martedì 18 dicembre 2018
Slitta al 2020 e riguarda le casse gestite oggi dall'Inps dopo l'inglobamento dell'Inpdap: Ctps, Cpdel, Cpug, Cpi e Cps
Nuova prescrizione dei contributi
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Slitta al 2020 la nuova prescrizione dei contributi dei dipendenti pubblici. La novità riguarda le casse dei dipendenti pubblici, gestite oggi dall’Inps dopo l’inglobamento dell’Inpdap: Ctps (dipendenti amministrazioni statali e università), Cpdel (dipendenti enti locali: Regioni, Province, Comuni eccetera); Cpug (ufficiali giudiziari); Cpi (insegnanti scuole primarie paritarie, pubbliche e private, di asili eretti in enti morali e scuole dell’infanzia comunali); Cps (sanitari: medici Asl eccetera). Lo stabilisce l’Inps nella circolare n. 117/2018.

Il principio base, che vale per tutte le predette casse dei dipendenti pubblici, è quello della prescrizione quinquennale dei contributi non versati. Che significa che dopo cinque anni un contributo non versato va in prescrizione, cioè non è più dovuto. Tale termine, spiega l’Inps, decorre dalla data in cui il diritto può essere fatto valere (ai sensi dell’art. 2935 Codice civile), che per la contribuzione coincide con il giorno in cui l’istituto di previdenza può esigerla. Si tratta, pertanto, della data di scadenza del termine per fare il versamento dei contributi (ossia il giorno 16 del mese successivo quello al quale la contribuzione si riferisce). In caso di non assolvimento dell’obbligo contributivo e di decorso del termine di cinque anni, il diritto alla riscossione dei contributi si prescrive (cioè si estingue) e l’Inps è impossibilitato a richiederla e anche a riceverla, ad esempio nel caso ciò avvenisse in via spontanea da parte del debitore (datore di lavoro).

Mentre il principio della prescrizione è unico per tutte le casse, diversa è invece la sorte che tocca ai lavoratori. A favore di quelli iscritti alle casse Ctps, Cpdel, Cpug e Cps l’Inps rende applicabile l’art. 31, comma 2, della legge n. 610/1952, in virtù del quale i periodi relativi a contributi non versati restano comunque validi (cioè computabili nell’anzianità contributiva) ai fini della maturazione del diritto alla pensione; in tal caso l’Inps li recupera, anche in via coattiva, in misura pari alla cosiddetta “riserva matematica” (cioè la provvista finanziaria necessaria a pagare la quota di pensione relativa al periodo per il quale non sono stati pagati i contributi).

Nel caso di lavoratori iscritti alla cassa Cpi, invece, l’Inps non rende applicabile la medesima norma, ma l’art. 13 della legge n. 1338/1962, con la conseguenza che il periodo relativo ai contributi non versati
non è valido ai fini della pensione (cioè non computabile nell’anzianità contributiva). Le vie possibili al lavoratore sono due:

1) richiedere a carico del datore di lavoro che non ha versato i contributi, la costituzione di una “rendita vitalizia” (di una rendita, cioè, commisurata ai contributi non versati);

2) oppure riscattare il periodo per il quale non sono stati versati i contributi, ma sostenendo la relativa la spesa.

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