mercoledì 28 maggio 2014
​Presentato il rapporto annuale: il Paese sta uscendo dalla recessione, ma lascia una "coda" che penalizza le famiglie: 6,3 milioni di senza lavoro. Minimo storico di nascite.
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L’Italia sta uscendo dalla recessione, ma la coda della crisi lascia molte ferite aperte. E a farne le spese sono soprattutto le famiglie. Dal 2008 al 2013 nel nostro Paese c’è stato un aumento record del numero di papà e mamme che hanno perso il lavoro: 530mila in tutto, 303mila padri di famiglia e 227mila mamme. Lo rileva l’Istat nel Rapporto annuale presentato oggi. Lo scorso anno le persone senza lavoro sono state 6,3 milioni: ai 3 milioni 113mila disoccupati si aggiungono infatti 3 milioni 205mila “forze lavoro” potenziali, cioè gli inattivi più vicini al mercato del lavoro. Oltre 6 milioni di individui che l'Istat definisce "potenzialmente impiegabili". Quanto ai giovani tra i 15 e i 29 anni che né lavorano né studiano, lo scorso anno sono saliti a 2 milioni 435 mila, 576mila in più rispetto al 2008.Per 3 milioni di famiglie il disagio è rappresentato dal fatto che nessun componente del nucleo è occupato e, tra queste, oltre 2 milioni non hanno né occupati né pensionati.
Non è un caso, allora, se l’Italia, lo scorso anno, ha registrato il nuovo minimo storico di nascite: 515mila bimbi nati, 12mila in meno rispetto al minimo storico del 1995. Un record negativo che ci rende uno dei Paesi più vecchi al mondo: con 151,4 persone over-65 ogni 100 giovani con meno di 15 anni, l’Italia ha uno degli indici di vecchiaia più alti al mondo. In Europa solo la Germania ha un valore più alto (158) mentre la media Ue28 è 116,6.
In un contesto in cui risulta in calo anche la spesa sociale dei comuni (-1% nel  2011), un elemento di speranza è la possibilità di vedere il Pil tornare positivo nel 2014: +0,6% secondo la previsione Istat. Inoltre la quota di persone appartenenti a famiglie in condizioni di grave deprivazione è scesa al 12,5%, pari a 7,6 milioni di individui, dal 14,5% del 2012. Un “debole segnale positivo”, anche se in generale, sottolinea l'Istat, "l'Italia è uno dei paesi europei con la maggiore disuguaglianza nella distribuzione dei redditi primari, guadagnati dalle famiglie sul mercato impiegando il lavoro e investendo i risparmi".Secondo l'Istat, un intervento di 15,5 miliardi di euro, pari all'1% del nostro Pil consentirebbe di ridurre consistentemente il tasso di povertà degli italiani.
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