venerdì 29 maggio 2009
L'analisi del presidente di Bankitalia tra luci e ombre: «La crisi determinerà una del Pil di circa il 5% nel 2009. Molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare per ricreare posti di lavoro, restituire vigore alle imprese e riparare i mercati». E le banche non devono interrompere il credito: l'effetto è la paralisi dell'economia a tutti i livelli.
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La crisi economica determinerà per l'Italia una caduta del pil di circa il 5% nel 2009 secondo le previsioni più aggiornate". È quanto indica il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, nella relazione annuiale di Bankitalia sulla situazione economica del Paese, aggiungendo che "il crollo della domanda estera ha provocato una forte contrazione della produzione industriale e degli investimenti".Draghi mette in rilievo che tra ottobre 2008 e marzo 2009 "il pil è caduto in ragione d'anno di oltre 7 punti percentuali rispetto al semestre precedente". Draghi poi puntualizza che "i recenti segnali di un affievolimento della fase più acuta della recessione provengono dai mercati finanziari e dai sondaggi d'opinione, più che dalle statistiche finora disponibili sull'economia reale".Allarme disoccupazione. Il Governatore di Bankitalia Mario Draghi avverte che i lavoratori in Cassaintegrazione e coloro che cercano appunto un impiego sono già oggi l'8,5% della forza lavoro ma questa quota "potrebbe salire oltre il 10%". Con quali conseguenze? "Proseguirebbe la decurtazione del reddito disponibile delle famiglie e dei loro consumi" e, riducendosi i consumi, "le imprese potrebbero reagire restringendo ancora i loro acquisti di beni capitali e di input produttivi". Per Draghi, comunque, gli interventi del governo a favore delle famiglie meno abbienti e le misure sulla rottamazione "stanno fornendo un temporaneo ausilio".Le riforme e la fiducia per uscire dalla crisi. L'Italia può uscire più forte dalla crisi economica e finanziaria a condizione che il Paese abbia la capacità di guardare più lontano e sappia ricostruire la fiducia. Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, lancia un appello al paese per superare le difficoltà e gli effetti della crisi. Nelle considerazioni finali, Draghi sottolinea che "uscire dalla crisi significa ricostruire" la fiducia. "Non con artifici ma con la paziente, faticosa comprensione dell'accaduto e dei possibili scenari futuri, con l'azione conseguente". Molto è stato fatto, riconosce Draghi, ma "molto resta ancora da fare: per ricreare posti di lavoro, per restituire vigore alle imprese, per riparare i mercati finanziari, per meritare la fiducia dei cittadini". La fiducia è un elemento fondamentale per risalire la china, ma "la fiducia - afferma il governatore - non si ricostruisce con la falsa speranza, ma neanche senza speranza: uscire da questa crisi più forti è possibile". Ogni Paese affronta la crisi con "le sue forze, le sue debolezze, la sua storia. La risposta alla crisi è anchenazionale", dipende insomma dalle scelte che gli italiani faranno. "Negli ultimi 20 anni la nostra è stata una storia di produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi, tasse alte". "Dobbiamo essere capaci - è l'invito di Draghi - di levare la testa dalle angustie di oggi per vedere più lontano. Una risposta incisiva all'emergenza è possibile solo se accompagnata da comportamenti e da riforme che rialzino la crescita dal basso sentiero degli ultimi decenni".Draghi chiude le sue considerazioni indicando in sintesi quanto devono fare le banche, le imprese e anche la politica. Le banche non hanno eredità pesanti nei loro bilanci e quindi "utilizzino questo vantaggio", valutino il merito di credito dei loro clienti con lungimiranza. "Prendano esempio dai banchieri che finanziarono la ricostruzione e la crescita degli anni '50 e '60". Poi le imprese. "Cerchino di continuare l'opera di razionalizzazione iniziata da pochi anni. Proteggano le professionalità accumulate dai lavoratori che torneranno preziose in un futuro speriamo non lontano".Infine un appello alla politica sulle priorità. "Il completamento degli ammortizzatori sociali, la ripresa degli investimenti pubblici, le azioni di sostegno alla domanda e del credito che sono state delineate, avranno gli effetti sperati se coniugati con riforme strutturali: non solo per dire ai mercati che il disavanzo è sotto controllo, ma perchè queste riforme costituiscono la piattaforma della crescita futura". Il ruolo della banche. Le banche non devono allentare la prudenza nell'erogazione del credito ma devono affinare la loro capacità di riconoscere il "merito di credito nelle presenti, eccezionali circostanze". È la raccomandazione rivolta al sistema creditizio del Paese dal Governatore di Bankitalia, Mario Draghi, nel passaggio delle sue Considerazioni finali nel quale tocca uno dei nodi più delicati, quello del 'credit crunch', nei rapporti tra banche e imprese nell'attuale congiutura economica."Il deterioramento dell'economia tende a frenare i prestiti bancari. Ad aprile il tasso di crescita trimestrale del credito alle imprese non finanziarie si è annullato; era del 12% un anno prima. Continuano a rallentare i prestiti alle famiglie", dice Draghi. "Minori investimenti industriali e immobiliari, minori consumi di beni durevoli spiegano parte del rallentamento. Ma è anche l'offerta di finanziamento delle banche ad aver decelerato, innanzitutto per le difficoltà di provvista a medio e a lungo termine". Secondo l'indagine di Bankitalia, l'8% delle imprese ha ricevuto un diniego a una richiesta di finanziamento; è il valore più elevato dalla metà degli anni Novanta; era meno del 3 un anno fa. Oltre il 10% delle imprese dichiara di aver ricevuto, da ottobre, richieste di rimborsi anticipati. Il fenomeno, più intenso nel Mezzogiorno, investe l'intero paese e riguarda anche aziende di dimensione non piccola". Ma, avverte Draghi, "non si può chiedere alle banche di allentare la prudenza nell'erogare il credito; non è nell'interesse della nostra economia un sistema bancario che metta a rischio l'integrità dei bilanci e la fiducia di coloro che gli affidano i propri risparmi". Ma c'è qualcosa che "si può e si deve chiedere alle banche": quella di "affinare la capacità di riconoscere il merito di credito nelle presenti, eccezionali circostanze". Aumentare l'età del pensionamento. Un "graduale incremento dell'età media effettiva di pensionamento". Lo sollecita il governatore di Bankitalia, Mario Draghi che, nelle sue Considerazioni finali, sottolinea la necessità diintrodurre "subito" nella legislazione misure di riduzione della spesa corrente, "senza rinvii a ulteriori atti normativi e a decisioni amministrative". L'aumento dell'età della pensione "assicurerà l'erogazione di pensioni di importo unitario adeguato". Contemporaneamente, dice Draghi, "un più alto tasso di attività nella fascia da 55 a 65 anni innalzerà sia il reddito disponibile delle famiglie sia il potenziale produttivo dell'economia". Il governatore ricorda poi il rendimento negativo, nel 2008, dei fondi pensione negoziali e dei fondi aperti, sottolineando pero" che "questi risultati non devono indurci a modificare il processo, iniziato negli anni Novanta, volto a favorire lo sviluppo di un secondo pilastro". Secondo Draghi " un sistema misto resta nel lungo periodo preferibile a uno basato solo sulla ripartizione" ma può essere opportuno "introdurre qualche correzione e integrazione".
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