venerdì 5 aprile 2024
Molte attività di volontariato sono possibili grazie alle donazioni, anche quelle contenute nei testamenti. Manca una cultura del dono: in Italia soltanto il 12% redige un testamento
Fondazione Cariplo ha presentato la terza edizione del rapporto sui possibili lasciti destinati agli enti che si occupano del “bene comune” Manca una cultura del dono: in Italia soltanto il 12% redige un testamento

Fondazione Cariplo ha presentato la terza edizione del rapporto sui possibili lasciti destinati agli enti che si occupano del “bene comune” Manca una cultura del dono: in Italia soltanto il 12% redige un testamento - ANSA

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Un piccolo mattone lasciato in eredità per costruire il “bene comune”. I patrimoni che appartengono a persone senza parenti o legittimi eredi sono in continua crescita per effetto delle profonde trasformazioni demografiche. Una ricchezza che potrebbe essere destinata ad opere e attività benefiche, a sostegno dei territori e soprattutto delle persone fragili. Ma tra il dire e il fare in questo caso c’è di mezzo la ritrosia degli italiani a redigere un testamento che indirizzi, in particolar modo in assenza di figli e nipoti, verso attività solidaristiche la propria eredità che in assenza di indicazioni precise finisce nelle casse dello Stato. La Fondazione Cariplo ha realizzato una ricerca approfondita sul tema dei “Patrimoni senza eredi” che è stata presentata giovedì a Pavia, nel corso della conferenza “Le ragioni del dono”.


La terza edizione del rapporto sui possibili lasciti destinati agli enti che si occupano del “bene comune”


Secondo l’indagine effettuata dai ricercatori dell’Evaluation Lab della Fondazione Giordano dell’Amore in Italia i patrimoni di persone senza eredi sarebbero pari, rispettivamente nel 2030 e nel 2040, a 20,8 e 88,1 miliardi. La stima più attendibile è che il 50% di queste risorse e il 5% di quella delle famiglie con eredi venga destinata al Terzo Settore. Si tratta di 8,4 miliardi di lasciti nel 2030 che potrebbero diventare ben 35,7 dieci anni dopo.

Il cambiamento demografico che interessa il nostro Paese, con un significativo aumento della percentuale di anziani sul totale della popolazione e con l’incremento progressivo delle famiglie senza figli, porta con sé la crescita dei “patrimoni senza eredi” che potenzialmente possono diventare fondi per le attività delle organizzazioni del Terzo Settore. «Senza le organizzazioni non profit e il volontariato mancherebbero servizi e attività importanti per le persone, le famiglie e le nostre comunità – sottolinea il presidente di Fondazione Cariplo Giovanni Azzone –. Se da un lato il Terzo Settore deve migliorare la sua capacità di “stare sul mercato” dall’altro è innegabile che le donazioni e i lasciti siano un pilastro fondamentale per sostenere le attività. La credibilità è la cosa più importante che si costruisce con fatica e impegno ogni giorno».

Crescono i patrimoni senza eredi, ma solo il 12% degli italiani redige il testamento

L’indagine ha un impianto differente rispetto a quelle realizzate nel 2009 e nel 2016, sia per quanto riguarda i dati di partenza (le indagini sui bilanci e sulla ricchezza delle famiglie della Banca d’Italia e i dati sulle aspettative di vita dell’Istat), sia per la metodologia utilizzata. Quindici anni fa si ipotizzava che la ricchezza non variasse per le famiglie coinvolte nello studio (quelle con persona di riferimento over 65) ma in realtà si è visto che si erode leggermente con il passare degli anni, e che in maniera semplicistica le persone senza eredi lasciassero tutto in beneficenza e quelle con eredi nulla. Nel 2016 sono stati introdotti dei correttivi e si è introdotto uno scenario meno drastico e più realistico riguardo ai lasciti.

Lo studio di quest’anno si è inoltre arricchito di due elementi di concretezza. Il primo è il dato della Banca d’Italia sui testamenti, che in Italia vengono redatti solo dal 12% degli italiani, e in seconda battuta i risultati dell’indagine “Mille Voci per Comprendere” condotta annualmente dall’Evaluation Lab, che ha analizzato il differenziale fra il valore potenziale dei lasciti e la effettiva capacità di attrazione da parte degli enti lombardi.

Gianpaolo Barbetta, coordinatore di Evaluation Lab, spiega che dalla ricerca sono emersi alcuni elementi interessanti: la propensione degli italiani a fare testamento è ancora modesta, le attività di promozione e sollecitazione di donazioni da parte degli enti sono limitate ma danno buoni risultati. Da qui l’appello ad indirizzare più energie in questa direzione. «Nelle due precedenti edizioni lavoravamo su dati macro della Banca d’Italia che fotografano la ricchezza delle famiglie, applicando le tavole di mortalità dell’Istat, e facendo ina stima delle risorse che si rendeva disponibile – precisa Barbetta –. Ma la disponibilità di queste risorse per il Terzo Settore era considerata in maniera teorica. Infatti è necessario che ci sia un testamento, cosa non scontata, altrimenti i beni del defunto vanno allo Stato quando non ci sono eredi.

Per prima volta il ministero di Giustizia ha pubblicato la percentuale di persone che fa testamento che in Italia è appena del 12%. La seconda novità è legata ad un’indagine fatta presso 500 gli enti del Terzo Settore lombardo ai quali abbiamo chiesto se hanno svolto attività promozionale per ricevere lasciti e se ne hanno ricevuti. La percentuale di chi fa attività di promozione è molto bassa, meno del 5%, e lo è di conseguenza anche quella di chi li riceve. La cosa interessante è che c’è una correlazione tra le attività promozionali e i lasciti effettivamente ricevuti».

C’è un aspetto tecnico, insomma, che va messo a punto: gli enti devono lavorare di più sull’auto-promozione, spiegando ad utenti e familiari che molte attività di volontariato sono possibili grazie alle donazioni, anche quelle contenute nei testamenti. «A livello lombardo la stima è di potenziali lasciti di 1,5 miliardi - conclude Barbetta - se le famiglie senza eredi lasciassero tutte le loro ricchezze al Terzo settore si arriverebbe a 3,6 miliardi».

Le storie di chi ha scelto di donare i propri beni alla comunità

«Quando noi non ci saremo più, potranno restare le nostre opere o potremo continuare a vivere nella vita di chi abbiamo aiutato. Non possiamo comportarci come l’Avaro di Moliere: il mio spirito è di essere ottimista, ma serve soprattutto essere realisti. Ecco perché sono convinta che il bene vada fatto oggi e qui, su questa terra». Mirella Scarabelli, commercialista in pensione, dopo la perdita della sorella ha deciso di dedicarsi al prossimo ed è diventata una delle più grani donatrici della Fondazione della Comunità della provincia di Pavia. Nel 2012 ha donato 200mila euro che sono serviti a costruire una palestra per l’oratorio San Mauro e la “mensa del fratello” che ogni giorno serve la cena a cento persone in difficoltà.

Sono molte le storie di donatori che partono da un lutto privato. Dalla volontà di fare del bene in nome di un familiare che non c’è più, per far vivere il suo ricordo. «Ho il cuore pieno di gioia, questo fondo mi sta dando una forza inimmaginabile» racconta Gabriella Roggero, la mamma di Angelo Rizzi, un ragazzo di Varese scomparso a soli 17 anni. Insieme al marito ha deciso di convogliare tutto l’affetto l’energia e la vicinanza ricevuta dagli amici del figlio in un fondo per aiutare altri giovani a coltivare la passione di Angelo per la musica. Analoga la storia di Antonio Petteni che è entrato in contatto con la Fondazione della Comunità Bresciana dopo la perdita del figlio Davide, diventando un donatore. Una storia tutta al femminile arriva dalla Valle Strona, in provincia di Verbania dove l’arte del ricamo è una delle tradizioni che si tramanda di madre in figlia. Un’associazione che porta il nome di Gilda Giacomini, una ricamatrice che voleva salvare dall’oblio l’abito tradizionale della valle, la “Rasa” di Forno. Grazie al sostegno del suo compagno, Roberto Pagano, il sogno di Gilda è diventato realtà con corsi di ricamo nelle scuole. Un progetto didattico che promuove il lavoro di squadra, l’amicizia e la creatività personale.

A Mantova un fondo creato da Dacirio Ghizzi Ghidorzi, professore e segretario provinciale del movimento federalista europeo nel 2006 e rafforzato da una seconda donazione fatta dai suoi eredi, premia gli studenti meritevoli delle superiori della provincia che si sono distinti negli studi su tematiche comunitarie.

Sostiene progetti di riqualificazione e valorizzazione di spazi pubblici, luoghi di aggregazione e aree verdi di Milano il fondo costituito dalla famiglia per ricordare Claudio De Albertis imprenditore illuminato e manager visionario. Un esempio del lavoro fatto è la trasformazione del mercato comunale coperto di viale Monza che si trovava in stato di abbandono in un luogo di aggregazione, un vero e proprio “cortile sociale”. «Mio zio ha fatto tanto per Milano che lui amava molto» racconta la nipote Marta Stella. A Cremona la signora Gentilina Cella ha deciso di destinare un lascito di 180mila euro alla cura dei beni architettonici e culturali della sua città, affidandoli alla Fondazione Comunitaria.

Ma non ci sono solo gli anziani o i parenti di defunti che hanno deciso di destinare una parte della loro ricchezza al bene comune. C’è anche chi come Sebastiano Beccalli, 38enne e proprietario di due ristoranti Mc Donald in franchising, ha deciso di donare una parte dei suoi guadagni alla Fondazione Pro Valtellina, colpito dalle sue attività dedicate alla comunità e all’ambiente.

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