lunedì 8 luglio 2013
​Secondo i dati di un’indagine svolta nel 2012 da Dale Carnegie Training a livello mondiale, nel nostro Paese solo tre persone su dieci sono pienamente soddisfatte del proprio lavoro e della propria azienda.
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Nei periodi di crisi il rilancio aziendale deve necessariamente passare dall’investimento sul fattore umano, prima ancora che su quello organizzativo o tecnologico. Esiste, infatti, una correlazione diretta tra la redditività aziendale e le performance delle persone che vi lavorano: più queste ultime sono coinvolte, soddisfatte e orgogliose del proprio lavoro, più aumentano le vendite e i profitti e si riducono le spese legate al turnover. Lo sostengono diverse ricerche.«Serve soprattutto un cambiamento radicale di prospettiva - spiega Sergio Borra, amministratore delegato di Dale Carnegie Training Italia - che porti le aziende a considerare i dipendenti non risorse da gestire, ma persone da valorizzare, ispirare e sulle quali investire.  Il primo passo in questa direzione è stimolare una comunicazione aperta tra top manager, capi, collaboratori e colleghi, creando un ambiente di lavoro positivo e costruttivo. Coinvolgere i collaboratori e renderli entusiasti del proprio lavoro significa trasformarli in “soci” e “imprenditori” dell’azienda, stimolando il senso di appartenenza, la fiducia e l’orgoglio di farne parte».
 
Il problema è che in Italia sono ancora poche le aziende che praticano la cultura dell’engagement, ossia del "fidanzamento", del coinvolgimento razionale ed emotivo dei collaboratori nei confronti della propria impresa. Secondo i dati di un’indagine svolta nel 2012 da Dale Carnegie Training a livello mondiale (in collaborazione con Msw Research; coinvolti 4.550 lavoratori provenienti da 31 nazioni appartenenti alle regioni  dell'America Latina e del Nord America), nel nostro Paese solo tre persone su dieci sono pienamente soddisfatte del proprio lavoro e della propria azienda.Ciò che crea un vantaggio competitivo sostenibile per l’azienda è la forza lavoro, vale  a dire le persone che ogni giorno lavorano in azienda e contribuiscono a darle vita. Per questo è importante che tutte siano razionalmente ed emotivamente coinvolte nella propria azienda e mosse dal desiderio di realizzare performance eccellenti. All’impegno di tutti deve però sommarsi la responsabilità degli imprenditori e del top management di rapportarsi nella maniera migliore con le proprie persone, creando relazioni interpersonali solide e durature. Perché – se è vero che la creazione di un ambiente lavorativo completamente soddisfacente richiede un grande cambiamento a livello generale – è indiscutibile che sia il top management a svolgere un ruolo cruciale nello sviluppo di una cultura organizzativa dell’engagement. «In tal senso - conclude Borra -  i dati della ricerca citata sono chiari: le principali leve di engagement sono la fiducia nei confronti del top management e del proprio capo, così come la soddisfazione per il proprio lavoro e nei confronti dei valori della propria azienda. Tali dinamiche sono direttamente collegate a emozioni positive quali sentirsi valorizzati, ispirati, pieni di energia, entusiasti e orgogliosi. Questi sentimenti positivi sono attivati – in particolare – da manager che possono essere definiti attenti e premurosi, che interagiscono con i propri collaboratori e si interessano a loro come persone».
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