sabato 31 luglio 2010
A un anno dal salvataggio dei colossi americani dell’automobile l’inquilino della Casa Bianca si reca nelle fabbriche e tra i lavoratori. Parole di elogio per l’ad della Fiat chiamato a risollevare le sorti della Chrysler. Che annuncia: nel 2011 raddoppieremo le vendite del marchio Usa in Europa.
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Una storia di successo. «Salvare l’industria automobilistica americana è stato difficile», ma «il fatto che si è qui è la prova che chi criticava gli aiuti a Gm e Chrysler si sbagliava». Ieri, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha fatto un sopralluogo a Detroit per visitare gli impianti dei due colossi auto che solo un anno fa hanno ricevuto dal governo fondi per 64 miliardi di dollari per evitare la bancarotta e sottolineare così la ripresa dell’industria automobilistica – e le migliaia di posti di lavori salvati – grazie alle politiche della sua amministrazione. Un passo importante in quanto le elezioni di metà mandato del Congresso si avvicinano e secondo i sondaggi solo 4 americani su 10 condividono le scelte economiche di ObamaDallo stabilimento Chrysler, quindi, il presidente ha fatto sapere che il controverso salvataggio sta già dando frutti. Il comparto «ha ancora molta strada da fare», ha ammesso il capo della Casa Bianca, ma «alcune difficili decisioni stanno già pagando». «Sergio sta facendo un grande lavoro», ha spiegato il presidente Usa riferendosi all’amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, ringraziandolo per «quello che ha fatto». «Per noi è un salvatore», hanno addirittura spiegato ai cronisti alcuni dipendenti Chrysler, dichiarando che «Fiat e Marchionne hanno offerto una seconda possibilità». Da parte sua, il Ceo ha dichiarato che «ci sono indicazioni incoraggianti e che la società sta crescendo», ricostruita «pezzo per pezzo» negli ultimi 14 mesi, anche se Chrysler intende aspettare che General Motors «proceda per prima» nel debutto in Borsa.Gm è tornata in utile all’inizio di quest’anno, passando da una perdita di 6 miliardi di dollari nel 2009 ad un profitto di 865 milioni di dollari nel primo trimestre del 2010 e ora sarebbe pronta a tornare sul mercato azionario per riuscire a far fronte ai 43 miliardi di dollari di debiti con il fisco. Per Chrysler, invece, non solo Marchionne ha previsto il raddoppio delle vendite in Europa e Sudamerica fino a raggiungere le 200mila unità entro l’anno prossimo, ma ha annunciato anche che la terza azienda automobilistica americana intende ora lasciare aperto l’impianto di Sterling Height, nel Michigan, che avrebbe dovuto chiudere nel 2012, aggiungendo persino un secondo turno di circa 900 dipendenti a partire dall’inizio del 2011.Una svolta che è stata resa possibile anche «grazie al coraggio della decisione di Obama». Una decisione difficile, ha ammesso il presidente Usa, mettendo in chiaro che – all’epoca dell’intervento pubblico – l’amministrazione «non voleva che il governo entrasse nel settore», ma nonostante «molta gente a Washington fosse scettica sul salvataggio di Chrysler e diceva che era stupido aiutare questa azienda», «il governo non poteva rimanere impassibile», anche perché l’industria auto rappresenta «molto» dello spirito americano. E, sebbene ora la situazione sia in ripresa, l’amministrazione – ha promesso Obama davanti ai circa 1500 dipendenti dell’impianto di Jefferson North – «rimarrà con loro» e «investirà nel loro futuro» perché «ha una strategia per rimettere in piedi» sia la Chrysler che l’intera industria. Un piano che potrebbe essere aiutato dalla crescita economica, che nel secondo trimestre ha mostrato un tasso del 2,4% . Per il momento, comunque, anche la sola visita del capo della Casa Bianca è, per Chrysler, «un segno di soddisfazione» e un «riconoscimento che ci potevano essere giorni peggiori», evitati grazie al «ruolo avuto dal governo americano in questa ristrutturazione».
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