare, sull’energia è autosufficiente». Romani ha comunicato lo stop da Latina, do­ve si trovava per inaugurare un supercavo sot­tomarino che unisce il Lazio con la Sardegna: «Quanto accaduto in Giappone è eccezio­nale, dobbiamo tut­ti fermarci un atti­mo».La palla, dice, passa all’Ue, all’in­contro di lunedì tra i ministri dell’Energia, e i passi futuri del governo dipendono dagli stress-test ordinati sui 143 siti presenti nel Vecchio Continente. Insomma, ora il tema è la «sicurezza». Romani ha poi confermato quanto già anticipato dal sottosegretario Sa­glia: anche se il parere delle Regioni, nel te­sto di legge, è obbligatorio ma non vincolan­te, sarà necessario «fare scelte condivise da tutti». Nonostante il ministro si affretti a ri­badire che mettere in discussione la scelta nucleare è «fuoritempo e inappropriato», le frasi 'rubate' alla Prestigiacomo e il niet di Bossi sono il sintomo di un passo indietro. E ulteriore prova ne è l’intervento di Umberto Veronesi, convinto nuclearista e presidente dell’Agenzia nazionale: per l’oncologo ades­so bisogna «porsi degli interrogativi» e «de­cidere con coscienza e senza fretta».Se si aggiungono i dubbi interni alla maggio­ranza e la previsione del commissario Ue al­l’Energia, Ghunter Oettinger, per il quale «non tutte» le centrali europee supereranno i test di sicurezza, l’opposizione ha gioco facile a rilanciare. Di Pietro attacca Veronesi («non voleva addormentarsi sotto le centrali?») e a­pre di fatto la campagna referendaria. Il Pd considera «tardivo ma positivo» il ripensa­mento del governo, auspica il ritiro del pia­no nucleare e la «fine del boicottaggio alle rinnovabili».
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