martedì 27 maggio 2014

La ricetta per economie più forti passa da lavoro stabile e protezione sociale più che da libero scambio e flessibilità

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Non solo flessibilità e libero scambio. A favorire lo sviluppo di una nazione è soprattutto l'investimento in lavoro stabile e di qualità. Secondo il rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), infatti, i Paesi che hanno investito molto in occupazione di qualità a partire dai primi anni del 2000 hanno registrato, ogni anno dal 2007, una crescita superiore di circa l’1% rispetto a quella di altre economie emergenti o in via di sviluppo. Ciò ha consentito di attenuare l’impatto della crisi mondiale del 2008.Il Rapporto World of Work 2014: Developing with Jobs (Il lavoro nel mondo 2014: l’occupazione al centro dello sviluppo), che fornisce un’analisi approfondita di 140 Paesi in via di sviluppo ed emergenti, dimostra così per la prima volta che investire in occupazione di qualità, ridurre l’occupazione vulnerabile e affrontare la povertà da lavoro porta ad una crescita economica sostenuta, riducendo nel contempo le diseguaglianze di reddito.«Lo sviluppo non è solo il risultato di fattori come l’export, il libero scambio e gli investimenti diretti stranieri» ha dichiarato Guy Ryder, Direttore Generale dell’Ilo. «Anche la protezione sociale, il rispetto delle norme fondamentali del lavoro e politiche che promuovono l’occupazione formale sono fattori decisivi per creare un’occupazione di qualità che migliori il livello di vita, incrementi il consumo interno e dia un impulso alla crescita globale. Le opportunità di lavoro dignitoso per le donne e gli uomini aiutano lo sviluppo e riducono la povertà».Il rapporto porta come esempio il Senegal, uno dei Paesi dove la crescita è aumentata grazie all’attenzione rivolta all’occupazione di qualità. In questo paese, la percentuale di lavoratori salariati è passata dal 12% del 1991 al 26% del 2013. La percentuale di lavoratori poveri è diminuita del 34% nello stesso periodo, mentre la produttività ha registrato un aumento medio annuale dello 0,5%. Il Perù è un altro paese dove la percentuale di lavoratori salariati è aumentata del 15%, passando dal 34% del 1991 al 49% del 2013. Nello stesso periodo, la produttività annua è cresciuta in media dell’1,8% e la povertà da lavoro è scesa del 23%. In Vietnam, la percentuale di lavoratori salariati è salita del 22%, incremento accompagnato da una significativa riduzione del numero dei lavoratori poveri. Nel 2013, i lavoratori poveri costituivano solo un terzo del livello del 1991, mentre la produttività è cresciuta rapidamente.«Migliorare la qualità dell’occupazione è essenziale per affrontare la sottoccupazione sia dei giovani che degli adulti, una questione economica di grande rilevanza in molti paesi emergenti e in via di sviluppo» ha affermato Raymond Torres, Direttore del Dipartimento di Ricerca dell’Ilo. «Visti i risultati, è essenziale porre il lavoro dignitoso al centro degli obiettivi dell’agenda di sviluppo Post-2015. Nel prossimo decennio, i paesi in via di sviluppo dovranno creare circa 40 milioni di nuovi posti di lavoro ogni anno per poter far fronte ad una popolazione in età da lavoro sempre più numerosa».«Abbiamo notato l’esistenza di due fenomeni molto diversi che vanno di pari passo», ha affermato Moazam Mahmood, vice Direttore del Dipartimento di Ricerca dell’ILO e principale autore del rapporto. «Molti paesi in via di sviluppo, in particolare in America Latina e Asia, stanno compiendo enormi sforzi per affrontare le diseguaglianze e migliorare la qualità dell’occupazione e della protezione sociale. Al contrario, numerose economie avanzate, in particolare in Europa, sembra stiano andando nella direzione opposta».Il rapporto infine segnala che la disoccupazione mondiale si è attestata a quota 200 milioni nel 2013 e dovrebbe aumentare di 3,2 milioni di persone nel 2014. Da qui al 2019, la cifra raggiungerà i 213 milioni. A livello mondiale, si stima che il numero delle persone senza un lavoro dovrebbe mantenersi al livello attuale del 6% fino al 2017.
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