martedì 26 giugno 2018
Il decreto dignità slitta ma "pronto in settimana". Di Maio annuncia riduzione delle commissioni sulle carte
Rinviata la «e-fattura», salta lo sciopero
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È la giornata dei rinvii. Il primo è quello del varo del decreto dignità, inizialmente in programma per oggi e che slitta di qualche ora, ma senza andare oltre «questa settimana». La seconda proroga è relativa all’entrata in vigore della fatturazione elettronica per i benzinai che ha portato alla revoca dello sciopero di 24 ore previsto da ieri sera. Le sigle che rappresentano i gestori degli impianti di carburante hanno deciso di non incrociare le braccia dopo l’incontro al ministero dello Sviluppo economico con Luigi Di Maio. «Abbiamo assicurato ai benzinai che rinvieremo la fatturazione elettronica che dovrà partire quando le categorie saranno pronte. Per noi una data ragionevole è il 1 gennaio 2019. Loro hanno assicurato che revocheranno lo sciopero», annuncia il titolare del dicastero di via Veneto. In queste ore, aggiunge il capo politico del M5s, «al ministero dell’Economia stanno scrivendo la norma» che entrerà nel pacchetto di misure e sposterà in avanti di sei mesi, rispetto al 1 luglio, l’obbligo in caso di vendita di carburante ai titolari di partita Iva. Inoltre, per far arrivare preparata alla novità la categoria, nei prossimi 6 mesi si terranno tavoli permanenti al Mise. Incontri che saranno l’occasione per discutere anche degli altri temi caldi del settore, dalle accise alla rete di distribuzione. In particolare, per quanto riguarda la carta carburante, c’è già l’impegno del governo a «lavorare con i gestori per riuscire ad abbassare i costi delle commissioni sui pagamenti con carta di credito: ci impegneremo nei prossimi mesi per abbassare quelle voci».

Ovviamente, quello relativo ai benzinai sarà solo uno dei tanti provvedimenti che rientreranno nel primo atto concreto di una certa portata firmato dal governo gialloverde. Nel testo – i cui ultimi dettagli si stanno mettendo a punto in queste ore – si va verso l’abolizione dello spesometro, del redditometro e dello split payment ma senza che arrivi per ora la fatturazione elettronica. Dovrebbero essere cancellati, dunque, i vecchi indicatori di rischio per gli accertamenti fiscali che – evidenzia Di Maio – «hanno solo vessato le imprese» in assenza però già dall’anno in corso di strumenti sostitutivi all’avanguardia sul piano digitale. Si spazia su vari fronti: dal divieto di pubblicità sul gioco d’azzardo alla stretta sui contratti a termine, fino alle norme di freno alle delocalizzazioni (specie per chi prende soldi dallo Stato). La parte del decreto sul contrasto alla precarietà dovrebbe limitarsi ad alcune revisioni mirate sui contratti a termine (sui rider è aperto un tavolo di confronto, quindi il tema è stralciato) con una stretta sui rinnovi che dovrebbero ridursi a quattro rispetto ai cinque attuali e con la reintroduzione delle causali, probabilmente non per il primo contratto ma solo a partire dal primo rinnovo. Sembra escluso, invece, un appesantimento dei costi per le aziende che stipulano contratti a termine. Resterebbe quindi solo l’aliquota aggiuntiva dell’1,4% che serve per finanziare la Naspi e dovrebbe rimanere anche il limite a 36 mesi per l’insieme dei contratti a tempo in capo a una sola persona. Il decreto dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri nei prossimi giorni e contenere anche un potenziamento degli ammortizzatori sociali per le aziende con più di 100 dipendenti nelle zone ex terremotate.

Quanto agli ostacoli alle delocalizzazioni, si sta preparando una misura ad hoc in cui l’azienda che riceve contributi pubblici dovrà restituirli in caso di decisione di spostamento della produzione all’estero in tempi brevi. Nel frattempo gli industriali scendono in campo per difendere l’alta velocità Torino-Lione e per indicare quali dovrebbero essere temi e opere a cui dare precedenza: «La Tav è determinante, le infrastrutture non sono una questione ideologica – afferma il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia –. Portano occupazione sia nel momento iniziale sia in quello successivo perché creano competitività». L’altro contrasto con il governo è sulle pensioni, che per Boccia «non possono essere la priorità del Paese. Bisogna parlare di lavoro e di giovani, mettendoli al centro dell’attenzione».

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