giovedì 12 ottobre 2023
Un patrimonio che vale un fatturato annuo di 1,6 miliardi di euro e conta circa 6mila addetti. Ingenn seleziona 200 profili tra tecnici e ingegneri
Tante le opportunità nel settore aerospaziale

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L'economia dello spazio è il nome del comparto produttivo e finanziario orientato alla creazione e all’impiego di beni e di servizi e allo sfruttamento delle risorse nell’ambito dello spazio extra-atmosferico. Lo scopo è di consentire all’Italia di trasformare il settore spaziale nazionale, un patrimonio che vale un fatturato annuo di 1,6 miliardi di euro e dà lavoro a circa 6mila addetti. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso - con il contributo del presidente di Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine Luciano Violante, il direttore di Space Economy Evolution Lab-See Lab e professor of practice di Space economy presso la Sda Bocconi School of Management Simonetta Di Pippo e il presidente dell'European Centre for Space Law Ecsl-Esa e professore di Space Law all'Università Sapienza di Roma Sergio Marchisio - ha messo a punto il primo Rapporto su space economy, space industry e space law. Il Rapporto è stato elaborato a partire dalla consultazione negli ultimi tre anni di circa 150 referenti e propone un'analisi economica e industriale della situazione dello spazio a livello italiano e globale, oltre a possibili interventi legislativi a sostegno dell'industria, della ricerca e delle politiche spaziali del Paese. L’origine della Space Economy coincide con la cosiddetta era spaziale iniziata formalmente con il lancio del satellite sovietico Sputnik 1 il 4 ottobre 1957. Nell’arco dei 15 anni che seguirono, il picco di spesa nel campo degli investimenti spaziali fu raggiunto dal programma Apollo per un costo complessivo di 153 miliardi di dollari e un totale di 400mila persone complessivamente impiegate. Dal 1957 fino al 1999 la Space Economy ha ruotato principalmente attorno alle missioni d’esplorazione scientifica, alle stazioni spaziali e alla messa in orbita di satelliti scientifici e commerciali. L’indotto principale è stato (e continua a essere, almeno nel breve termine) quello dello spin-off aerospaziale, quel processo per cui molte delle tecnologie prodotte per l’impiego extra-atmosferico trovano rapidamente un utilizzo anche in comparti economici e attività pratiche più tradizionali. La Space Economy assume una conformazione nuova a partire dai primi anni 2000 con l’emergere di aziende private e start up (giusto per citarne due, la Blue Origin di Jeff Bezos specializzata nella costruzione di lanciatori riutilizzabili e capsule spaziali e l’ormai celeberrima SpaceX di Elon Musk) caratterizzate da profili aziendali orientati alle attività extra-atmosferiche indipendenti dagli enti spaziali degli stati a cui appartengono. Questa nuova fase prende il nome di New Space Economy ed estende i campi d’interesse anche all’estrazione mineraria sugli asteroidi (la Nasa stima a 700 quintilioni – miliardi di miliardi – di dollari il valore dei minerali presenti nella fascia tra Marte e Giove), al turismo spaziale, e all’inumazione spaziale (a cui verosimilmente assisteremo nel medio-lungo termine). Dopo aver registrato un calo del 4% nel 2020 a causa della pandemia, il settore è arrivato a valere 370 miliardi di dollari (la navigazione satellitare e i sistemi di comunicazione satellitare continuano ad essere i maggiori contributori di crescita, rappresentando rispettivamente il 50% e il 41% del valore complessivo del mercato) e si stima proseguirà la sua corsa con una crescita del +74% entro il 2030, anno in cui dovrebbe raggiungere i 642 miliardi di dollari. L’intero comparto risulta ad oggi formato da 130 agenzie governative, 150 centri di ricerca e sviluppo e ben 10mila aziende. Secondo il rapporto Start-Up Space 2022 di Bryce Tech, il 2021 è stato l’anno dell’avvio di una nuova importante fase di crescita del settore. Gli investimenti nelle start up dell’economia spaziale hanno raggiunto infatti un nuovo record di 15 miliardi di dollari, battendo il precedente di 7,7 miliardi di dollari raggiunto l’anno precedente. Il nostro Paese vanta una lunga tradizione nelle attività spaziali. Terza nazione ad avere mandato in orbita un satellite dopo Urss e Usa, è tra i membri fondatori dell’Agenzia Spaziale Europea, di cui è oggi terzo Paese contributore, con 589,9 milioni di euro nel 2021, dopo Francia con 1.065,8 milioni e Germania con 968,6. L’Italia è inoltre uno dei nove Paesi dotati di un’agenzia spaziale con un budget di oltre un miliardo di dollari all’anno e viaggia tra il 6°/7° posto nel mondo per spese spaziali in relazione al Pil, anche grazie al Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il budget italiano impiegato sullo spazio, infatti, poteva già contare su circa 1.835 milioni di euro di finanziamenti del piano pluriennale dell’Agenzia Spaziale Italiana e 300 milioni di euro per la quota della partecipazione italiana al programma Artemis con la Nasa. A questo budget nazionale si aggiungono poi i 2,3 miliardi del Pnrr, di cui 1,5 miliardi e 800 milioni da fondo complementare. Anche questi ultimi sono stati già integralmente assegnati ai diversi soggetti attuatori. Parliamo quindi di un totale di 4,6 miliardi di investimento italiano nel settore spazio.

Il sistema educativo e le professioni richieste

Il futuro del settore spaziale europeo si basa su un sistema educativo in grado di formare una forza lavoro altamente qualificata. In Europa stanno aumentando i nuovi programmi universitari per formare studenti in ingegneria spaziale, ma anche quelli legati alle specializzazioni nell’ambito della giurisprudenza, degli affari pubblici e dell’economia. Il sistema educativo italiano è caratterizzato da Its-Istituti tecnici superiore. L’Italia ha circa 245 Its e quasi 20 offrono programmi spaziali. L’educazione spaziale italiana è caratterizzata da programmi di laurea e master a partire da quelli in astronomia e astrofisica tipicamente come corsi specialistici delle lauree in fisica. I master dedicati allo spazio rappresentano la quota più alta (43%) del totale dell’offerta nazionale, mentre le lauree triennali sono del 17%. Le regioni italiane più attive nel settore spaziale vantano anche hub per l’istruzione superiore legata allo spazio. Il Lazio ospita importanti compagnie spaziali come Thales Alenia Space e Avio, oltre all’Agenzia spaziale, al Centro di Osservazione della Terra Esrin dell’Esa e un Bic dell’Esa. Inoltre ci sono diversi corsi di formazione, borse di ricerca, nonché dottorati di ricerca e borse di studio post-dottorato erogati attraverso accordi di collaborazione con l’Asi, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). In collaborazione con le università e la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (Crui), l’Asi sostiene specifici programmi nazionali e internazionali. Il settore dell’istruzione europeo dovrebbe cercare di rivolgersi a “tutte le età” e al “nuovo pubblico” rivolgendosi a un pubblico di destinazione non tradizionale e tra questi studenti non Stem (cioè futuri agricoltori, architetti, economisti, avvocati, archeologi, gestori delle risorse eccetera). Tra i profili più richiesti: ingegneri spaziali e in generali tutti i profili tecnico-scientifici in grado di lavorare alla programmazione e alla gestione dei componenti tecnologici per l’esplorazione extra-terrestre ; geologi ed esperti scientifici, necessari per l’analisi dei componenti prelevati da asteroidi, satelliti, pianeti eccetera; project manager, esperti di economia e regolazione normativa dello spazio in grado di interfacciarsi con agenzie, istituzioni e imprese del comparto; big data analyst, perché tutta la ricchezza delle attività spaziali risiede nella capacità di elaborare la mole di informazioni ricavate dalle missioni e dai satelliti.

Ingenn seleziona 200 tra tecnici e ingegneri

Ingenn ricerca oltre 200 professionisti in ambito Engineering & Manufacturing. La ricerca di profili qualificati in ambito industriale non si ferma e continua a essere trainata da una domanda che si mantiene elevata. Per il prossimo trimestre, infatti, è previsto l’ingresso di 275mila figure all’interno del settore manifatturiero, insieme con 196mila entrate già in programma per il comparto delle costruzioni. A ricercare tali profili sono soprattutto industrie metalmeccaniche ed elettroniche, aziende operanti in ambito metallurgico, farmaceutico e industrie alimentari. Per quanto concerne la distribuzione territoriale, in ambito manifatturiero la richiesta di profili qualificati riguarda per il 30,4% le imprese collocate a Nord ovest, per il 28,1% quelle del Nord est, mentre le percentuali relative alle regioni del Centro e al Sud e alle isole si attestano rispettivamente al 19,5% e 22%. Milano, Brescia, Torino e Vicenza si posizionano in cima alla lista delle città per cui si prevedono più entrate e dietro di loro si accodano Napoli, Bergamo, e Firenze. Prendendo invece in considerazione unicamente il settore delle costruzioni, la situazione muta: qui sono le imprese del Sud e delle isole a trainare la domanda di figure professionali (41,1%), seguite da quelle del Nord ovest (21,2%), del Centro (19,5%) e infine del Nord est (18,3%). In questo caso sono Roma, Napoli e Milano a dominare la graduatoria delle province in cui si prevedono più entrate, ma una buona percentuale riguarda anche le città di Bari, Torino, Caserta e Palermo. Tra le figure più richieste attualmente dal mercato si trovano disegnatori e progettisti, tecnici elettronici e responsabili della pianificazione della produzione. La richiesta più ingente di personale riguarda però, ancora una volta, gli operai specializzati e conduttori di macchine: tra questi carpentieri, saldatori, assemblatori, installatori e riparatori di macchinari e impianti. Chiunque fosse interessato, può visionare le posizioni ricercate e inviare la propria candidatura qui.


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