martedì 18 novembre 2014
A fronte di una alta percentuale che si iscrive all'albo con un diploma di scuola superiore, c'è una parte crescente orientata verso una maggior qualificazione.
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Nove periti industriali su dieci si dicono "soddisfatti" di aver scelto tale attività, il 15% punta a un innalzamento ulteriore del titolo conseguito. Sono questi gli esiti della ricerca realizzata da Almalaurea (il Consorzio interuniversitario per favorire e monitorare l'inserimento dei laureati nel mondo del lavoro). A fronte di una alta percentuale di professionisti che si iscrive all'albo con un diploma di scuola superiore, infatti, c'è una parte crescente di soggetti orientata verso una maggior qualificazione professionale, a cui aderiscono 65 Atenei (altri lo stanno facendo in tutta la Lombardia, a Pisa e a Palermo). Si tratta, per ora, di circa l'80% del complesso dei laureati italiani; l'identikit emerso dall'indagine è che il professionista perito industriale è nel 92% dei casi di sesso maschile, ha un'età media di 46 anni, è occupato per oltre il 90% dei casi e, soprattutto, si dice pienamente soddisfatto dell'attività professionale scelta. Ma il dato che salta di più agli occhi è l'aspirazione a un'elevazione del titolo di studio: sebbene si tratti di professionisti che per oltre il 95% dei casi si sono iscritti all'albo con il diploma della scuola tecnica superiore, c'è, infatti, una percentuale che cresce sempre di più e prossima al 15% di coloro che negli anni successivi all'iscrizione ha deciso di acquisire un diploma di laurea triennale. Secondo Andrea Cammelli, fondatore dal 1994 e direttore di Alma Laurea, "le Università dovrebbero dotarsi, ancor più e meglio, degli strumenti necessari per consentire agli adulti lavoratori di tornare in formazione. Fra il 2007 e il 2012 in Italia la quota di occupati nelle professioni a elevata specializzazione (secondo la classificazione internazionale, la definizione comprende legislatori, imprenditori ed alta dirigenza; professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) è scesa al 17% mentre in tutta l'Ue è cresciuta da poco più del 21% al 24%". Ragion per cui, conclude, pur essendo "in periodo di carestia", non bisogna dimenticare che "anche in periodo di carestia, il contadino taglia su tutto, ma non sulla semina".
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