mercoledì 4 maggio 2016
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BRUXELLES Sono cifre sostanzialmente in linea con quelle del governo quelle che ieri la Commissione Europea ha presentato nelle previsioni economiche di primavera, ma con un peggioramento dei conti pubblici e un rallentamento della crescita italiana. Cifre che faranno di base alla decisione, il 18 maggio prossimo, sulla Legge di stabilità per l’anno in corso. Partiamo dalla crescita. La Commissione ribadisce che lo scorso anno si è vista finalmente la ripresa in Italia (+0,8%), tuttavia, avverte, «nel corso nel 2015 il ritmo di crescita è calato». Scendono gli export, a trainare sono ormai soprattutto i consumi interni. E infatti Bruxelles ha rivisto al ribasso la previsione per quest’anno, +1,1% contro +1,4% delle previsioni d’inverno, mentre mantiene la previsione di +1,3% nel 2017. Il Documento di economia e finanza (Def) pubblicato dal governo pochi giorni fa non è lontano (+1,2% per entrambi gli anni). Sullo sfondo, un peggioramento del quadro europeo, la Commissione ha dovuto rivedere al ribasso la crescita del 2016 dell’eurozona (1,6% contro l’1,7% previsto a febbraio, in flessione rispetto all’1,7% del 2015, nel 2017 dovrebbe risalire all’1,8%). Pesano fattori come la rivalutazione dell’euro, le tensioni geopolitiche e le difficoltà di paesi emergenti, anzitutto la Cina. Tornando all’Italia, la Commissione resta positiva sul fronte del credito bancario, che, dice, «dovrebbe continuare a migliorare nel corso del 2016», sebbene «i crediti in sofferenza continuino a pesare sui bilanci». Migliora il quadro occupazionale, ma il tasso di disoccupazione «è destinato a scendere solo in modo graduale tra il 2016 e il 2017». Passando ai conti pubblici, nel 2015 il deficit nominale è sceso dal 3% del pil dell’anno prima al 2,6%, ed è previsto al 2,4% nel 2016 (contro il 2,5% di febbraio), molto vicino al 2,3% del Def. Maggiore è la differenza per il 2017: la Commissione prevede un deficit all’1,9%, il Def all’1,4%. Oltretutto Bruxelles include metà dell’incremento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia cassate poi dal governo, avvertendo che serviranno «compensazioni». Il debito pubblico, inoltre, è visto in «stabilizzazione» nel 2016, ma in rialzo rispetto alle previsione di febbraio: 132,7% del pil contro il 132,4%, in linea però con il Def. Per il 2017 la previsione è del 131,8%, contro il 130,6% di febbraio e il 130,9% del Def. La parte più delicata è quella del deficit strutturale (al netto di fattori ciclici e una tantum), cruciale ai fine della procedura: mentre il governo prevede per il 2016 e il 2017 rispettivamente l’1,2% e l’1,1% del pil, la Commissione indica per entrambi gli anni l’1,7%. Conta comunque che sia per il governo, sia per la Commissione, si ha rispetto al 2015 un peggioramento dello 0,7% del pil, mentre era richiesto un miglioramento dello 0,1%. Qui entra in gioco la partita della flessibilità per evitare una procedura. L’Italia ha già ottenuto per il 2016 margini dello 0,4% del pil per riforme e investimenti, e ne ha chiesti altri 0,4%. Le regole Ue prevedono un tetto massimo di flessibilità pari allo 0,75% del pil, e non è chiaro se Bruxelles lo concederà per intero. Secondo indiscrezioni, inoltre, la Commissione dovrebbe tener sì conto delle spese per migrazione e sicurezza, ma in misura alquanto inferiore rispetto a quella individuata dal governo (0,2% del pil). Alla Commissione, inoltre, non piace l’ennesimo rinvio del pareggio del bilancio in termini strutturali, che ora il Def indica al 2019, nel 2015 aveva promesso il 2018. Il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici ieri ha evitato di sbilanciarsi. «Per l’Italia – si è limitato a osservare – ovviamente il debito sarà preso in considerazione ma, come sempre, la decisione sarà basata sulle regole ma vi saranno anche argomentazioni intelligenti » con l’occhio rivolto a crescita e occupazione. La sensazione diffusa è comunque che il 18 maggio Bruxelles non calcherà la mano, e concederà all’Italia molte 'attenuanti'. © RIPRODUZIONE RISERVATA Pierre Moscovici
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