venerdì 29 aprile 2022
Il meccanismo deciso da Mosca dopo le sanzioni è complesso, anche Bruxelles fatica a dare indicazioni chiare. Diversi stati non vogliono perdere le forniture
La sede di Mosca del gigante dell'energia Gazprom

La sede di Mosca del gigante dell'energia Gazprom - Ansa

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«È un caos». Sbotta così un diplomatico di un importante Paese Ue, commentando la questione del decreto di Vladimir Putin sul pagamento del gas del 31 marzo. A Bruxelles da giorni non si parla d’altro. Non aiuta il fatto che la Commissione Europea faccia fatica a dare indicazioni chiare, mentre varie società già si stanno organizzando per ottemperare al volere di Putin pur di non perdere le forniture di gas, come avvenuto a Polonia e Bulgaria. Il decreto, lo ricordiamo, prevede un complicato meccanismo, secondo il quale i compratori dovranno aprire due conti presso Gazprombank, uno in euro, in cui andrà versato l’ammontare richiesto, da convertire poi in rubli nel secondo conto, dal quale sarà poi effettuato il pagamento a Gazprom.

La transazione sarà dichiarata completa solo dopo questo secondo passaggio. Ed è questo il problema, secondo la Commissione. Questo perché, dopo il versamento in euro nel primo conto, tutto sfugge al controllo delle società acquirenti, e passa completamente nelle mani delle autorità russe. Particolare problematico: «non c’è alcun limite di tempo per la conversione in rubli», dicono alti funzionari comunitari. Le autorità russe potrebbero far passare anche mesi nel passaggio al secondo conto, e nel frattempo la Banca centrale russa – di cui le sanzioni hanno congelato circa metà dei 600 miliardi di riserve valutarie – potrebbe utilizzare gli euro a piacimento.

«Sarebbe praticamente – spiegano – un prestito alla Banca centrale russa, con la quale invece, secondo le sanzioni, è vietata qualsiasi transazione».

Insomma: aprire il secondo conto in rubli «costituirebbe una violazione o un’elusione delle sanzioni», dunque i compratori dovranno rifiutarsi. «Le società europee – spiegano i funzionari – possono pagare in euro e insistere, con una dichiarazione ufficiale, che considerano il pagamento completo». Aprire un conto presso Gazprombank in Russia «di per sé non è un problema, visto che le società hanno già conti presso la filiale in Lussemburgo di questa banca».

Quello che accade dopo, a quel punto, «è affare puramente interno alla Russia». Il problema è insomma il collegamento tra i due conti. Solo che i russi molto probabilmente potrebbero dichiarare che la transazione non è affatto completata con il pagamento nel conto in euro. Non a caso nelle linee guida della Commissione (di cui Avvenire ha copia, ndr) si legge: «è consigliabile chiedere alla controparte russa conferma che questa procedura è possibile secondo le regole del decreto».

Impresa a dir poco ardua. Al momento, sottolineano comunque i funzionari, «nessun Paese Ue ha intenzione di pagare in rubli». Sarà, ma intanto il ministro degli Esteri ungherese Szijjártó ha dichiarato che «l’Ungheria non ha dubbi sul proprio obbligo di pagare il gas russo nel modo che garantisca la sua regolare fornitura».

Secondo il Financial Times, inoltre, anche gli operatori del gas in Germania, Austria e Slovacchia si stanno «preparando» ad aprire conti in rubli presso la filiale svizzera di Gazprombank. Tra questi, due dei maggiori importatori di gas russo, la Uniper con base a Düsseldorf, in Germania, e l’austriaca Omv (anche se ieri il cancelliere austriaco Karl Nehammer ha parlato di «fake news»). Anche l’Eni non si è sbilanciata e non esclude di ottemperare al decreto russo. La Polonia è furibonda, e ha chiesto pesanti multe per queste società. Varsavia, come le Repubbliche baltiche, chiede un embargo totale al gas russo, ipotesi respinta da Germania, Austria e Ungheria vista l’alta dipendenza da Mosca. Sullo sfondo, l’impatto della guerra sull’Ue.





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