mercoledì 27 novembre 2013
Il made in Italy piace. Soprattutto all'estero. E in particolare negli Stati Uniti. Tra i requisiti necessari: inglese, tedesco (molto richiesto attualmente). Mentre su tutte le figure commerciali è quasi sempre richiesta la provenienza dallo stesso settore.
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Il made in Italy piace. Soprattutto all'estero. E in particolare negli Stati Uniti. Secondo le analisi condotte da Doxa su più di 5mila aziende di piccole e medie dimensioni, emerge chiaramente come le imprese italiane che hanno commercializzato i propri prodotti on line oltre confine sono riuscite a compensare meglio la crisi o addirittura hanno ottenuto un incremento nel proprio fatturato. Al crescere del livello di maturità digitale, aumenta la percentuale di Pmi che intrattengono rapporti internazionali di vario tipo, nonché la percentuale di imprese che fanno export, con risultati molto promettenti per le imprese di minori dimensioni.In particolare, la percentuale di piccole imprese che intrattengono relazioni con l’estero – grazie all’uso maturo di strumenti digitali – è quattro volte superiore alla percentuale di aziende non digitalizzate. Al crescere del livello di maturità digitale, cresce anche la percentuale di aziende che esportano, passando dal 55% delle non digitali al 67% delle imprese avanzate da un punto di vista digitale.Non solo, maturità digitale ed export hanno un impatto diretto anche sul fatturato: le imprese digitalmente avanzate dichiarano – in media – che il 24% del fatturato derivante dall’export è realizzato proprio attraverso il canale digitale. Il trend di questo fenomeno trova un’ulteriore conferma allargando il campo dell’indagine alle imprese di medie dimensioni: al crescere del livello di maturità digitale cresce la propensione all’internazionalizzazione e all’esportazione. Anche in questo caso, al crescere del livello di maturità digitale, cresce la percentuale di imprese che esportano, passando dal 74% delle non digitali, all’87% di quelle avanzate. Infine, la percentuale di fatturato derivante dall’export realizzata attraverso e-commerce è pari al 39%, segnale del potenziale insito nel web come canale incrementale per l’export."Ecco il motivo - spiega Marco Durante, executive manager di Page Personnel - per cui la figura dell’export manager è diventata, negli ultimi tempi, una delle più richieste, perché diventa indispensabile conquistare nuovi mercati. Dal 2010 in poi le aziende che hanno deciso di assumere e/o potenziare l’organico, hanno investito sull’estero". Tra i requisiti necessari: inglese, tedesco (molto richiesto attualmente).  Mentre su tutte le figure commerciali è quasi sempre richiesta la provenienza dallo stesso.Tra i requisiti necessari: inglese, tedesco (molto richiesto attualmente).  Mentre su tutte le figure commerciali è quasi sempre richiesta la provenienza dallo stesso settore.  Gli Usa offrirebbero ottime opportunità alle pmi e ai manager italiani. Gli statunitensi  importano dalla Germania dal 22 al 29% dei prodotti alimentari. Dall’Italia solo il 20%. Il mercato americano, che potrebbe offrire occasioni molto concrete alle imprese italiane, attanagliate da un mercato domestico asfittico e con poche speranze di ripresa, risulta essere ancor assai poco sfruttato dalle nostre imprese. Perché? "Rispetto a Paesi come Cina, Brasile, India e Russia - afferma Lucio Miranda, fondatore della società di consulenza ExportUSA – dove inserirsi sul mercato è sempre difficoltoso, gli Stati Uniti offrono un sistema politico e giuridico stabile e imparziale, regole di diritto certe, una burocrazia snella, infrastrutture e servizi sviluppati, una logistica impeccabile e un settore pubblico efficiente. Eppure incontriamo molte aziende italiane che magari vorrebbero esportare, ma spesso non sanno come fare o magari si spaventano o pensano di non essere all’altezza".  Gli Usa, quindi, offrono opportunità che le aziende italiane non possono più permettersi di non cogliere.
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