lunedì 8 ottobre 2018
Apertura di settimana negativa dopo la lettera di richiamo della Ue all'Italia. Venerdì il differenziale era arrivato a 285.
Lo Spread chiude a 303 punti, Milano perde il 2,4%
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Per quanto riguarda la Borsa l'apertura di settimana è stata davvero difficile dopo la lettera della Ue che ha richiamato l'Italia sulla manovra. MIlano ha chiuso perdendo il 2,4% e lo spread ha chiuso a 303 punti base, ben in salita rispetto ai 285 di venerdì. Il rendimento del decennale italiano è al 3,56% dopo aver rivisto i massimi da febbraio 2014 oltre il 3,60%.

Piazza Affari ai minimi da aprile 2017 e il rendimento dei titoli di Stato decennali ai massimi dal febbraio 2014, quindi. La settimana riprende male per azioni e bond italiani, dopo la lettera con cui la Ue ha messo in guardia l'Italia su una manovra che non rispetta gli impegni assunti conl'Unione Europea. Il Ftse Mib cede l'1,84% scendendo sotto quota 20 mila punti, affossata dai bancari che scontano l'ingente quantità di titoli di Stato contenuti nei loro libri e che rischiano, con la manovra, un inasprimento fiscale. Le banche restano i titoli più bersagliati del listino milanese, dove montano i timori di nuovi aumenti di capitale. Carige, che già non rispetta i requisiti della Bce, è in astadi volatilità (-5,09%), Mps (-4,9%) scivola sotto la soglia dei due euro ad azione, a 1,91 euro, mentre BancoBpm, tra le banche più impegnate in tema di smaltimento di npl, cede il 4,6%. Bper cede il 3,1%, Ubi il 3%, Poste il 2,8%, Intesa il 2,5%, Unicredit il 2,4%.

Le Borse europee aprono in calo dopo l'esito del voto in Brasile. Sullo sfondo anche le incertezze legate allo scontro commerciale tra Cina e Usa, i timori di nuovi rialzi dei tassi da parte della Fed e le vicende italiane legate alla manovra. Nel Vecchio continente avvio di contrattazioni in rosso per Francoforte (-0,55%), Parigi (-0,37%), Madrid (-0,29%) e Londra (-0,12%). Le piazze finanziarie hanno riaperto oggi dopo una prima reazione ufficiale dell'Unione europea alla manovra che prevede, in particolare, un rapporto deficit/Pil al 2,4% l'anno prossimo. Indicatore che nei giorni scorsi aveva già prodotto i suoi effetti portando il differenziale tra titoli italiani e tedeschi a dieci anni a 300 punti, per poi ripiegare. Secondo alcuni imercati potrebbero mantenersi in stand by malgrado l'irrigidimento delle posizioni tra Governo e Ue in attesa di conoscere più nel dettaglio la manovra.

Dietro l'angolo, però, non c'è solo Bruxelles, ma soprattutto le principali agenzie di rating che tengono ancora l'Italia due gradini sopra il livello speculativo 'junk', spazzatura ma potrebbero rivedere le loro valutazioni: Moody's (rating Baa2) deciderà a fine mese, S&P (BBB) il 26. Fitch ha tagliato il rating a BBB ad agosto scorso ma alla luce di questi numeri potrebbe pronunciarsi di nuovo. Per cui il quadro appare comunque in fibrillazione. Per la banca d'affari americana Citi, la reazione della Ue alla manovra italiana è stata più dura delle attese, "facendo crescere le probabilità di una procedura per deficit eccessivo che potrebbe far salire lo spread Btp-Bund a 350 punti base". Il duello a distanza di questo fine settimana non sembra certo avere rasserenato il clima. In ogni caso il rendimento dei nostri decennali dovrebbe rimanere sotto il 4%, un "punto critico" oltre il quale bisognerebbe preoccuparsi davvero. Secondo JpMorgan "il conflitto con l'Unione europea è un problema di secondo ordine rispetto alla reazione del mercato", in quanto "la Commissione sta entrando in una fase di stallo"con le elezioni europee alle porte. Il timore è quindi più legato allo spread e alla soglia dei 400 punti vista come la peste. Basti pensare che con i 500 punti toccati nel 2011, dal 2010 al 2012, la spesa per interessi è cresciuta di quasi un punto di Pil per effetto dell'ampliamento del premio di rischio.

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