martedì 8 novembre 2022
Dai giovanissimi che hanno abbandonato la scuola agli scoraggiati che hanno perso il lavoro, in Italia sono tre milioni. Vivere al Sud ed essere donna sono fattori di rischio
In Italia il fenomeno Neet in aumento per effetto della pandemia

In Italia il fenomeno Neet in aumento per effetto della pandemia

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L'Italia è il Paese europeo con il più alto numero di Neet, giovani dai 15 ai 34 anni che si trovano in un limbo: non studiano, non lavorano e in molti casi non fanno nulla per cambiare la loro condizione. Nel 2020 complice la paralisi innescata dalla pandemia hanno raggiunto i 3 milioni, con una prevalenza di donne (1,7 milioni). In termini percentuali sono il 25,1%, praticamente un giovane su quattro: tutte le regioni italiane superano la media europea che nel 2020 resta invece al 15%. Questo il quadro preoccupante analizzato nel rapporto ActionAid e Cgil "Neet tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche" presentato oggi. Un dossier fatto di numeri ma anche di raccomandazioni alla politica, al nuovo governo e al Parlamento affinché orientino le politiche nazionali e territoriali a favore dei giovani, a partire dall'ormai rodato programma Garanzia Giovani.

Il maggiore bacino di Neet si concentra nelle due fasce d'età più adulte, 25-29 anni (30,7%) e 30-34 anni (30,4%): sostanzialmente più si cresce con l'età, più aumenta la loro quota. Per quanto riguarda il titolo di studio, la maggioranza ha un diploma di maturità (42,2%), seguita dal 35,1% che ha solo la licenza media ma c’è anche una quota non indifferente di Neet laureati: il 13,2%.

Le diseguaglianze territoriali sono marcate: al Sud il 39% dei giovani si trova in questa situazione contro il 23% del Centro Italia, il 20% del Nord-Ovest e il 18% del Nord-Est. Ai primi posti ci sono tutte le regioni del Mezzogiorno con quote molto alte per Sicilia (40,1%), Calabria (39,9%) e Campania (38,1%). Per il Centro Italia, il Lazio ha la più alta incidenza con circa il 25,1%. La prima regione del Nord per incidenza dei Neet è la Liguria (21,1%), a seguire il Piemonte (20,5%) e la Valle d'Aosta (19,6%).

La componente di genere ha un peso elevato: le ragazze sono il 56% e la prevalenza femminile resta invariata negli anni, a dimostrare, sottolinea il rapporto di ActionAid e Cgil, che per una donna è molto più difficile uscire da questa condizione. Le disuguaglianze di genere diventano lampanti osservando i ruoli in famiglia dei Neet: per il 26% sono genitori e vivono fuori dal nucleo familiare di origine ma cè un'ampia differenza tra donne e uomini. Le madri Neet sono il 23% rispetto ad un risicato 3% di padri Neet.

In generale la condizione di Neet è legata ad una stiuazione di profondo disagio. Di questi 3 milioni il 66% è totalmente inattivo: 2 Neet su 3 hanno smesso anche di cercarlo un lavoro. Di questi un 20% non cerca ma è disponibile a lavorare. C'è una tendenza ad essere inattivi soprattutto tra i diplomati (32%) o con un titolo di studio minore (16%).

Il rapporto definisce alcune sottocategorie per cercare di arrivare al cuore del problema. I Neet non sono tutti uguali, hanno storie, famiglie e motivazioni diverse. Il primo cluster raccoglie i “Giovanissimi fuori dalla scuola”, hanno dai 15 ai 19 anni, senza precedenti esperienze lavorative e inattivi. Non percepiscono un sussidio, hanno soltanto la licenza media e vivono in un nucleo familiare composto da coppia con figli. Il secondo gruppo è il più numeroso: racchiude i giovani dai 20 ai 24 anni “Alla ricerca di una prima occupazione”. Si tratta di giovani senza precedenti esperienze lavorative residenti spesso nel Mezzogiorno, con cittadinanza italiana e il diploma di maturità in tasca. Maschi, appartengono solitamente ad un nucleo familiare monogenitoriale, e vivono in una città metropolitana o grande comune.Un cluster che "mette in luce la fragilità del mercato del lavoro del Sud, dove nonostante le azioni di ricerca e l'immediata disponibilità, i giovani hanno difficoltà ad introdursi per la prima volta nel mercato occupazionali". Il terzo gruppo è quello degli “Ex occupati in cerca di un nuovo lavoro”, hanno tra i 25 e i 29 anni e un alto livello di istruzione. Sono principalmente maschi, appartenenti ad un nucleo familiare single e percepiscono un sussidio di disoccupazione. Vivono nelle regioni centrali del Paese. Infine, ci sono gli “Scoraggiati”, giovani dai 30 ai ai 34 anni con precedenti esperienze lavorative e ora inattivi, principalmente residenti nelle regioni del Nord Italia e in aree non metropolitane.

Un quadro composito, forse per la prima volta analizzato in maniera così dettagliata, che impone una riorganizzazione delle politiche pubbliche del lavoro per i giovani. Il Rapporto sottolinea come "la sofferenza vissuta da un'intera generazione di giovani sia, purtroppo, trasversale, complessa e profonda". E come proprio per la pluralità dei fabbisogni e dei target ci sia "la necessità di costruire percorsi integrati multi misura di media-lunga durata, che siano sostenibili nel tempo”. Percorsi che sappiano integrare misure di innalzamento delle competenze e dei livelli di istruzione con interventi concreti di accompagnamento e inserimento al lavoro.

"Destrutturare il fenomeno Neet e decostruire gli stereotipi che per anni hanno ostacolato la realizzazione di politiche adeguate sono passi essenziali da fare", spiega la vicesegretaria generale ActionAid Italia, Katia Scannavini: "Servono politiche che rispondano in modo efficace ai bisogni specifici dei giovani, riconoscendo tra le cause della condizione di Neet le disuguaglianze che attraversano l'intero Paese. È necessario ripensare ai servizi, lavorare a stretto contatto con i territori, rafforzare le reti di prossimità, intercettare i giovani più lontani dalle opportunità".

Per il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, "occorre modificare la narrazione sui giovani nel dibattito pubblico, per ridare loro centralità nelle politiche e negli interventi dei prossimi anni. I giovani non sono il problema del nostro Paese, ma una straordinaria risorsa fin qui inespressa. E' indispensabile partire dall'analisi delle politiche pubbliche che non sono riuscite a ridurre l'evidente svantaggio delle nuove generazioni, come la cosiddetta Garanzia giovani. Contrasto alla precarietà nel lavoro, rilancio degli investimenti sul sistema pubblico di istruzione e formazione, pieno ed efficace utilizzo delle ingenti risorse che l'Europa sta mettendo a disposizione, dal Pnrr ai Fondi strutturali: sono questi gli ambiti prioritari su cui agire per invertire la tendenza".

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