mercoledì 28 luglio 2010
Nasce Fabbrica Italiana Pomigliano, la «newco» presieduta da Sergio Marchionne, con l’intenzione di riprendere i lavoratori dello stabilimento napoletano che accetteranno le nuove intese. Oggi il vertice su Mirafiori e la Serbia Sindacati convocati domani per discutere l’addio al contratto.
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Fiat 2, la clonazione: nuova società per Pomigliano e nuovo contratto di lavoro su misura dell’auto globale. Dopo avere ridisegnato la struttura del gruppo (con lo spin off delle quattro ruote) Sergio Marchionne «scorpora» anche le relazioni industriali. Alla vigilia del tavolo di questa mattina a Torino sul futuro di Mirafiori e degli stabilimenti italiani, il Lingotto ha fatto filtrare la doppia notizia, che conferma le indiscrezioni degli ultimi giorni. La prima riguarda la new company (newco), costituita già lo scorso 19 luglio: si chiama «Fabbrica Italia Pomigliano», è interamente controllata dalla Fiat e presieduta dallo stesso  Marchionne: dovrà rilevare lo stabilimento Gian Battista Vico e gestire il rilancio della produzione con l’arrivo della Panda. Assumerà con un nuovo contratto (assorbendo le clausole contenute nell’accordo con i sindacati sottoposto a referendum) i 5.000 lavoratori della fabbrica campana. La seconda novità non è ancora ufficiale ma non viene smentita dal Lingotto. Dopo l’incontro di oggi, Fiat ha infatti convocato i sindacati anche per domani e in quella sede comunicherà la disdetta degli accordi vigenti, tra i quali il contratto nazionale di lavoro metalmeccanico, firmato nel 2009 con un accordo separato (senza la Fiom) e valido fino a tutto il 2012. L’incontro si svolgerà in due tappe: un primo round con i tutti i sindacati per discutere dell’attuazione di Fabbrica Italia e un secondo passaggio con le sigle firmatarie dell’intesa di Pomigliano (Fim, Uilm, Fismic e Ugl): la disdetta dovrebbe essere comunicata in questo contesto. A corollario di questa scelta la newco appena costituita non aderirebbe all’Unione industriale campana proprio per evitare di applicare fin da subito il contratto nazionale.La prova di forza di Marchionne ha suscitato reazioni e preoccupazioni nel mondo sindacale e politico. Anche se alcuni leader attendono prima di esprimersi di avere più chiaro il quadro delle intenzioni Fiat nei due incontri di oggi e domani.«L’uscita dal contratto nazionale? Non la voglio nemmeno prendere in considerazione», afferma il segretario della Uil, Lugi Angeletti. «Non credo che la Fiat possa non applicarlo – aggiunge –. Può fare una cosa ovvia: quando scadrà potrebbe non applicarlo più e allora dovrà negoziare con i sindacati un nuovo contratto». La mossa non piace nemmeno al ministro del Lavoro Maurizio Sacconi che ieri ha invitato la Fiat a non fare «scelte unilaterali».  La Fiom con il segretario Maurizio Landini afferma che «se la Fiat pensa per attivare la newco di arrivare alla disdetta del contratto nazionale, sarebbe un atto senza precedenti, un fatto grave e inaccettabile».Approva invece l’ex presidente di Federmeccanica, Massimo Calearo, oggi deputato dell’Api, che definisce Marchionne «precursore dei nuovi rapporti industriali in Italia». Mentre il senatore pd Tiziano Treu si dice «preoccupato»: «Il problema è come fermare questa ondata – sottolinea – e su questo anche il governo deve dire qualcosa. Poi però sarà necessario ripensare alle regole di sistema». Per l’ex ministro «lasciare il contratto nazionale è una rottura netta del sistema ed è come dire che neppure con gli aggiustamenti introdotti a Pomigliano è possibile lavorare in Italia».È dunque una vigilia molto tesa quella che ieri ha preceduto l’incontro convocato oggi alla 10 a Torino dal ministro Sacconi con azienda, sindacati ed enti locali la quale dovrebbe essere presente lo stesso Sergio Marchionne. Sul tavolo il nodo di Mirafiori dopo la decisione di produrre in Serbia il nuovo monovolume L0 e più in generale il piano di rilancio degli stabilimenti italiani prevista da Fabbrica Italia. Sindacati e istituzioni si attendono la conferma degli investimenti (20 miliardi in 5 anni) e dei livelli produttivi (1,4 milioni di auto) annunciati ad aprile. «La partita è più che mai aperta e sono ottimista per la sua soluzione», afferma Sacconi che crede «nella volontà degli attori e nella loro consapevolezza di quanto sia alta la posta in gioco». Una posta che riguarda ormai, insieme al futuro dell’industria dell’auto e dell’occupazione, l’intero sistema delle relazioni sindacali.
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