venerdì 26 maggio 2017
Nel 2016 crescono di +1% rispetto all’anno precedente. È la prima volta che si verifica l’inversione del trend occupazionale dal 2011. Indagine presentata in occasione dell'Assemblea in Vaticano
Un momento dell'Assemblea nazionale di Federmanager che si è tenuta oggi in Vaticano

Un momento dell'Assemblea nazionale di Federmanager che si è tenuta oggi in Vaticano

COMMENTA E CONDIVIDI

Nel 2016 il numero dei manager nel settore industria è cresciuto di +1% rispetto all’anno precedente. È la prima volta che si verifica l’inversione del trend occupazionale per questa categoria che, dal 2011 a oggi, si è trovata sempre penalizzata (-6% nell’intervallo 2011-2016). I nuovi manager si trovano tutti nella fascia degli over 55 (+6% nel 2016), mentre tiene l’andamento di chi ha tra i 45 e i 55 anni. Va peggio per i più giovani: -3,2% di under 40 in un solo anno. Nel periodo 2011-2016 si è perso un manager junior ogni due (-47,7%).

«Dalle nostre elaborazioni vediamo un primo segnale di ripresa: far tornare il segno “più” sulla situazione occupazionale del management dà speranza a noi come Organizzazione di rappresentanza ma soprattutto è un’iniezione di fiducia per lo sviluppo del Paese - spiega il presidente di Federmanager,
Stefano Cuzzilla -. L’occupazione si crea con la crescita, e non si cresce se non si fa industria. Per la ripresa del settore industriale gli investimenti in infrastrutture e tecnologie rischiano di restare lettera morta se non sono accompagnati da investimenti nel capitale umano, soprattutto in quello ad alta qualifica professionale che ha la responsabilità delle scelte sul futuro delle aziende italiane».

La fotografia del management industriale proviene dall’Osservatorio Federmanager su dati Inps ed è stata presentata in occasione dell’Assemblea nazionale della Federazione, che si è tenuta oggi in Vaticano. Il trend occupazionale del management risulta comunque sfavorito dalla performance delle imprese industriali con almeno un manager in organico che sono, complessivamente, sempre meno numerose ( -3,6% rispetto al 2015). Soffrono in particolare le piccole imprese, in flessione del 10% tra il 2011 e il 2016 (-0,3% nel 2016). Guardando esclusivamente i dati dell’ultimo anno, inoltre, le imprese che vantano al massimo tre manager in organico riducono ancora la propria forza manageriale (-0,6% rispetto al 2016), mentre le grandi imprese, quelle con oltre 50 manager, la irrobustiscono di un +0,8%. Sono le realtà di media dimensione (da 11 a 50 manager), a fare il salto di qualità crescendo di un +3,5% nel 2016.

«C’è un tessuto industriale vivace che dobbiamo sostenere e che è rappresentato dalle aziende di medie dimensioni che stanno reagendo alla crisi. Questo è il momento per trovare strumenti adeguati per far lavorare insieme imprenditori e manager - afferma Cuzzilla -. Se politica e istituzioni faranno le giuste scelte, a partire dalla prossima Legge di Bilancio, l’obiettivo di politica economica di un’industria al 20% del Pil tornerà a essere percorribile».

«Bisogna innanzitutto mettere in campo un Piano nazionale di sviluppo del capitale umano», rilancia il presidente di Federmanager, «che favorisca l’inserimento delle figure manageriali qualificate soprattutto nelle piccole aziende. Se non agevoliamo l’apporto di competenze preparate a gestire le opportunità digitali, questa ricchezza che chiamiamo made in Italy sarà presto schiacciata dalla selezione “darwiniana” della cosiddetta Quarta rivoluzione industriale».

«Il tema non è la tecnologia. Il tema vero è consentire la modernizzazione del Paese attraverso formazione delle risorse umane e valorizzazione dei talenti», aggiunge. «Per questo, sia autonomamente sia nell’ambito della bilateralità con Confindustria e Confapi, stiamo mettendo in campo progetti operativi per sostenere le persone, la loro creatività e capacità di fare, direttamente sui territori, dove va piantato il seme dell’innovazione».

Tra le priorità individuate e presentate in Assemblea nazionale anche indicazioni di politica economica: il rilancio del Mezzogiorno, attraverso un piano condiviso che istituisce “zone franche” e hub per l’innovazione; una riforma del fisco, a partire da Irpef e cuneo fiscale; provvedimenti contro l’evasione fiscale; maggiori investimenti pubblici in economia e in ricerca e sviluppo; adozione di misure di agevolazione fiscale per l’inserimento delle professionalità ad alta qualifica nelle imprese.

Rivolgendosi all’Europa, inoltre, i manager industriali hanno lanciato un messaggio preciso attraverso le parole del presidente Federmanager: «Auspichiamo un’unione fiscale che metta un punto fermo sull’attrazione di capitali finanziari e una maggiore vigilanza sul sistema del credito. Difesa, immigrazione, fisco e politica monetaria sono le tracce per costruire un’Europa più politica e più forte».

«Su energia, Industria 4.0, infrastrutture, trasporti e logistica, siderurgia, sanità, chimica e farmaceutico abbiamo messo in campo idee e soluzioni creando Commissioni tematiche all’interno del nostro sistema federale. Non c’è tema, tra questi - conclude il presidente – che non debba essere sviluppato nella dimensione comunitaria».

All’Assemblea hanno partecipato il cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; Sandro Gozi, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio per le Politiche e gli Affari Europei; Roberto Gualtieri, presidente Commissione Problemi Economici e Monetari, Parlamento Europeo; Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria. Relazione conclusiva di Mario Cardoni, direttore generale di Federmanager con un intervento sul tema Le competenze per vincere la sfida della Digital Transformation.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: