martedì 7 novembre 2017
Si tratta di uno dei settori più importanti del nostro sistema produttivo, capace di trainare la crescita del Paese: è pari al 6,5% del Pil
Il welfare familiare vale 109,3 miliardi
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Il welfare familiare è un’industria che vale oggi 109,3 miliardi di euro, pari al 6,5% del Pil: si tratta di uno dei settori più importanti del nostro sistema produttivo, capace di trainare la crescita del Paese. È giunto quindi il momento di considerare il welfare non come spesa ma come una priorità della politica economica del governo e un’opportunità di investimento per le imprese dei servizi.

Emerge inoltre un’urgenza di cambiamento determinata dalla crescente fragilità sociale: è sempre più esteso il fenomeno di rinuncia alle prestazioni essenziali, soprattutto per le famiglie in condizioni di debolezza, come le cure sanitarie (58,9%), l’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti (76,2%), i servizi per la cura dei figli (54,8%), le attività integrative per l’istruzione (57,7%). Tra queste fragilità sociali e opportunità economiche si aprono le sfide per un nuovo modello di welfare, nel quale convergono gli interessi di numerosi protagonisti pubblici e privati. È questo il messaggio più rilevante che emerge dalla prima edizione dell’Osservatorio sul bilancio di welfare delle famiglie italiane, presentato oggi alla Camera dei Deputati dalla società Mbs Consulting, una delle principali società italiane indipendenti di consulenza aziendale che da oltre 30 anni opera nei settori assicurativo, bancario e industriale, alla presenza dei principali partiti politici, accademici e rappresentanti del mondo delle imprese. Alla base dell’Osservatorio un’indagine che ha scandagliato i bisogni e le spese di welfare delle famiglie per la salute, i supporti per il lavoro, l’istruzione, l’assistenza, la cultura e il tempo libero e la previdenza complementare, dettagliando le analisi per le diverse condizioni economiche e sociali.

La spesa più rilevante (33,7 miliardi) è sostenuta per la salute. Pressoché tutte le famiglie italiane (25,2 milioni) hanno ogni anno una pur minima spesa sanitaria, e l’importo medio è di 1.336 euro per nucleo. La seconda voce per valore economico è quella dei supporti al lavoro (31,2 miliardi), ovvero le spese di trasporto e di alimentazione necessarie per lavorare, sostenute da 16,6 milioni di famiglie, per un importo medio annuo di 1.877 euro. L’istruzione dei figli costa 15 miliardi. Questa voce riguarda 7,8 milioni di famiglie che spendono in media 1.937 euro. L’assistenza costa complessivamente 14,4 miliardi. Si tratta dei servizi per la cura della casa, dei figli e dei familiari anziani e non autosufficienti. Le famiglie utilizzatrici sono 2,9 milioni, con una spesa media di 4.989 euro. Le spese per la cultura e il tempo libero hanno un valore totale di 7,6 miliardi, sono sostenute da 16,9 milioni di famiglie per un importo medio piuttosto piccolo di 450 euro. Infine l’area della previdenza e protezione, cioè i versamenti volontari individuali nei fondi pensione, le assicurazioni vita per la protezione delle persone e le polizze per la protezione del patrimonio domestico. Una spesa di 7,3 miliardi sostenuta da 7,8 milioni di famiglie che spendono in media 935 euro.

La spesa familiare per il welfare assorbe mediamente il 14,6% del reddito netto delle famiglie. A fronte di un reddito annuo medio rilevato di 29.674 euro e di spese per consumi di 22.762 euro, le uscite per il welfare sono pari a 4.328 euro per nucleo famigliare. Il welfare rappresenta la terza voce di spesa delle famiglie dopo quelle per gli alimentari e per la casa.

L’Osservatorio analizza in dettaglio non solo le spese ma anche le entrate di welfare. Il welfare pubblico, di cui fanno parte le pensioni, contribuisce per il 33,2% alle entrate nette delle famiglie. Le prestazioni del welfare privato ricevute dalle famiglie (es: prestazioni assicurative, erogazioni del welfare aziendale) hanno una quota ancora piccola in percentuale (2,9% delle entrate) ma significativa in valore assoluto e destinata a crescere: 21,6 miliardi. Queste cifre danno un’idea dell’importanza del welfare nel determinare non solo la coesione sociale del paese ma anche la capacità di consumo e quindi la stabilità del sistema produttivo.

La struttura del welfare famigliare mostra in Italia grandi squilibri, il peso economico di servizi essenziali risulta infatti particolarmente gravoso per le famiglie meno abbienti. Il paradosso è che l’incidenza delle spese di welfare in proporzione al reddito è maggiore nelle famiglie economicamente più deboli (19%) che nelle famiglie agiate (14,7%). Inoltre la difficoltà ad affrontare queste spese determina estesi fenomeni di rinuncia alle prestazioni. Il 36,1% delle famiglie italiane ha rinunciato ad almeno una prestazione essenziale, la percentuale sale al 56,5% per chi si trova in condizione di debolezza economica. Il settore più critico è quello dell’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti, con un tasso medio del 76,2%. La rinuncia a cure sanitarie è mediamente del 36,7% e sale al 58,9% per la fascia più debole. La rinuncia nei servizi per la cura dei figli è mediamente del 41,1% e per i meno abbienti del 54,8%, mentre nell’istruzione è rispettivamente del 35,4% e del 57,7%. Le famiglie rinunciano anche a spese per la cultura e il tempo libero: in media il 33,8% e nel segmento più debole il 50,5%. Ciò si deve al fatto che i sistemi pubblici di welfare hanno subito negli ultimi anni una forte riduzione delle capacità di prestazione, come conseguenza del necessario contenimento della spesa pubblica. Il risultato è che molte prestazioni essenziali sono ottenibili solo a pagamento. Gli impatti sociali di questo problema sono pesanti e generalizzati in tutte le aree del welfare.

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