mercoledì 18 ottobre 2017
In Italia il numero di posti vacanti in Ict arriverà nel 2020 a 135mila dai 33mila del 2015: una crescita del 309% in cinque anni
«I robot sono un'opportunità per il futuro»
COMMENTA E CONDIVIDI

C’è un robot industriale ogni 62 dipendenti manifatturieri: è questa la proporzione che emerge dalla ricerca Adp 5.0: come la digitalizzazione e l’automazione cambiano il modo di lavorare, condotta da The European House - Ambrosetti, per conto di Adp Italia.

«In 50 anni Adp Italia è passata dal calcolare i cedolini tramite le schede perforate, all’invio immediato della busta paga su smartphone – dichiara Virginia Magliulo, general manager di Adp Italia –. Questo è solo uno dei mille esempi che potremmo fare per illustrare quanto il panorama tecnologico abbia cambiato il mondo del lavoro. Sicuramente l’era digitale e la robotizzazione muteranno ancora di più la vita dei lavoratori, fino ad arrivare alla piena integrazione tra uomo e tecnologia, in uno scenario in cui uomo e macchine lavoreranno insieme. Questa ricerca condotta per festeggiare i nostri 50 anni in Italia, vuole porre l’attenzione sulle opportunità che robot e digitale apporteranno, nella consapevolezza che la tecnologia nelle sue svariate declinazioni creerà un nuovo modo di concepire il lavoro».

La ricerca evidenzia come nell’ultimo decennio si sia assistito a profondi cambiamenti nello scenario competitivo internazionale, non solo per gli effetti indotti dalla crisi finanziaria globale sul fronte economico e commerciale, ma anche per l’avvento - e la crescente disponibilità a prezzi competitivi - delle nuove tecnologie digitali e per il cambiamento delle abitudini di consumo del cliente. Digitalizzazione (se nel 2000 solo il 25% dei dati era archiviato in formato digitale, nel 2007 questa percentuale ammontava al 97%), robotica e automazione possono essere degli strumenti-chiave per accompagnare la trasformazione delle imprese. Questi fenomeni hanno (e avranno) un impatto di rilievo sulle dinamiche competitive e organizzative delle imprese, in particolare nell’ambito della quarta rivoluzione industriale e dell’adozione delle tecnologie abilitanti che la caratterizzano. Solo in Italia, a fine 2016 il mercato dell’Industria 4.0 ha raggiunto il valore di 1,83 miliardi di euro (in crescita del 18,2% rispetto all’anno precedente e con un’incidenza del 44% per i prodotti e servizi Ict) e nel primo trimestre del 2017 la domanda di prodotti e soluzioni digitali 4.0 è aumentata tra il 10% e il 20%, con aspettative di mantenere una dinamica sostenuta per l’intero anno (fonte: rilevazioni Assinform).

L’Industria 5.0 può essere intesa come paradigma evolutivo verso la piena integrazione tra uomo e tecnologia, in uno scenario in cui non vi sarà più la distinzione tra mondo virtuale e fisico, dato che uomo e macchine lavoreranno insieme. Infatti il dialogo uomo-macchina in chiave collaborativa, distribuita e orientata alla personalizzazione del servizio sembra connotare la futura evoluzione dell’attuale quarta rivoluzione industriale. La continua evoluzione tecnologica e le numerose funzioni delegabili alle macchine potrebbero far pensare che sia vicino l’avvento della sostituzione dell’uomo con la macchina, mettendo a rischio milioni di posti di lavoro, rimpiazzati da robot. In realtà, la tecnologia nelle sue declinazioni più innovative abilita un nuovo modo di concepire il concetto stesso di lavoro, indipendentemente dal settore di attività o dalle mansioni svolte.


La trasformazione delle imprese secondo le logiche 4.0 permette di rispondere ai nuovi trend evolutivi del mercato intervenendo su tre macro-aree:
1. Efficacia strategica. L’evoluzione delle nuove tecnologie – e, in particolare, la possibilità di connettere sempre più oggetti che partecipano attivamente alla produzione e trasmettono informazioni in tempo reale – permette di migliorare la pianificazione delle attività produttive, comprendere preventivamente le esigenze del cliente attraverso i Big Data analytics, riduzione dei costi (il cloud computing determina l’abbattimento dei costi fissi degli hardware e riduce i rischi di attacchi cibernetici). A livello globale, il traffico di dati sarà gestito sempre più da data centre cloud (da 3,9 a 14,1 zettabyte all’anno tra il 2015 e il 2020, arrivando a rappresentare il 92% dell’intero carico di lavoro).
2. Efficacia, efficienza e qualità delle operation. In tal caso, i benefici si dispiegano nella riduzione dei costi operativi delle attività produttive, post-vendita e di back-office, con un impatto in termini di sicurezza, flessibilità e scalabilità dei processi. Tecnologie come il cognitive computing permettono di anticipare le dinamiche della domanda di un prodotto, regolando contemporaneamente l’approvvigionamento di materie prime e la produzione. Una tecnologia-chiave dell’Industria 4.0 è la robotica avanzata, che permette di ridurre la durata dei processi grazie alla capacità dei robot di coniugare all’interno dello stesso strumento forza meccanica e precisione nanometrica. Inoltre i robot collaborativi (cobotics) possono essere impiegati in processi di lavorazione particolarmente ripetitivi e usuranti, senza contare che possono svolgere compiti pericolosi per l’uomo, come le produzioni in cui si è a contatto con prodotti chimici dannosi o in ambienti a elevate temperature.
3. Efficacia commerciale. Le tecnologie digitali contribuiscono a rafforzare la relazione con il cliente (prima, durante e dopo la vendita): grazie alla enorme disponibilità di dati è possibile analizzare e interpretare le abitudini del cliente così da sviluppare un prodotto che lo attragga e soddisfi le sue aspettative; inoltre, anche durante l’utilizzo del prodotto, con l’Iot è possibile tracciarne i dati per individuare possibili criticità ed intervenire tempestivamente per migliorare la customer experience.

Sono sei principali ambiti in cui si dispiega la trasformazione del modo di lavorare in azienda: si tratta di tendenzeche già oggi si stanno manifestando (per accentuarsi ancor più negli anni a venire) in tutte le imprese – indipendentemente dalla tipologia di attività svolta o dalle dimensioni – e che l’area Hr deve tenere in considerazione nella definizione (e nel ripensamento) di policy e strumenti aziendali.

Future workplace. Un aspetto che caratterizza il lavoro di oggi e che può trovare un punto di approdo nella digitalizzazione è la gestione dei flussi di comunicazione: le aziende sono alla ricerca di strumenti innovativi che possano sostituire le e-mail, ritenute spesso invasive e poco pratiche, così da alleggerire il lavoro e ridurre lo stress dei dipendenti (ad esempio, piattaforme di comunicazione integrata, strumenti di messaggistica istantanea per lo scambio di informazioni meno formali eccetera). Nel mondo ogni giorno vengono scambiati circa 250 miliardi di e-mail, si prevede che il numero aumenterà di circa 4,5% ogni anno, fino a raggiungere i 320 miliardi nel 2021. Oggi, a livello globale, ci sono 3,5 miliardi di utenti circa con un account e-mail. Il lavoratore in futuro sarà sempre più messo in relazione con una macchina, nello svolgimento di mansioni tanto nel settore manifatturiero quanto in quello dei servizi. Oltre allo sviluppo di competenze digitali per imparare a gestire le macchine, occorre anche sviluppare skill di natura soft e di tipo trasversale, che permettano di avere ricadute positive sulla produttività aziendale.

Robotica e digital transformation. A oggi l’Italia è tra i Paesi che utilizzano maggiormente tecnologie automatizzate nell’industria: si contano in media 160 robot industriali ogni 10mila dipendenti nella industria manifatturiera rispetto ai 150 della Spagna e ai 127 della Francia.

L’utilizzo delle tecnologie 4.0 nella produzione industriale e dei servizi garantisce il raggiungimento di alcuni benefici per i lavoratori e per l’offerta delle imprese:
Minore sforzo fisico e maggiore sicurezza sul luogo del lavoro: l’utilizzo di robot collaborativi (i cosiddetti “cobot”) può ottimizzare notevolmente la produzione ed eseguire i lavori più rischiosi per i dipendenti;

Passaggio da lavori routinari a mansioni di supervisione e controllo, con accelerazione dei processi di decision making: in Italia, il 55% dei lavoratori dichiara di svolgere delle funzioni routinarie e monotone, che potrebbero essere delegate alle macchine per lasciare spazio a mansioni più stimolanti;

Maggiore qualità ed efficienza nella produzione e fornitura di servizi (si pensi alla sensoristica predittiva): l’integrazione dei macchinari esistenti con sensori permette di verificare il funzionamento del sistema e dei processi in modo predittivo, così da individuare per tempo eventuali malfunzionamenti e ridurre il fermo macchina insieme ai consumi di energia e materiale.

Se l’automazione e la robotica comportano una serie di vantaggi per i lavoratori, è necessario allo stesso tempo un ripensamento di ruoli e responsabilità, dato che una parte attuale della manodopera è potenzialmente a rischio: si stima infatti che in Italia la percentuale di occupati a rischio automazione sia pari al 14,9%, ovvero 3,2 milioni di persone. Tra i settori maggiormente esposti alla sostituzione uomo-macchina vi sono agricoltura e pesca (25%), commercio (20%) e l’industria manifatturiera (19%).

Da queste prime considerazioni emerge come le mansioni lavorative a “rischio sostituzione” più basso siano caratterizzate da:
Non ripetitività.
Capacità creative e innovative.
Complessità intellettuale e operativa.
Capacità relazionali e sociali.

L’evoluzione tecnologica non comporterà solo la scomparsa di alcune mansioni lavorative, ma sarà capace anche di generare nuovi posti di lavoro: per ogni posto di lavoro nato nei settori legati alla tecnologia, alle life science e alla ricerca scientifica si stima che siano generati – per effetti diretti, indiretti e indotti – ulteriori 2,1 posti di lavoro.

Per restare al passo dell’evoluzione tecnologica e sfruttare pienamente le sue potenzialità in ambito lavorativo, occorre però sviluppare nuove competenze su più fronti, a seconda del settore di attività.

Gestione del cambiamento e organizzazione agile. Ne sono già un chiaro esempio i luoghi di Co-Working (in Italia ve ne sono 349 in tutto), che offrono anche uno spettro ampio di servizi utili come segreteria, consulenze legali e simili e che sono utilizzati in larga parte dalle start up. In Italia, tuttavia, questo fenomeno ha ancora una rilevanza contenuta rispetto ad altre realtà europee. Le aziende che utilizzano sistemi cloud è pari al 22% rispetto al 57% della Finlandia, al 48% della Svezia e al 42% della Danimarca, Paesi leader in Europa. La percentuale di aziende che ha intrapreso iniziative strutturate di smart working nel 2016 era pari solo al 30%. Dai dati emerge però un trend di crescita: infatti nel 2015 il 37% delle grandi aziende italiane dichiarava una possibile introduzione futura dello smart working e la percentuale di quelle che hanno in essere iniziative strutturate è salita dal 17% al 30% in un solo anno (tra il 2015 e il 2016). I benefici dello smart working sono apprezzati dai lavoratori, che sono inclini ad abbracciare l’iniziativa quando il luogo di lavoro lo permette: ad esempio, in Italia ci sono più di 250.000 “smart worker” – cresciuti dal 5% al 7% dei lavoratori italiani tra il 2013 e il 2016 – attraverso diversi strumenti quali social network (instant messaging, webconference, convergenza fisso-mobile), device mobili, ecc.. Lo smart worker medio ha 41 anni e nel 69% dei casi è uomo, nel 31% donna (fonte: Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano).

Il talento dei Millenials. I Millennials, ovvero le persone nate tra il 1980 e il 1995, sono gli individui target delle policy aziendali riguardanti il talent management . Con i Millennials si è introdotta nella società una nuova concezione di lavoro: nel prossimo anno più di un Millennial su quattro lascerà il suo posto di lavoro per spostarsi altrove. Il recruiter ha a disposizione moltissime informazioni che riguardano il candidato e possono così scegliere il verdetto della selezione. Ciò che manca, e che potrebbe essere abilitato con le nuove tecnologie, è un Big Data Analytics “predittivo”, in un’ottica di machine learning che metta a disposizione i dati per ottenere le risposte specifiche che l’azienda cerca, anche in ottica predittiva, analizzando le caratteristiche hard e soft del candidato e individuando il percorso di carriera a lui più indicato.

Age management. Le principali sfide per le imprese legate all’age management sono due:
Comprendere le esigenze dei propri dipendenti più senior (e adattare di conseguenza l’ambiente di lavoro);
Favorire il trasferimento reciproco delle conoscenze tra generazioni. Da una parte ci sono le digital skill nelle quali sono i profili più senior ad avere maggiori lacune che possono però essere recuperate dal trasferimento di competenze da parte dei più giovani che possono apprendere, a loro volta, dai colleghi dotati maggiore esperienza professionale.

Il trasferimento delle competenze digital ai lavoratori più senior non è una questione banale perché, nel caso in cui tale necessità non viene colmata, il rischio è che la domanda di nuovi profili resti insoddisfatta: si stima che il numero di posti vacanti in Ict in Italia passerà dai 33mila del 2015 ai 135mila nel 2020, il che significa una crescita del 309%.

Anche in questo caso, la tecnologia può rispondere ai bisogni dell’azienda attraverso piattaforme online di lifelong learning per tutte le necessità (ad esempio, corsi di management, strategia, competenze digital eccetera). Dall’altra parte emerge la necessità di prevedere uno scambio continuo di informazioni tra profili senior e i più giovani attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici e digitali (come messaggistica istantanea e integrata, team multigenerazionali e multidisciplinari eccetera).

Welfare aziendale. Oggi un numero crescente di imprese in Italia ha adottato policy di welfare aziendale, le cui soluzioni coprono un ampio ventaglio di ambiti: si spazia dai servizi assicurativi e sanitari a quelli di previdenza integrativa e finanziari, dai servizi per la persona a convezioni con esercizi commerciali e studi professionali, fino a corsi di formazione e attività per favorire la conciliazione vita–lavoro.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: