giovedì 29 marzo 2018
Con l'8% l’Italia si avvicina alla media Ue (10,8%), un valore di poco inferiore a quello tedesco (8,5%)
Nel Belpaese la formazione coinvolge 2,7 milioni di persone
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La partecipazione della popolazione adulta tra i 25 e i 64 anni ad attività formative nel nostro Paese è superiore all’8%, ossia circa 2,7 milioni di persone, su 32,9 milioni di potenziali interessati. Lo si evince dal XVIII Rapporto sulla formazione continua in Italia 2016- 2017, dell’Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), dove si sottolinea che l’Italia si avvicina alla media Ue (10,8%), con un valore di poco inferiore a quello tedesco (8,5%).

L’Italia appare in una fase di recupero, con un numero di imprese formatrici che raggiunge ormai il 60%. Nel confronto europeo, negli ultimi 20 anni, le imprese italiane sono quelle che, insieme a Portogallo e Spagna, hanno avuto il più elevato incremento del tasso di incidenza di imprese formatrici.

Con riferimento alle modalità formative, i tradizionali corsi d’aula rappresentano ancora la metodologia più diffusa (52,3%), seguita dal training on the job (28%) e dalla partecipazione a seminari, convegni e workshop (26,7%). Tuttavia la metodologia formativa per la quale si riscontra la crescita più rilevante è la formazione aperta e a distanza (dal 6,4% del 2010 al 12,3% del 2015).

Sul piano delle risorse, nel 2017 i finanziamenti destinati alla formazione continua si aggirano attorno ai 700 milioni. I 19 Fondi Paritetici Interprofessionali operativi registrano un numero di adesioni anche in questo anno crescente, seppure in misura minore rispetto al passato. Il totale delle imprese aderenti ai Fondi per dipendenti è di circa un milione (al netto di quelle del settore agricolo), con circa 10,6 milioni di lavoratori.

«Dobbiamo far cambiare pelle alla formazione – ha detto il presidente dell’Anpal Maurizio Del Conte – perché serve una discontinuità con il passato, in modo tale da superare l’eccessiva frammentazione che caratterizza il sistema. Serve un progetto comune di integrazione. Al tempo stesso, è necessario sburocratizzare la formazione continua, ponendo una maggiore attenzione alla valutazione dei percorsi formativi, cioè a verificare la loro coerenza, efficacia e impatto».

Il direttore generale dell’Anpal Salvatore Pirrone ha da parte sua sottolineato come sia la prima volta che il Rapporto venga realizzato dall'Anpal: «Il fatto che alcune funzioni di ricerca siano state incorporate nell’Agenzia è essenziale per avere a disposizione un patrimonio conoscitivo che permetta di valutare l’efficacia delle politiche attive del lavoro e di avere dati che aiutino a capire come migliorarle».


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