mercoledì 5 luglio 2023
Il fenomeno europeo del labour hoarding: in 3 anni il numero di occupati è cresciuto del 2,3%, ma non le ore medie lavorate (-1,6%) per il calo dei licenziamenti e l’aumento delle assenze per malattia
Le aziende tengono gli occupati in eccesso

IMAGOECONOMICA

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Christine Lagarde ne ha parlato esplicitamente nel suo intervento della scorsa settimana alla riunione dei principali banchieri centrali a livello mondiale a Sintra, in Portogallo. «Ci saremmo aspettati che il rallentamento dell’espansione economica nel corso dell’ultimo anno frenasse in una certa misura la crescita dell’occupazione. Tuttavia, in particolare negli ultimi tre trimestri, il mercato del lavoro ha registrato risultati migliori di quanto suggerirebbe una regolarità basata sulla legge di Okun (che mette in relazione il tasso di crescita economica con quello di disoccupazione) – ha detto la presidente della Bce -. Tale scollamento è in parte riconducibile a un maggiore ricorso a strategie di mantenimento di manodopera inutilizzata (labour hoarding) da parte delle imprese in un contesto di carenza di forze di lavoro, come si evince dall’attuale divario tra il totale e la media delle ore lavorate».

In sostanza, Lagarde ha ammesso che in un certo senso la Banca centrale europea è rimasta sorpresa dal recente andamento del mercato del lavoro nell’area euro. Un trend occupazionale che starebbe rendendo anche più complesso (e meno rapido) il percorso di discesa dell’inflazione. In particolare, la presidente dell’istituto di Francoforte ha fatto riferimento al fenomeno del “labour hoarding”, che letteralmente si traduce con “accaparramento di manodopera” e in pratica si riferisce a una tendenza delle imprese a trattenere l'occupazione (anche quella considerata in eccesso rispetto ai fabbisogni di produzione) magari con una riduzione oraria.


Nell’area euro in 3 anni il numero di occupati è cresciuto del 2,3%, ma non le ore medie lavorate (-1,6%) per il calo dei licenziamenti, l’aumento delle assenze per malattia e un maggior ricorso al part time

Questo trend va inserito nel quadro generale del mercato del lavoro dell’Eurozona, in cui cresce il numero di occupati ma non quello delle ore lavorate. La situazione emerge da un report diffuso a inizio giugno della Bce, citato da Lagarde a Sintra, e dal titolo inequivocabile: “More jobs but fewer working hours” (Più posti di lavoro, ma meno ore).

Dall’indagine si evince che dopo un primo calo all'inizio della pandemia, l'occupazione si è rapidamente ripresa. Tra il quarto trimestre del 2019 e il quarto trimestre del 2022, il numero di occupati nell’Eurozona è aumentato del 2,3%, «il che è piuttosto impressionante data la gravità dello choc economico», fanno notare dalla Bce. Significa che circa 3,6 milioni di persone in più hanno trovato lavoro durante il triennio esaminato. Nello stesso arco temporale però le ore medie lavorate sono diminuite dell'1,6%. «Si tratta di un calo di circa sei ore per trimestre a persona da prima della pandemia», calcolano gli autori dello studio. La diminuzione delle ore medie lavorate è stata particolarmente marcata all'inizio del Covid, anche per effetto dell’ampio ricorso agli ammortizzatori sociali da parte dei governi. Tuttavia, tre anni dopo lo choc pandemico, le ore medie lavorate rimangono significativamente inferiori rispetto all'andamento dell’occupazione, frenando la crescita complessiva delle ore lavorate totali nell’area euro in quasi tutti i principali settori industriali e nei servizi.

Ciò è avvenuto anche perché le aziende erano riluttanti a lasciar andare i lavoratori nonostante i venti contrari economici. Tale conservazione di manodopera, anche se non sempre strategica per l’attività dell’impresa, si può spiegare soprattutto con le difficoltà incontrate a reperire sul mercato il personale specializzato (il cosiddetto mismatch tra domanda e offerta). «Un altro impatto significativo arriva dall’aumento del ricorso al congedo per malattia, che dagli indicatori dei quattro maggiori paesi dell’area euro (Germania, Francia, Italia e Spagna) risulta aumentato nel 2022 tra il 10% e il 30% rispetto all’anno precedente», si legge nel report.

La portata “europea” del fenomeno del labour hoarding è confermata anche da Andrea Garnero, economista Ocse. L’11 luglio l’Organizzazione internazionale pubblicherà un nuovo aggiornamento sul mercato del lavoro nei Paesi che ne fanno parte, ovvero quelli più sviluppati. «Nell’area Ocse, così come in quella dell’euro, anche noi riscontriamo un livello di ore medie lavorate inferiori ai livelli pre Covid», osserva Garnero. Oltre a questioni più “strutturali”, come l’aumento delle assenze per malattia e la crescita del ricorso al part-time (dovuto anche all’aumento dell’occupazione femminile), sulla diminuzione delle ore medie lavorate nelle economie avanzate incide anche questa tendenza del labour hoarding: «Siamo in un contesto in cui le imprese sono più prudenti nell’effettuare nuove assunzioni per le difficoltà a trovare profili disponibili e adeguati alle funzioni ricercate – afferma Garnero -, per cui la base di partenza è tenersi stretto il personale attuale, compresa quella manodopera di cui si ha bisogno solo parzialmente».

L’economista, tuttavia, sospetta che questa tendenza del labour hoarding sia poco “italiana”, visto che «le ore medie lavorate nel nostro Paese sono superiori al periodo pre-pandemico».

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