giovedì 17 marzo 2011
L'organizzazione parigina lancia l'allarme sul pericolo di un ritorno alla «povertà per le persone anziane», ma grazie alle riforme varate negli ultimi anni, il nostro Paese avrà meno problemi di altri Stati avanzati. Per Sacconi è la «conferma che il nostro sistema previdenziale è diventato sostenibile grazie alle recenti riforme e, allo stesso tempo, rimane peraltro tra i più protettivi nei confronti dei cittadini».
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L'Italia è il Paese dell'Ocse che spende di più per il proprio sistema pensionistico: il 14,1% del Pil, contro una media del 7%. Lo sottolinea il rapporto periodico dell'organizzazione parigina sui regimi previdenziali degli Stati membri, basato su dati del 2008. L'età pensionabile media, dice l'Ocse, «aumenterà fino a circa 65 anni entro il 2050, per entrambi i sessi». Di qui, la vera sfida del futuro: sostenere l'occupazione degli over-50, che in Italia è «relativamente bassa».L'Ocse, inoltre, lancia l'allarme sul pericolo di un ritorno alla «povertà per le persone anziane», ma grazie alle riforme varate negli ultimi anni, l'Italia rischia meno di altri Paesi avanzati. E propone di legare le pensioni alle aspettative di vita piuttosto che ai livelli di assistenza previdenziale. Le riforme, sostiene ancora l'Ocse, «contribuiranno a contenere la spesa pensionistica nel futuro a lungo termine». Vanno in questo senso «i tagli alle prestazioni per i futuri pensionati e l'aumento dell'età pensionabile», ma solo «a condizione che la partecipazione al mercato del lavoro dei lavoratori più anziani aumenti». Il rapporto Ocse, commenta il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maurizio Sacconi, «conferma che il nostro sistema previdenziale è diventato sostenibile grazie alle recenti riforme e, allo stesso tempo, rimane peraltro tra i più protettivi nei confronti dei cittadini». Nel 2008, ultimo anno per cui l'organizzazione ha dati completi, il tasso di partecipazione alla vita lavorativa in Italia degli uomini nella fascia d'età 55-59 era del 62%, contro una media Ocse del 78%, nella fascia 60-64 del 30%, contro una media del 54,5%, e in quella 65-69 del 13%, contro una media del 29,3%.
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