Lavoro in un bar a Torino - Ansa
Soltanto a Rimini – con l’estate ormai alle porte – mancano all’appello circa 7mila addetti tra camerieri, lavoratori d’albergo e assistenti degli stabilimenti balneari. Salendo di quota lo scenario non cambia: anche in Trentino, tra ristorazione e pubblici esercizi, c’è una penuria di personale necessario a completare gli staff e ad accogliere i vacanzieri.
Nell’Italia che secondo gli ultimi dati Istat ha perso quasi un milione di posti con l’avvento del Covid e dove il tasso di disoccupazione giovanile resta su livelli preoccupanti (attorno al 30%) stiamo assistendo al paradosso di una grossa offerta di lavoro che resta senza risposta. Si tratta di un fenomeno complicato, figlio di diversi fattori, e non va banalizzato con frasi fatte del tipo "i giovani non hanno voglia di lavorare". Così come non si può far finta che il problema non esista, perché la mancanza di lavoratori rischia di non far cogliere pienamente al settore turistico le ricche opportunità della ripresa estiva.
Tra i comparti più penalizzati dagli effetti del virus e dall’attuale carenza di personale in questa fase di ripartenza c’è quello dei pubblici esercizi: «Sicuramente abbiamo pagato e stiamo ancora pagando gli effetti indiretti della pandemia e le incertezze di questi mesi sulle misure restrittive - evidenzia il presidente della Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani -. Tutte le imprese del turismo, a cominciare dai pubblici esercizi, hanno subito una drastica riduzione di operatori, che alla prima occasione di lavoro utile si sono spostati nella Gdo, nella logistica o comunque in altre aree considerate più "sicure" in epoca Covid».
Secondo Stoppani per migliorare la situazione bisogna agire anche su alcuni problemi di fondo: «Il tema lavoro non si può limitare alla riforma degli ammortizzatori sociali, pensando a "salvare il posto" senza indicare come priorità la "creazione di occupazione" - spiega -. Bisognerebbe concentrare gli sforzi sulla formazione continua, sulle politiche attive e sulla creazione di competenze specifiche che servono, sono molto richieste e ben remunerate anche nel nostro settore (si pensi ad esempio ad aiuto cuochi, responsabili di sala o maître d’hotel)».
Dal fronte sindacale si segnalano anche altri aspetti sulla reale convenienza e sulla effettiva qualità dei lavori estivi presenti sul mercato: «A differenza dell’epoca ante Jobs Act in cui l’indennità di disoccupazione copriva un buon periodo di fermo dell’attività, dopo quella riforma la coperta (soprattutto reddituale) si è accorciata, per cui è diventato meno redditizio del passato svolgere un lavoro che per sua natura è precario», sottolinea il segretario generale della Fisascat Cisl Davide Guarini. Inoltre, il sindacalista si chiede quali siano le reali condizioni presenti nelle proposte di lavoro cadute nel vuoto in questa fase di ripartenza. «Non vorrei che, dopo un anno complicato e i tanti dubbi sulla ripresa in vista - ragiona Guarini -, tante offerte lanciate siano in realtà poco appetibili per durata limitata del contratto, bassa retribuzione e pesantezza dei carichi di lavoro richiesti».
Alcuni giuslavoristi ed esperti delle questioni occupazionali, invece, ritengono che una certa "disaffezione" al lavoro e le tante posizioni che restano scoperte siano dovute anche alla pioggia di sussidi senza servizi caduta negli ultimi mesi. Alla versione che tante persone, in particolare i giovani, preferiscano il reddito di cittadinanza restando sul divano a un lavoro non crede Andrea Goggi, ceo e fondatore di Jobby, piattaforma nata per far incontrare domanda e offerta di lavoro e contribuire a risolvere i problemi dell’illegalità e il sommerso.
«Uno degli aspetti da considerare è che il lavoro stagionale a volte non brilla per rispetto orari e tutele, per cui oggi più che mai i giovani si fanno i loro calcoli se convenga o meno accettare un’opportunità lavorativa – afferma Goggi –. È difficile che una proposta trasparente, corretta, con tutele previste per i lavoratori e correttamente retribuita resti senza candidati». Dal suo punto d’osservazione il numero uno di Jobby intravede segnali di ripresa: «Se nei mesi scorsi alcuni ambiti, dagli eventi alla ristorazione di sala, erano letteralmente spariti dalla nostra piattaforma, adesso sono ricomparse posizioni per camerieri, hostess, addetti alla cucina... Significa che una parte dei settori produttivi falcidiati dalla pandemia sta ripartendo».
La speranza è che i tempi per carburare non siano troppo lunghi, altrimenti per il turismo sarà un’estate avara di soddisfazioni. Anche se il settore deve avere la lungimiranza di saper guardare anche oltre il presente. «Per noi della cooperazione gli aspetti fondamentali su cui puntare sono la stabilizzazione e la destagionalizzazione del turismo in Italia – sostiene Irene Bongiovanni, presidente nazionale di Confcooperative Cultura Turismo Sport –. Tutti parlano di nuovi modelli legati al turismo sostenibile, ma la sfida è realizzarli davvero attraverso la formazione continua e la creazione di competenze trasversali».