mercoledì 21 giugno 2017
Un settore in forte crescita, che ha portato all'assunzione di 6mila persone nell'ultimo anno, di cui la metà sotto i 30 anni
Il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, all'assemblea pubblica di Roma

Il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, all'assemblea pubblica di Roma

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«Quello farmaceutico è un settore in forte crescita, nel quale ci sono stati 6mila nuovi assunti nell'ultimo anno, di cui la metà under 30». Lo ha detto il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi,
intervenendo all'assemblea pubblica 2017 che si è tenuta oggi a Roma al Teatro Argentina. Scaccabarozzi ha precisato che la produzione è cresciuta del 2,3%, arrivando a 30 miliardi di euro grazie alla forza trainante dell'export (21 miliardi, pari al 71%). Le esportazioni, ha aggiunto Scaccabarozzi nella sua relazione, hanno avuto un'impennata del 52% da 2010, rispetto a una media dei Paesi Ue del 32%. Per
quanto riguarda gli investimenti, ha proseguito il presidente, sono stati pari a 2,7 miliardi (di cui 1,5 in ricerca e sviluppo e 1,2 in produzione), con un aumento de 20% in tre anni, pari a 450 milioni. E anche nei primi mesi del 2017 si è confermato il trend di crescita del 2016: da gennaio ad aprile di quest'anno, infatti, rispetto allo stesso periodo del 2016, l'occupazione è cresciuta del 2,7%, la produzione del 4,7% e
l'export del 14%.

La presenza dell'industria farmaceutica è concentrata principalmente in Lombardia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Veneto, ma il comparto è rilevante anche in altre regioni sia nel Nord sia nel Centro-Sud. La
Lombardia è la prima regione farmaceutica e biotech in Italia, con metà circa di addetti: conta 28mila occupati diretti, ai quali si aggiungono i 18mila dell'indotto. Il Lazio è la seconda regione per numero di occupati e prima per export: gli addetti sono 16mila e 6mila nell'indotto. La Toscana, terza regione d'Italia, con 7mila addetti diretti e 4mila nell'indotto, si caratterizza per la specializzazione nei vaccini, negli emoderivati e nel biotech. Segue l'Emilia Romagna, con 3.600 addetti e una presenza produttiva e di R&S legate a importanti aziende italiane, internazionalizzate, e grandi imprese a capitale estero. Il Veneto conta circa 3mila occupati e 7mila nell'indotto.

Le imprese del farmaco possono inoltre contare su un indotto altamente innovativo con 66mila addetti, 14 miliardi di produzione e più di 800 milioni di investimenti. Considerando gli occupati nella distribuzione (oltre 12mila) e nelle farmacie (85mila), la somma di addetti diretti, indotto e filiera è pari a 228mila persone.

Nel Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Puglia, Sicilia) le imprese del farmaco contano complessivamente 4mila addetti. Rappresentano il 6% dell'occupazione, l'11% degli investimenti in produzione e il 12%
dell'export, che negli ultimi dieci anni è più che raddoppiato. «Un risultato migliore della media europea e della stessa Germania. E il valore aggiunto per addetto è più che doppio rispetto al totale dell'economia», rilevano da Farmindustria.

Le imprese del farmaco, inoltre, sono sempre più tecnologiche e digitali per una medicina altamente
personalizzata. Scenari nuovi si aprono all'orizzonte lasciando presagire un futuro diverso anche per l'industria farmaceutica e la parola d'ordine è "convergenza" tra farmaceutica e Ict (Information and Communications Technology), tanto che nei prossimi tre anni - secondo un'indagine Farmindustria-Bain & Company - le aziende del comparto in Italia imboccheranno con decisione la strada dell'innovazione digitale: l'88% pensa di portarla nella produzione e il 71% nella Ricerca. E positivi sono i dati presentati
oggi, con l'Italia del farmaco che vanta vere eccellenze.

Nel biotech, sono oltre 200 le aziende nel Paese: investono in R&S circa 650 milioni di euro e i progetti di ricerca sono oltre 300. Italia in prima linea anche per i vaccini, che generano pure risparmi significativi: per un euro speso se ne risparmiano 16 per i costi della malattia evitati. Nelle Terapie Avanzate, poi, tre su sei di quelle autorizzate in Europa sono italiane, mentre per i farmaci orfani alle malattie rare è destinato il 25% del totale degli studi clinici in Italia.



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