giovedì 6 luglio 2023
Otto occupati su dieci scelgono il posto di lavoro anche sulla base dei benefit proposti. Ma uno su cinque non conosce ancora bene gli strumenti legati al piano per il benessere
Sempre più welfare negli accordi contrattuali

Sempre più welfare negli accordi contrattuali - Archivio

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L’interesse nei confronti del welfare e dei benefit aziendali è in continua crescita. Oggi componente fondamentale del sistema economico, è una vera e propria strategia di sviluppo delle imprese, in un’ottica di attrazione e trattenimento dei collaboratori. Ed è presente ormai sempre più diffusamente all’interno dei Ccnl-Contratti collettivi nazionali del lavoro. Fino a essere definito, nel 2019, da circa la metà degli accordi analizzati dalle organizzazioni sindacali. Dopo un brusco calo nel 2020, dovuto alla pandemia, il welfare all’interno dei Ccnl è tornato a crescere negli anni successivi ed è previsto in dieci contratti collettivi nazionali tra quelli sottoscritti dalle sigle sindacali, interessando oltre due milioni di lavoratori. Complice di questa crescente popolarità acquisita dai flexible benefit, anche all’interno dei Ccnl, sembrerebbe esser stata anche l’azione legislativa condotta a partire dal 2016, che ha visto il loro inserimento all’interno delle pratiche di welfare aziendale intervenendo sulla soglia di deducibilità a lungo ferma a 258,23 euro, poi innalzata fino ad arrivare nel 2022 a 3mila euro. Con l’ultimo decreto Lavoro, recentemente varato dal Consiglio dei ministri (Dl 48/2023, art. 40) viene reintrodotta la soglia di 3mila euro per il 2023, ma solo per i lavoratori dipendenti con figli a carico. A livello globale, secondo i dati della società di consulenza americana Forrester, già nel 2022 l’86% delle imprese si dichiarava pronto ad aumentare gli investimenti in benefit. Riscontri similari, per quanto concerne lo scenario italiano, emergono anche dall’ultima edizione del Welfare Index Pmi: negli ultimi anni, oltre il 68% delle piccole e medie imprese italiane ha raggiunto un livello “medio” di welfare, secondo i criteri delineati dall’indice, mentre quelle che hanno avviato piani “avanzati” sono raddoppiate rispetto alle rilevazioni del 2022. Circa un'azienda su due ha espresso l’intenzione di voler sviluppare iniziative in questo ambito, quota che sale all’85% tra coloro che hanno già raggiunto un livello di welfare più elevato. Sono i flexible benefit lo strumento di welfare più popolare e diffuso: un’opzione interessante per quelle imprese - in special modo le più piccole - che vogliono mettere in atto azioni di welfare attraverso soluzioni flessibili e facilmente erogabili. La quota delle imprese che utilizzano i flexible benefit è infatti aumentata e circa un terzo delle pmi che ancora non li utilizzano si dichiarano interessati a farne uso in futuro.

L'Osservatorio sul welfare aziendale 2023

Aumento della disponibilità media di spesa e del consumo effettivo in welfare aziendale. Tendenze che confermano il valore dello strumento che sempre di più rappresenta una forte leva di ingaggio e un fattore in grado di far crescere la soddisfazione delle persone che svolgono un’attività lavorativa. Crescita esponenziale anche dei fringe benefit, che occupano il primo posto tra le voci di spesa dei flexible benefit, seguiti dall’area ricreativa e dall’istruzione. Ampi margini di sviluppo per il welfare sociale che evidenziano le sue potenzialità. Questo, in sintesi, il quadro generale che emerge dal Rapporto sullo stato del welfare aziendale 2023 in Italia a cura dell’Osservatorio Welfare di Edenred Italia. La disponibilità di spesa welfare media dei dipendenti per il 2022 si attesta a 940 euro, segnando una crescita del 10,6% rispetto ai valori del 2021 e soprattutto ad un livello superiore rispetto all’inflazione media annua del 2022 che è stata dell’8,1%. Anche l’effettivo consumo del credito welfare cresce negli ultimi tre anni fino al dato del 70% del 2022. Le tre principali voci di spesa sono rappresentate dai fringe benefit con il 38,6%, che triplica il proprio valore rispetto ai livelli del 2017, seguita dall’area ricreativa con il 22,3% e dall’istruzione con il 17,9%. La spesa in fringe benefit è prevalente nelle fasce di età più giovani in cui raggiunge il 60% tra gli under 30 e scende al 32% tra gli over 60 in cui assume un certo rilievo la spesa in previdenza complementare. Il 76% delle persone che lavorano in aziende che prevedono piani di welfare si dichiara appagato della propria condizione. La percentuale di soddisfazione scende al 57% tra coloro che lavorano in aziende senza piani di welfare strutturati. Il 75% del campione, inoltre, propende per la scelta di un’offerta di lavoro da parte di un’azienda che presenta dei piani di welfare strutturati rispetto ad un’altra che non li prevede. Al welfare aziendale, inoltre, è attribuita una significativa rilevanza quale strumento di promozione delle pari opportunità. Per il 71% del campione favorisce la natalità garantendo maggiore supporto per le donne che decidono di avere un figlio. Per il 68% diffonde una cultura aziendale più favorevole e attenta alla parità di genere ed è uno strumento di sostegno alla crescita professionale delle donne. Stessa situazione anche rispetto alla sensibilità sulle tematiche della sostenibilità ambientale. Nelle realtà in cui è offerto un piano di welfare, i dipendenti sottolineano un maggior impegno dell’azienda in termini di riduzione dell’impatto ambientale e della diffusione di una cultura della sostenibilità: è così per il 75% dei dipendenti, dato che diminuisce al 47%, per coloro che non hanno un piano welfare. Inoltre, il 64% dei rispondenti considera il welfare aziendale una vera e propria forma di sostegno al reddito delle famiglie oltre a un supporto concreto alle spese quotidiane delle persone. Il tasso di consapevolezza dell’importanza degli strumenti welfare è maggiormente elevato tra i dipendenti che già ne beneficiano. L’82% dei dipendenti crede che la tecnologia renda facile, veloce e immediato l’accesso ai servizi di welfare. In questo caso le differenze percentuali tra i dipendenti che beneficiano o meno di piani di welfare sono minime. Segno che il valore del digitale è percepito in modo trasversale. Il 38% dei dipendenti ha affermato, inoltre, che nell’azienda in cui lavora sono presenti strumenti digitali per l’accesso ai sevizi di benefit. Tale percentuale aumenta in modo netto tra i dipendenti beneficiari di piani di welfare, il 63%, e scende drasticamente tra coloro che non li hanno, 11%.

Lavoratori soddisfatti per il welfare
Il welfare aziendale rappresenta una forte leva di ingaggio e un fattore in grado di far crescere la soddisfazione dei lavoratori. Secondo la ricerca condotta da Nomisma per l’Osservatorio Cirfood District, otto occupati su dieci scelgono il posto di lavoro anche sulla base del piano di welfare aziendale proposto. Anche l’indagine condotta da Ipsos con l’obiettivo di supportare Amazon ad approfondire il tema della percezione del lavoro in Italia oggi porta alla stessa conclusione. Tra i motivi di tale soddisfazione, tuttavia, la retribuzione si colloca solamente al terzo posto. Realizzazione, formazione e opportunità di crescita professionale sono infatti considerati i fattori determinanti. Mantenere il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata si assesta al quarto posto. Godere di un buon clima sul posto di lavoro chiude la classifica. Inoltre, il 62% degli intervistati ritiene che sia fondamentale riuscire a svolgere il proprio dovere mantenendo il giusto equilibrio tra sfera lavorativa e privata. Molte di queste caratteristiche ritornano anche nella descrizione del lavoro ideale. Sebbene la stabilità garantita da un reddito fisso e costante nel tempo rimanga un aspetto importante per oltre un italiano su due, un giusto equilibrio tra lavoro e vita privata è il fattore determinante anche quando si pensa al lavoro ideale. La meritocrazia e un clima positivo sul posto di lavoro vengono indicati da quattro italiani su dieci. In generale i lavoratori italiani preferirebbero una modalità che consenta di affiancare lavoro in presenza e lavoro da remoto (52%) ritenendo che sia una scelta che sarebbe condivisa anche da molte aziende. Emerge con forza anche una maggiore presa di coscienza dei lavoratori che non sono più disposti ad accontentarsi. Il 56% cerca un’occupazione in linea con il proprio percorso di studi senza scendere a compromessi, oppure che sia in linea con i propri desideri in termini di passioni.


Un dipendente su cinque non conosce gli strumenti del welfare
Nonostante la maggior parte degli italiani si trovi a dover fare i conti con un impatto sempre più pesante dell’inflazione, è allarmante apprendere che solo un lavoratore su cinque conosce a fondo gli strumenti messi a disposizione dal welfare. Questo preoccupante dato emerge dal focus sul settore analizzato dal VI Rapporto Censis-Eudaimon e permette di guardare da vicino come i dispositivi e gli strumenti del welfare aziendale siano conosciuti approfonditamente soltanto dal 19,8% degli occupati italiani. Il 45% ha dichiarato di conoscerli a grandi linee, mentre addirittura il 35,1% non ne ha la minima conoscenza. Sebbene rispetto al passato ci sia in generale una maggiore sensibilità verso queste importanti tematiche, dal report emerge la necessità di informare i lavoratori attraverso strumenti innovativi ad hoc, investendo nella cultura welfare all’interno delle organizzazioni. Riguardo alle tipologie di servizi e prestazioni più desiderate, i dati svelano che il 79,4% dei lavoratori vorrebbe un supporto personalizzato per la conoscenza del welfare, il 79,2% migliori e maggiori opportunità per conciliare vita familiare e lavoro, il 79,1% integrazioni di reddito per spese alimentari, il 78% supporto per risolvere problemi burocratici nel rapporto con la pubblica amministrazione, mentre il 68,1% desidera una consulenza per il supporto psicologico. Le integrazioni di reddito per affrontare le difficoltà economiche dinnanzi all’inflazione restano molto apprezzate dai lavoratori ma, negli ultimi anni, si è assistito anche a una crescente domanda di supporti utili per una qualità migliore della vita, strumenti in grado di conciliare al meglio la vita privata e la professione. Questi preziosi strumenti diventano fondamentali per le aziende per conquistare nuovi lavoratori o trattenere i già assunti e per contrastare la mobilità sempre più alta dei lavoratori da un’azienda all’altra. Dal rapporto non sono emerse particolari diversità per età nelle valutazioni e nelle aspettative sul welfare aziendale, ma il dato centrale è la più alta attenzione dei giovani per quel che i dispositivi del welfare possono fare per ampliare e migliorare le opportunità di conciliazione tra vita familiare e lavoro. Lo reputano molto importante quasi il 43% dei giovani, contro il 35,8% degli adulti e il 35% degli anziani. «Il welfare aziendale - spiega Alberto Perfumo, fondatore e amministratore delegato di Eudaimon - è un insieme composito di dispositivi d’integrazione al reddito e ai consumi e di soluzioni di welfare propriamente detto: previdenza, salute, scuola, cura della persona, cultura. È fatto di due dimensioni, che nel tempo hanno avuto ruoli e importanze diverse. L’evoluzione del settore, complici gli ultimi interventi normativi, ha messo in evidenza la componente economica, per cui spesso è diventato una somma, agevolata dal punto di vista fiscale e contributivo, messa di fianco alla retribuzione. Non è tanto una questione di stabilire se ci sia un modo più corretto dell’altro di agire, semmai è opportuno chiarire la distinzione, fatta di obiettivi, scelte e modalità operative, tra i due modelli, in modo tale che possano essere compresi come due cose tanto diverse quanto complementari e potenzialmente coesistenti. Servono entrambe: la prima è la salvaguardia igienica del potere d’acquisto: fornisce risorse ai lavoratori senza sovraccaricare le imprese e sostiene i consumi. La seconda componente del welfare, quella della soluzione-servizio, è quella che fa sentire la presenza dell’azienda, è quella che motiva e attrae. Non sembra più il tempo di sforzarsi a interpretare i molteplici bisogni delle persone, ma è necessario saper gestire ogni sottile diversità con un welfare che includa tutti: non potendo soddisfare ogni bisogno, l’azienda può offrire a tutti canali di accesso e opportunità. Da qui, l’opportunità per l’azienda di assumere un nuovo ruolo, quello basato sull’offerta di strumenti in grado di abilitare le persone e metterle nelle condizioni di interpretare da sole le proprie esigenze, qualunque esse siano. Parliamo di un welfare inclusivo e abilitante».


Tra buone prassi e nuove proposte

Quasi tutte le imprese adottano piani di welfare: dagli orari flessibili ai buoni pasto, dalle borse di studio per i figli alla formazione continua, dai buoni spesa a quelli per il carburante, dai fondi pensione ai rimborsi per le spese sanitarie. Tuttavia il ricorso a una copertura sanitaria integrativa o assicurativa nel 2022 riguarda una quota di poco superiore al 5% delle persone (dati Istat) che hanno dichiarato di aver effettuato visite specialistiche o accertamenti diagnostici. Nel 2023 il rapporto spesa sanitaria/Pil è sceso al 6,7% rispetto al 6,9% del 2022, arriverà al 6,2% nel 2026 (Documento Economia e Finanza 2023). Una condizione che “deve far riflettere” sulla necessità di cambiare il modello di accesso alle cure investendo in forme sussidiarie all’offerta pubblica. Dati preoccupanti secondo Cooperazione Salute, la mutua nazionale di Confcooperative. «In dieci anni oltre 335mila iscritti a Cooperazione Salute sono un grande risultato, ma per noi è solo un punto di partenza - dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative -. La mutua sanitaria è un prezioso strumento di welfare contrattuale soprattutto in un momento di forte inflazione e di aumento delle povertà tra cui anche quella sanitaria con il 7% degli italiani che rinuncia alle cure. L'auspicio è fare sempre maggiore rete con i sindacati per stabilizzare lo strumento nei contratti». A dimostrarlo i dati sugli assistiti di Cooperazione Salute, che hanno usufruito nel 2022 di oltre 168 mila prestazioni. Non solo rimborsi, ma anche accesso alle cure mediche e odontoiatriche a tariffe agevolate. Alfonsino, per esempio, ha avviato in partnership con BenefitHub, una nuova iniziativa con l’obiettivo di offrire alle proprie comunità – che comprendono i collaboratori addetti alle consegne (meglio conosciuti come drivers) e le risorse interne all’azienda impegnate nelle operation sui territori in cui l’azienda è presente – l’accesso a benefit quotidiani personalizzati. I driver, così come i dipendenti dell’azienda, potranno accedere alla piattaforma di BenefitHub, ottenendo giornalmente offerte esclusive e convenzioni vantaggiose su oltre 200 brand internazionali posizionati su diverse aree di bisogno – tutte ovviamente lifestyle centred – tra cui food, ristorazione, abbigliamento, viaggi e benessere. La collaborazione, inoltre, prevede l’implementazione di un cashback in percentuale variabile dal 4% fino al 35% su marchi quali: Apple, AirBnb, Amazon, Zalando, Adidas, Nike, Carrefour, Conad, Coop e tanti altri, di cui i membri della comunità Alfonsino potranno usufruire attraverso un e-wallet collegato con il proprio account PayPal. Bofrost continua a puntare sulle persone e investe per valorizzare il loro lavoro. La più grande azienda italiana della vendita a domicilio di specialità alimentari surgelate e fresche, con sede a San Vito al Tagliamento (Pordenone), in accordo con le principali sigle sindacali ha rinnovato fino al 2027 il contratto aziendale integrativo al contratto collettivo nazionale per oltre 1.800 dipendenti, nello specifico coloro che svolgono attività commerciale occupandosi della vendita a domicilio e della vendita telefonica. Per i premi di risultato individuali dei lavoratori delle oltre 60 filiali in tutta Italia (gli addetti al call center e i venditori chea bordo dei loro mezzi refrigerati raggiungono a casa ogni giorno oltre 1 milione di famiglie italiane) Bofrost ha concordato lo stanziamento di oltre sei milioni di euro complessivi. In più, altri tre milioni di euro sono stati destinati a finanziare forme di welfare aziendale, mentre l’azienda ha potenziato una serie di iniziative volte alla tutela dei diritti, delle pari opportunità e del benessere sul posto di lavoro, con particolare impegno verso le politiche di genere. Fra le misure adottate c’è anche l’introduzione del part-time verticale allo scopo di favorire la conciliazione vita-lavoro, e quindi di rendere l’attività della vendita sempre più aperta e inclusiva, specialmente per le donne. Lidl per il domani, invece, permetterà ai figli dei dipendenti in età scolare di partecipare alla selezione per accedere a oltre 1.350 borse di studio - 100 in più rispetto all’anno scorso - e oltre 500 pc portatili, utili per sviluppare le proprie competenze didattiche e digitali. A queste misure, si aggiunge un percorso di orientamento scolastico dedicato agli studenti dell’ultimo anno delle scuole medie e superiori, per accompagnarli in una scelta consapevole per il proprio futuro, attraverso una piattaforma digitale in collaborazione con Futurely. Agli studenti universitari e neolaureati, infine, sarà riservata una formazione on line ad hoc, in collaborazione con l’Ufficio Employer Branding & Recruiting di Lidl Italia, per aiutarli ad orientarsi in modo efficace nel mondo del lavoro. Epipoli, Gruppo fintech italiano leader nei sistemi di pagamento e di engagement, ha dato il via al piano di welfare aziendale E-People per il biennio 2023-24: erogherà ai propri dipendenti un bonus straordinario, del valore di 1.400 euro per il primo anno, come misura di supporto verso il carovita e la crescita dell’inflazione, in favore del benessere dei dipendenti. Questa iniziativa si inserisce nel percorso che l’azienda ha intrapreso da due anni in ambito Esg dando la massima attenzione al capitale umano. La prima iniziativa di welfare aziendale del 2023 coinvolgerà 65 lavoratori. Ogni dipendente avrà a disposizione un credito welfare che potrà spendere nel corso dell’anno sulla piattaforma welfare dedicata. Le iniziative a cui potranno accedere riguardano: tempo libero (esperienze esclusive, viaggi e vacanze), work-life balance (servizi salva tempo), formazione (corsi online, master e certificazioni di lingua), salute (check-up ed esami medici), benessere (corsi sportivi, lezioni in palestra, counseling, percorsi alimentari), cura dei figli (servizi di baby-sitting, ludoteche, asili nido, consulenze pedagogiche, attività per il tempo libero e le vacanze, sostegno allo studio), assistenza a familiari non autosufficienti (servizi di assistenza domiciliare, Rsa e centri dedicati, spese familiari (spese per istruzione, spese mediche, assistenza, trasporti). Il progetto prevede anche una prima consulenza psicologica gratuita di orientamento, a supporto della mental health, ovvero della salute e del benessere mentale e relazionale. Un supporto psicologico concreto ai lavoratori e ai loro familiari per affrontare al meglio la quotidianità, situazioni di stress, difficili o di disagio sia in ambito lavorativo sia personale e attivare consapevolmente le risorse e le capacità necessarie ad affrontare circostanze complesse. Il credito si estende infatti all’intero nucleo familiare e potrà essere utilizzato anche dai coniugi, da chi ha stipulato un’unione civile, dai figli legalmente riconosciuti, genitori, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle.

Da Mino Dinoi, presidente della Confederazione Aepi-Associazioni europee di professionisti e imprese, è arrivata infine una proposta di legge sul welfare: «Per noi il welfare rappresenta la centralità della persona e della famiglia e deve essere orientato a migliorare la vita di ognuno di noi. La nostra proposta di legge sul welfare aziendale prevede alcune modifiche all’articolo 51 del Tuir, volte a incentivare l’erogazione ai lavoratori di beni e servizi, in particolare di quelli locali e made in Italy e, al contempo, mira a sostenere la riduzione degli orari di lavoro a fronte dell’aumento del numero degli occupati, favorendo anche la staffetta generazionale». Nella proposta si prevede un fringe benefit di base di euro 500, cumulabile con una o più delle seguenti misure: bonus di 800 euro annui (aumentato a 1.000 in caso di condivisione del mezzo o utilizzo di veicoli elettrici), bonus economia di prossimità (1.000 euro per l’acquisto di beni e servizi nel comune sede di residenza o lavoro), bonus Made in Italy (1.000 euro per l’acquisto di beni e servizi certificati made in Italy). Sempre nel testo per favorire la staffetta generazionale è prevista la riduzione dell’orario di lavoro, compensata da un bonus del 10% della retribuzione persa per la riduzione delle ore prestate e un bonus di 5mila euro annui moltiplicato per ogni nuovo assunto da distribuire tra tutti i dipendenti.







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