mercoledì 6 marzo 2024
Con le modifiche e il sistema introdotto nel 2023 tra tasse e sostegni il “pericolo” si è ridotto di 1,2 punti (18,8%). Anche la decontribuzione ha migliorato il reddito di 11 milioni famiglie
In Italia scende il rischio povertà tra misure fiscali e assegno unico

ANSA/FRANCO SILVI

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Con le modifiche introdotte al sistema di tasse e benefici nel 2023 è aumentata in lieve misura l’equità della distribuzione dei redditi disponibili. Va detto che le politiche che hanno avuto effetti sulla formazione dei redditi familiari nel 2023 sono, principalmente, riconducibili a misure già esistenti nel 2022, fatta eccezione per l’introduzione del Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl).

È quanto si legge nei dati dell’Istat «sulla diseguaglianza, valutata attraverso l’indice di Gini che è passata dal 31,9% al 31,7%». Più marcato è l’effetto sul rischio di povertà che è diminuito di oltre un punto percentuale, dal 20% al 18,8%. Nello specifico l’effetto sul rischio di povertà è stato positivo per 0,7 punti grazie alle modifiche all’assegno unico e di 0,5 punti per le misure sulla decontribuzione. Secondo l’Istat, invece, l’effetto sul rischio di povertà dovuto alle modifiche al Reddito di cittadinanza e introduzione del Supporto alla formazione lavoro è stato nullo. «Le famiglie beneficiarie del Reddito e della pensione di cittadinanza nel 2023 – spiega la nota dell’Istituto nazionale di statistica – sono poco più di un milione, il 20% in meno rispetto al 2022, e si collocano nel quinto più povero della distribuzione del reddito. La riduzione della platea è riconducibile a famiglie che, vedendo migliorare le proprie condizioni economiche, non possiedono più i requisiti di reddito, ma anche a un calo nell’adesione alla prestazione». La gran parte delle famiglie che ricevono il beneficio, secondo l’Istat, hanno riscontrato, rispetto a quanto percepito nel 2022, una diminuzione dello stesso.

Per quanto riguarda l’assegno unico e universale (AUU) nel 2023 lo ha percepito il 25,3% delle famiglie residenti in Italia, pari al 92,5% delle famiglie con figli a carico fino ai 21 anni. L’importo medio dell’assegno unico è stimato pari a 2.947 euro (circa 245 euro mensili). Gli importi medi più elevati si registrano per le famiglie appartenenti al primo (3.765 euro) e al secondo quinto (3.740 euro), vale a dire le famiglie con maggiori difficoltà economiche. Si può vedere che con le modifiche entrate in vigore nel 2023 si è avuto un guadagno pari, mediamente, a 719 euro in più (circa 60 euro mensili) rispetto a quanto ricevuto nel corso del 2022 per l’AUU e le altre misure di supporto alle famiglie con figli in vigore nei primi due mesi dell’anno. Questo guadagno riguarda il 92,3% delle famiglie con figli a carico fino ai 21 anni, pari al 23,3% del totale delle famiglie. E dal punto di vista distributivo, sono le famiglie che appartengono ai due quinti più poveri quelle che hanno sperimentano un maggiore guadagno relativo (rispettivamente una variazione sul reddito familiare del 3,6% e del 2,2%); e le stesse famiglie sono anche destinatarie della quota maggioritaria del guadagno totale (53,9%).

Nel contempo, una quota contenuta di famiglie (7,7% delle famiglie destinatarie dell’assegno) ha sperimentato, invece, un peggioramento dei redditi rispetto al 2022. E tale perdita è riconducibile sia alla riduzione delle compensazioni temporanee per l’assegno unico ai 2/3 dell’importo, sia al fatto che nel 2022 erano ancora in vigore, seppure solo per i primi due mesi, le detrazioni per i figli a carico, l’assegno al nucleo familiare e l’assegno temporaneo, misure che nel loro insieme riguardavano una più ampia platea di famiglie. Passando all’esonero contributivo parziale, nel 2023 esso ha interessato 12 milioni di famiglie per un importo medio di 690 euro annui, al netto delle ricadute fiscali. Si ricorda che per i primi sei mesi del 2023 è stato in vigore un esonero contributivo parziale di 2 punti percentuali a favore dei lavoratori dipendenti con Reddito annuo lordo (Ral) inferiore a 35mila euro, aumentato di 1 punto per i lavoratori con Ral inferiore a 25mila euro con la legge di Bilancio del 2022. A partire da luglio dell’anno scorso, l’esonero è stato incrementato di 4 punti percentuali portandolo a 7 per i lavoratori con Ral inferiore a 25mila euro e 6 per quelli con Ral tra 25 e 35mila euro (D.L. 48/2023).

La decontribuzione comporta un miglioramento del reddito per circa 11 milioni di famiglie italiane, il 43%, che hanno percepito nel 2023 un beneficio netto di 537 euro più alto di quello ricevuto nel 2022 grazie all’esonero contributivo in vigore quell’anno. A trarre maggior guadagno in valore assoluto sono le famiglie dei quinti centrali di reddito (569 euro per il terzo quinto e 630 per il quarto), che percepiscono anche la quota maggioritaria del guadagno totale. D’altro canto sono le famiglie meno abbienti che fanno parte dei quinti più poveri che, grazie al guadagno rispetto al 2022, hanno visto aumentare di più il reddito in termini relativi (+1,9% per il primo quinto e +1,5% per il secondo).

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