martedì 21 luglio 2020
La nuova figura professionale - già presente in Piemonte, Toscana e Friuli Venezia Giulia - è stata istituita a livello nazionale dal decreto Rilancio, appena convertito in legge
L'infermiere di famiglia è già presente in tre regioni

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Una nuova figura professionale su tutto il territorio nazionale è stata istituita dal decreto Rilancio, appena convertito in legge. Si tratta dell’infermiere di famiglia o di comunità, figura professionale già presente in Piemonte, Toscana e Friuli Venezia Giulia e che adesso potrà essere allargata a tutta la Penisola. Una figura che nasce con lo scopo di potenziare l’assistenza sanitaria territoriale da Nord a Sud, con una accelerata dovuta alla terribile esperienza coronavirus.

Il decreto Rilancio quindi crea questa nuova figura professionale, che in sostanza significa 9.600 nuove assunzioni di infermieri che andranno a potenziare l’assistenza sanitaria italiana. Un numero ingente di assunzioni che sono una ottima possibilità di lavoro in un settore, quello sanitario, che è evidente abbia bisogno di forza lavoro dopo quello ch si è verificato nell’emergenza epidemiologica del Covid.

Con questa novità, si prevede infatti che le aziende sanitarie locali e gli altri enti del Servizio sanitario nazionale dovranno assumere 9.600 infermieri di famiglia. Conti alla mano, significa che serviranno circa quattro infermieri ogni 25mila abitanti.

Adesso toccherà alle Regioni, che come è noto in fatto di sanità hanno discreta autonomia, dover rendere operativa l’introduzione dell’infermiere di famiglia sul territorio di loro competenza.

Innanzitutto occorrerà definire i compiti e le attività che l’infermiere di famiglia dovrà andare a espletare nello svolgimento delle sue funzioni. Il Lombardia, dove maggiormente si è avvertita l’emergenza epidemiologica, sono state già avviati i primi atti di giunta per l’istituzione della figura.

Adesso tutta l’Italia dovrà iniziare a ragionare in questa ottica, come per esempio sta facendo la Toscana, dove l’infermiere di famiglia dovrebbe andare a fare squadra con i medici di famiglia, senza esserne alle dipendenze.

L’approvazione dell’infermiere di famiglia ha ricevuto il plauso di tutte le associazioni di categoria, molte delle quali da tempo spingevano per questa rivoluzione. Barbara Mangiacavalli, presidente Federazione ordini professioni infermieristiche (Fnopi), ha espresso soddisfazione per l’introduzione dei 9.600 infermieri di famiglia/comunità «che anche secondo il ministro Speranza fanno parte dell’investimento strategico sui servizi domiciliari alle persone fragili che, sono le sue parole, farà passare l’Italia dal 4% della platea di assistiti over 65 al 6,7%. Passiamo, grazie ad un solo decreto, da essere due punti sotto la media Ocse a 0,7% sopra la stessa media». Necessario, prosegue, «applicare subito l’innovazione e dare spazio il più velocemente possibile alla nuova figura per l’assistenza sul territorio, anche prevedendo percorsi formativi ad hoc diffusi in tutte le Regioni: l’infermiere di famiglia/comunità non è una figura improvvisata, ma un professionista preparato e che ha seguito master specifici per poter assistere al meglio i pazienti fragili e le loro famiglie».Una fragilità aumentata nel post-Covid. «Vogliamo dare il nostro contributo al Paese e lo vogliamo fare assieme a tutti gli altri professionisti della salute, consapevoli che tutte le energie dovranno essere orientate a garantire il diritto alla salute dei cittadini», conclude Mangiacavalli.

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