martedì 14 luglio 2015
​Accettate quasi tutte le condizioni poste dai creditori. Si lavora a un prestito ponte. Chieste riforme entro domani. E Syriza si divide. EDITORIALI Un'alba grigioferro di A. Ferrari Propagande e realtà di L. Becchetti
 
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L’accordo raggiunto nella notte all’Eurosummit sulla Grecia all’unanimità «è stato laborioso ma ce l’abbiamo fatta. Il Grexit non ci sarà», ha detto il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. In realtà è davvero oneroso per Atene il documento di 7 pagine che prospetta l’avvio di un negoziato su un terzo programma di aiuti da 82-86 miliardi. Sarà una «strada lunga e difficile», ha avvertito il cancelliere tedesco Angela Merkel. La condizione più stringente riguarda l’obbligo per Atene di approvare, entro mercoledì 15 giugno, in un tour de force parlamentare, alcune misure, come la semplificazione dell’Iva, tagli ai sussidi alle pensioni più basse, oltre a rendere indipendente l’agenzia nazionale di statistica. Solo dopo l’Eurogruppo si riunirà in teleconferenza – mercoledì sera o più probabilmente giovedì mattina, ha detto ieri il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem – per annunciare l’avvio dei negoziati, che dovrà passare in vari parlamenti nazionali. Il Bundestag, probabilmente, voterà già venerdì, se Atene avrà fatto il suo dovere. «Il Parlamento greco dovrà approvare tutte le condizioni – ha sottolineato Merkel – è cruciale per ristabilire la fiducia, che si era molto erosa». Chiamati al voto sono anche i Parlamento di Austria, Estonia, Slovenia, Lettonia e Olanda, Finlandia.  Non basta: entro il 22 luglio Atene dovrà approvare in aula il codice di procedura civile e trasporre nel diritto nazionale le norme Ue sulle ristrutturazioni bancarie. E dovrà, inoltre, approvare una tabella di marcia per una più ampia riforma delle pensioni, varie liberalizzazioni, la privatizzazione della rete elettrica, la riforma del mercato del lavoro, e un rafforzamento del settore finanziario oltre a una riduzione del costo e della politicizzazione della pubblica amministrazione, il tutto con un meccanismo di tagli semi-automatici. Tra gli aspetti più pesanti è l’obbligo di creare un fondo blindato in cui far confluire i beni pubblici da privatizzare per fare cassa, che dovrà progressivamente arrivare a 50 miliardi di euro. Di questi, 25 miliardi di euro per rimborsare i prestiti di pari importo necessari per ricapitalizzare le banche elleniche, metà dei restanti per ridurre il rapporto debito-pil e il resto per gli investimenti. In totale, il programma prevede 12,5 miliardi di euro per gli investimenti cui si aggiungono altri 35 miliardi di fondi Ue. La Grecia dovrà però rassegnarsi a riammettere ad Atene e nei ministeri l’ex troika, e cioè Bce, Commissione Europea e Fmi, e dovrà concordare con le tre istituzioni tutte le bozze di legge con impatto finanziario. Un commissariamento pesantissimo. Atene strappa d’altro canto la promessa di «possibili misure addizionali» per la sostenibilità del debito, e cioè un più lungo periodo di grazia (e cioè in cui è sospesa il servizio del debito) e più lunghe scadenze per il debito, possibili in autunno se Atene avrà mantenuto tutti gli impegni. Il negoziato sul nuovo programma dovrebbe durare tra le due e le quattro settimane. Intanto, serve un prestito ponte visto che la Grecia il 20 luglio ha in scadenza circa 3,5 miliardi di euro alla Bce, più stipendi, pensioni. Proprio ieri Atene non ha potuto pagare 450 milioni in scadenza per il Fmi, con l’arretrato nei confronti del Fondo salito ora 2 miliardi dopo il mancato pagamento di giugno. Ne ha parlato ieri l’Eurogruppo. «È una questione molto complessa e ancora non abbiamo trovato la chiave» ha detto anche Dijsselbloem. Tra le opzioni, quella di utilizzare un vecchio fondo di stabilizzazione finanziario dell’Ue, l’Efsm, che conta ancora 13 miliardi di euro. Il problema però è che coinvolge tutti e 28 gli stati membri Ue, e ieri la Repubblica Ceca (fuori dall’euro) si è opposta al suo uso per la Grecia. Un’alternativa potrebbe essere il versamento dei profitti della Bce spettanti alla Grecia (che coprirebbero almeno le scadenze di luglio) o ancora prestiti bilaterali da singoli stati membri, rimborsati poi dall’Esm una volta partito il programma. Italia e Francia non sono favorevoli. «Per l’Italia – ha detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – le soluzioni devono essere europee e condivise da tutti i paesi coinvolti almeno nell’eurozona». Della questione si occuperà un gruppo di lavoro ad hoc già da stasera. 
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