lunedì 7 dicembre 2009
La metropoli lombarda ci crede nonostante la crisi, che obbliga a scelte più sobrie. Ad aprile sarà presentato a Parigi il «masterplan», dopo di che inizierà la grande corsa finale, non priva di ostacoli. Ma il peggio, legato al braccio di ferro per la poltrona principale, appare ormai passato.
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La falsa partenza, le beghe politiche e i conti che non quadrano. Il lungo cammino verso l’Expo del 2015 è stato un susseguirsi di ostacoli e imprevisti. La società di gestione si è insediata solo a marzo di quest’anno, dopo il lungo braccio di ferro sul nome di Paolo Glisenti, l’uomo che il sindaco Letizia Moratti voleva mettere al ponte di comando. Ma che ha incontrato strenue resistenze, in particolare romane, e che poi è stato sostituito da Guido Stanca, ex ministro dell’Innovazione, scelto direttamente dal premier Silvio Berlusconi.E il futuro, complice lo spettro della crisi economica, sembra altrettanto incerto. Sono passati quasi due anni dall’assegnazione dell’esposizione universale. Milano strappò la vittoria alla turca Smirne il 31 marzo del 2008 grazie a un intenso lavoro di squadra tra il governo Prodi e le amministrazioni di centrodestra, ma ancora la strada che resta da fare è davvero tanta. Anche perché i tempi stringono: l’Expo aprirà i battenti il primo maggio del 2015, tra poco più di cinque anni. Un’inezia in un paese dove la lentezza della burocrazia, i ricorsi contro l’assegnazione degli appalti e altri mille cavilli rendono un miraggio la realizzazione in tempi certi di qualsiasi genere di opera pubblica.Milano però punta in alto, guardando a Shangai (che ospiterà l’Expo l’anno prossimo) e sperando con questo evento, che sulla carta promette ventuno milioni di visitatori in sei mesi, settantamila posti di lavoro e un indotto di quarantaquattro miliardi di euro (almeno in base a quanto stabilisce una recente stima effettuata da Unicredit), di dare un’accelerata a tanti progetti rimasti nel cassetto.Metrò e quartieri da ridisegnare e un intervento innovativo nel sito scelto come sede dell’Expo a pochi passi dal polo esterno della Fiera di Rho-Pero. Si parte con una marcia in più: l’accessibilità alla zona è già ampiamente garantita da metrò, ferrovie e collegamenti stradali che dovranno semplicemente essere potenziati.E mentre per le opere "connesse" al grande appuntamento la partita dei finanziamenti è tutta da giocare, per il sito dove sorgeranno i padiglioni i soldi sono già stati messi a bilancio da Stato e enti locali (sia pure spalmati nel corso degli anni).In tutto 4,1 milioni di euro di cui 1,2 legati alla realizzazione del sito, 1,8 alla connessione al territorio, compresi i parcheggi, lo sviluppo di percorsi via terra e via acqua, e novecento milioni destinati all’organizzazione e alla gestione dell’evento.L’area di 1,1 milioni di metri quadrati è di proprietà della Fondazione Fiera per il 50 per cento, del gruppo Cabassi per il 30 per cento, mentre Comune di Milano, Comune di Rho e Poste italiane (che qui hanno un centro di smistamento) si dividono le quote restanti.Un puzzle di terreni che in un primo momento si era anche pensato di acquisire in comodato d’uso: ma adesso gli amministratori della società di gestione propendono per l’acquisto, in quanto si ritiene che darebbe maggiori garanzie. La partita però è ancora apertissima.I lavori di realizzazione del sito espositivo inizieranno solo nel 2012, ma l’idea di fondo c’è già: niente costruzioni avveniristiche (stralciata quasi subito l’ipotesi avveniristica di una torre alta duecento metri che avrebbe dovuto diventare il simbolo dell’Expo), ma una struttura leggera e sostenibile dal punto di vista ambientale. Rigorosamente ad emissioni zero. In linea, con il tema prescelto, «Nutrire il pianeta, energia per la vita» legato all’alimentazione e alla povertà.Il concept plan elaborato dalla consulta di architetti, presieduta dal milanese Stefano Boeri, prevede un maxi orto botanico fatto di serre e terreni in grado di riprodurre tutti i climi della Terra: dalla tundra al paesaggio mediterraneo, dalle foreste tropicali al deserto.Il tutto dovrà essere circondato da una rete di canali navigabili e attraversato da un viale lungo un chilometro e mezzo con negozi e teatri. Poche costruzioni e molte strutture leggere. Una risposta a chi si aspettava colate di cemento e grattacieli.Adesso, però, bisognerà passare, senza perdere tempo, dall’ideazione alla progettazione: per questo è stato creato un ufficio composto da giovanissimi architetti e ingegneri che studieranno soluzioni concrete. Tra cinque mesi, entro l’aprile del 2010, bisognerà presentare al Bie il masterplan definitivo, completo di tutti i dettagli. Solo dopo quel passaggio fondamentale l’Expo milanese sarà veramente una realtà.Questa è la seconda volta per Milano, che ospitò l’esposizione universale già nel 1906. Due settimane fa l’amministratore delegato della società Lucio Stanca e il sindaco Letizia Moratti, che ha l’incarico di commissario straordinario per l’Expo, sono volati a Parigi per illustrare lo stato dell’arte. E hanno ampiamente rassicurato il Bie sul pieno rispetto della tabella di marcia.Ancora tutto da decidere, invece, quale sarà il futuro dell’area: l’ipotesi di partenza, quella di un trasloco della struttura dell’Ortomercato, sembra, almeno al momento, avere perso quota. Intanto si sta facendo strada l’idea di creare un nuovo centro di produzione della Rai, di cui si parla da anni, chiudendo la sede storica di corso Sempione.
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