martedì 17 agosto 2010
Maxi ritardi per la Pubblica amministrazione. Il monito arriva da più parti: Confindustria, Ance, Angem. Un peso per le grandi imprese, ma anche e soprattutto per le piccole. Confartigianato invoca subito norme più severe.
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Ammontano a 70 miliardi i crediti che le imprese vantano complessivamente nei confronti della pubblica amministrazione. Con un tempo medio di pagamento che in Italia è di 128 giorni (con punte di 600-700 giorni nella sanità meridionale). Tre volte quello della Germania (40 giorni), e molto più lungo che in Gran Bretagna (49 giorni) e in Francia (70). L’allarme arriva da più parti: Confindustria, Confartigianato, Ance, Angem. E riguarda un po’ tutti i settori, dalla sanità appunto, all’edilizia, ai ristoratori. In un momento in cui le aziende tentano di superare lo stato di forte crisi e cercano risorse per sostenere la crescita e la ripresa di ordini e produzione, i pagamenti ritardati sono il colpo di grazia. Come togliere l’ossigeno a un malato che ha bisogno di cure. Il leader degli industriali, Emma Marcegaglia, parla di «scandalo nazionale che non siamo riusciti a correggere», riflesso «del pessimo funzionamento della stessa pubblica amministrazione». Il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, in una audizione alla Commissione attività produttive della Camera, ha articolato: «Questo è uno dei problemi che pesano maggiormente sul nostro sistema imprenditoriale e che la crisi ha reso ancora più gravoso. È una situazione insostenibile».Un peso per le grandi imprese, ma anche e soprattutto per le piccole. Confartigianato alza il dito e invoca norme più severe. Per Cesare Fumagalli, segretario generale dell’associazione di categoria, i «cattivi pagatori» mettono le Pmi nelle condizioni di non farcela: «Molte piccole e medie imprese si sono ritrovate con posizioni liquide zero, spesso sottozero, nonostante la maturazione di crediti verso la Pa e i grandi committenti i cui termini di pagamento erano scaduti da un pezzo». La Confartigianato chiede una «stretta» sulla Pubblica amministrazione, introducendo e rafforzando l’inderogabilità dei termini affinché la piccola e media impresa possa essere pagata. Uno dei settori più colpiti da questa piaga è l’edilizia. Il presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti, invita così la pubblica amministrazione a uno «scatto di efficienza». «Devono rispettare i termini di pagamento contrattuali nei confronti di imprese e fornitori», è la voce dell’Angem, l’associazione delle imprese di ristorazione collettiva. Un coro unanime quello del mondo produttivo.Problema italiano. Ma non solo. Se la media a livello Ue è di 69 giorni, la crisi ha peggiorato la situazione di alcuni paesi, come la Spagna o il Portogallo, in particolare, che vanta solo il 50% di aziende virtuose con pagamenti in tempi regolari. Per questo anche da Bruxelles si cerca di arginare il fenomeno. «I ritardi nei pagamenti sono una pietra al collo delle piccole e medie imprese e possono essere anche causa della chiusura di un’azienda», ha evidenziato il vicepresidente della Commissione europea per l’industria e l’imprenditoria, Antonio Tajani, assicurando che una direttiva europea per tagliare i tempi «potrebbe entrare in vigore entro la fine del 2011»: limite di 30 giorni per il pagamento delle fatture da parte delle pubbliche amministrazioni e una penale del 5% per i ritardati pagamenti. «Questo dovrebbe mettere in circolazione 180 miliardi di euro – ha detto Tajani –. Una cifra che dovrebbe dare una spinta per accelerare l’uscita dalla crisi».Un rapporto elaborato da Cribis D&b evidenzia che nel 2009 le aziende italiane puntuali sono state il 43,7% del totale, con un calo del 5,9% rispetto all’anno precedente. Sempre in confronto con il 2008, il 26,6% delle imprese ha peggiorato i propri pagamenti e l’analisi sui primi tre mesi del 2010 conferma il trend negativo. La strigliata alle pubbliche amministrazioni è arrivata nei giorni scorsi anche dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici secondo cui il debito accumulato nei confronti di imprese e fornitori è di 37 miliardi (il 2,5% del Pil). I ritardi riguardano i tempi di emissione dei certificati di regolare esecuzione (46,3%) e dei mandati di pagamento (29,6%) e più in generale le lentezze che derivano da vischiosità burocratiche (32,5%). I ritardi che superano i due mesi sono segnalati dal 36,4% delle imprese del Nord-Est, percentuale che sale al 61,5% nel Nord Ovest e al 63,3% nel Mezzogiorno. Una situazione «scandalosa» che impoverisce le imprese. E in cui è facile che si annidino fenomeni di illegalità. Focalizzando l’attenzione sulla sanità, nell’occhio del ciclone negli ultimi mesi, Leoluca Orlando, presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sul settore, ha parlato infatti di «compensazioni occulte». «Dietro al ritardo sistematico delle Regioni nel pagamento delle forniture nel settore della sanità – ha evidenziato il deputato – ci sono operazioni improprie, anomale, illegali», paventando un «ruolo delle imprese»: «Quale azienda fornitrice potrebbe supportare il costo finanziari di un ritardo medio dei pagamenti di due anni e mezzo? E nessuno di loro protesta. Non c’è dubbio che molte imprese ottengano delle compensazioni occulte. Magari con il pagamento di crediti inesistenti, la vendita di materiale scadente o non necessario. Oppure fatture pagate due, se non tre volte». L’altra faccia della stessa medaglia. Dello stesso, enorme problema che lentamente divora le pubbliche amministrazioni e le imprese. Fra chi approfitta del malcostume e chi ne viene stritolato. I tanti, troppi onesti imprenditori, in attesa del dovuto, mentre "fuori" c’è la crisi.
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