Per aumentare l'occupazione servono politiche industriali che facciano crescere le aziende e politiche formative che facciano crescere le persone. Questa la convinzione di Federmeccanica che lancia il manifesto Più impresa! articolato in cinque punti: «Più metalmeccanica, più istruzione e formazione, più innovazione, più flessibilità, più competitività». Anche in vista della legge di Bilancio, Federmeccanica chiede di rendere strutturali i finanziamenti degli investimenti, di ridurre il costo del lavoro, di non abbandonare ma anzi di incentivare l'alternanza scuola-lavoro, di combattere la burocrazia.
L'obiettivo - ha spiegato nel corso di una conferenza stampa il direttore generale Stefano Franchi - è affermare la centralità del manifatturiero e in particolare della metalmeccanica, «motore dell'economia italiana»: il settore rappresenta infatti l'8% del Pil, quasi il 50% dell'export nazionale e occupa 1.700.000 lavoratori. «Servono - recita il manifesto - politiche industriali mirate e
azioni coordinate a livello europeo per fronteggiare le tensioni commerciali globali».
Secondo Federmeccanica, il 48% delle aziende del comparto non riesce a reperire persone per le competenze necessarie: di conseguenza, occorre incentivare l'alternanza scuola lavoro e l'apprendimento permanente. La metalmeccanica produce il 100% dei beni di investimento attraverso i quali trasferisce tecnologia a tutti i settori e ai diversi rami dell'economia: per questo Federmeccanica chiede a governo e Parlamento di "rendere strutturali e potenziare i finanziamenti degli investimenti in macchinari, processi, modelli di business innovativi e nella creazione di competenze funzionali ad Industria 4-0. La federazione invoca poi maggiore flessibilità per dare alle aziende la possibilità di adattarsi ai cambiamenti: «La flessibilità - ha tenuto a far notare Franchi - non è precarietà. Il 96% dei lavoratori metalmeccanici è a tempo indeterminato e il 40% dei contratti stabili sono trasformazioni di contratti flessibili. Gli imprenditori chiedono poi all'esecutivo di ridurre il costo del lavoro e di incentivare con detassazione e decontribuzione ogni forma di collegamento tra salari e produttività. Infine, sostengono la necessità di abbattere la burocrazia, che secondo il World economic forum è al primo posto tra i fattori problematici per fare impresa in Italia.
«Ci deve essere più attenzione alle nostre imprese e l'industria deve essere al centro del dibattito in ogni occasione. Lanciamo un messaggio forte, chiaro e semplice con due sole parole: più impresa», ha dichiarato il vicepresidente Fabio Astori, sottolineando la «necessità che gli imprenditori possano sedersi al tavolo di confronto con chi definisce le politiche economiche».
Servono politiche industriali che facciano crescere le aziende e politiche formative che facciano crescere le persone. Il 48% delle imprese non trova personale
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