venerdì 15 luglio 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
È il settore più rivoluzionato dalla ma­novra: a conferma che, quando serve, la previdenza rimane uno dei serbatoi più 'gettonati' a cui attingere. Con il decreto si ottengono, in un colpo solo, i seguenti ef­fetti: viene frenata o azzerata la rivalutazione annua delle pensioni medio-alte, si introdu­ce un taglio almeno del 5% per quelle sopra i 90mila euro annui, si anticipa l’innalzamen­to dell’età di ritiro che farà lasciare a tutti il la­voro più tardi, si obbligano i pensionandi con 40 anni di contributi ad an­darsene un mese dopo e si stabilisce dal 2020 l’aumen­to dell’età di pensione anche per le donne che lavorano nel privato. Un ricco carnet , dunque. La misura che ha provocato più polemiche (oggi protesterà lo Spi-Cgil) è quella sulle indi­cizzazioni che ogni anno, il 1° gennaio, fanno salire un po’ l’importo de­gli assegni (per il 2012, a esempio, a oggi è prevedibile che la percentuale di adegua­mento sarà di circa il 2%). Questa percentua­le nel biennio 2012/13 resterà ora applicata al 100% per le pensioni più basse, fino a 1.428 euro mensili lordi; nell’ultima versione calerà invece dal 90 al 70% (in un primo tempo si e­ra ipotizzato il 45%) per quelle fino a 5 volte gli assegni minimi, ovvero dai 1.428 fino a 2.380 euro. Ma attenzione, l’aumento ridotto varrà solo per la fascia di pensione sopra i 1.428 euro: in pratica, la perdita sarà al mas­simo di 6 euro. Resta confermato l’azzera­mento degli aumenti annui per quelle sopra i 2.340 euro lordi al mese, sempre nella parte eccedente tale soglia. Ben più netto è invece il taglio per chi percepisce lauti assegni pre­videnziali: da agosto e fino a tutto il 2014, i li­velli sopra i 90mila euro lordi l’anno saranno tagliati del 5%, quelli sopra i 150mila del 10%. Un’altra sorpresa finale in negativo riguarda l’anticipo della norma approvata nel 2010 (e presentata allora da Tremonti come «la vera riforma delle pensioni») che fa salire in auto­matico per tutti l’età di pensione in rapporto all’allungamento delle aspettative di vita. Per i trattamenti di vecchiaia e per l’assegno so­ciale l’età dovrebbe salire di 3 mesi dal 1° gennaio 2013 (doveva scattare dal 2015). Per i successivi interventi triennali, dal 2016 al 2030, la stima è di successivi innalza­menti di 4 mesi, che si ridur­ranno a 3 mesi dal 2030. A conti fatti nel 2050, rispetto a oggi, si dovrebbe andare in pensione 3 anni e 10 mesi più tardi. Un’altra novità introdotta nelle battute finali si rivela spiacevole per i lavoratori con 40 an­ni di contributi, che vengono 'toccati' per la prima volta: per il 2011 in corso non cambia nulla, ma da gennaio 2012 dovranno co­munque aspettare un mese in più per lascia­re il lavoro; poi quest’attesa si prolungherà a 2 mesi dal 2013 e a 3 per chi matura i 40 anni nel 2014. Le donne, infine: è confermata la partenza nel 2020 dell’aumento, dagli attua­li 60 anni, dell’età per la pensione di vecchiaia delle donne nel settore privato (il processo è già in corso nel pubblico impiego). Il mecca­nismo è graduale e si arriva a 65 anni nel 2032.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: