giovedì 20 luglio 2023
In un anno le assunzioni stabili cresciute del 30% grazie all’effetto delle trasformazioni. Indagine di Gidp (Risorse umane): i giovani chiedono modalità ibrida e volontariato in azienda
Il lavoro continua a crescere: in 4 mesi +614mila contratti

IMAGOECONOMICA

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Le aziende licenziano meno e trasformano sempre più spesso i contratti a termine in rapporti a tempo indeterminato: l’Osservatorio Inps sul precariato fotografa un mercato del lavoro vivace, con una tendenza alla fidelizzazione del personale.

Nonostante nei primi quattro mesi del 2023 i nuovi contratti a tempo indeterminato si siano ridotti leggermente, con un calo del 3,7%, rispetto all’anno scorso c’è stato un aumento del 30,7% delle assunzioni stabili che hanno toccato quota 250mila. Questo è stato possibile grazie all’aumento delle trasformazioni dei contratti a termine in stabili, in aumento del 11,3%, e al calo delle cessazioni dei contratti a tempo indeterminato che hanno fatto registrare una flessione del 9,5%, dopo l’aumento registrato nel 2022 con la fine del blocco dei licenziamenti legato all’emergenza pandemica.

Il mercato del lavoro, nonostante la crescita economica proceda al rallentatore per effetto dell’inflazione e del contesto politico internazionale, continua a dare segni di grande vitalità. Da gennaio ad aprile sono stati attivati 2,6 milioni di contratti a fronte dei 2 milioni cessati, con un saldo positivo di 614mila unità.

I contratti a tempo determinano sono in aumento del 2,9% e a conti fatti rappresentano quasi la metà del totale (quasi 1,2 milioni), in aumento anche il lavoro intermittente e stagionale, rispettivamente dell’8 e del 10%, in flessione invece il lavoro in somministrazione. In forte calo per ragioni tecniche, vale a dire il via libera da parte della Commissione europea alla proroga delle decontribuizioni, le assunzioni con esoneri contributivi totali per giovani e donne (passati da 80mila nei primi quattro mesi del 2022 ad appena 32mila un anno dopo) mentre l’agevolazione riservata al Sud segna una modesta crescita del 9%, confermandosi come quella di maggior impatto quantomeno per il numero di dipendenti coinvolti, oltre 470mila in quattro mesi.

La tendenza delle imprese a tenersi stretto il personale già formato emerge dall’indagine annuale, giunta alle 23esima edizione, di Gidp (l’associazione direttori risorse umane) sui neo-laureati. L’84% delle imprese coinvolte nell’indagine attinge dal bacino di stagisti-apprendisti per assumere giovani qualificati in possesso di una laurea o di un diploma. Tre aziende su quattro trasformano questo periodo di conoscenza, che in media dura sei mesi e prevede un’indennità tra i 450 e i 100 euro al mese come rimborso spese, in una proposta di lavoro rivolta ai candidati migliori.

La formula più gettonata anche in questo caso è il contratto a tempo determinato (32% delle assunzioni) seguito a brevissima distanza da tempo indeterminato e apprendistato, entrambi al 29,5%.

Ad essere cambiate sono le richieste e soprattutto le aspettative dei giovani: il mito del posto fisso e della carriera cedono il posto ad una maggiore qualità della vita. Se retribuzione, benefit e mansioni sono le priorità per i neo-assunti un posto di rilievo assume sempre di più la possibilità di lavorare in modalità ibrida, vale a dire alternando presenza in ufficio e smartworking (con la formula di due giorni a settimana che si conferma la più utilizzata dalle aziende), e in modalità flessibile senza essere legati ad un orario ma all’obiettivo da raggiungere. Riguardo alle politiche Esg emerge particolare interesse al sociale: i neo-laureati valutanon in maniera positiva i progetti delle aziende rivolti alla comunità e il coinvolgimento dei dipendenti in attività di volontariato. Al secondo posto si posiziona la dimensione ambientale, al terzo la governance.


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