venerdì 16 settembre 2016
​Migranti e austerity gli argomenti sui quali a Bratislava il "direttorio" Italia-Francia-Germania si è spaccato. Renzi non partecipa alla conferenza stampa con Hollande e Merkel.
Renzi: se non cambia, la Ue rischia. È strappo
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​Il summit dei leader Ue di Bratislava segna la spaccatura del "direttorio" tra Germania, Francia e Italia, nato appena poche settimane fa a Ventotene. A mostrarlo plasticamente, e volutamente, è il premier Matteo Renzi che tiene la conferenza stampa da solo, in una sala del centro media, mentre nella stanza a fianco la cancelliera Angela Merkel e il presidente Francois Hollande si presentano congiuntamente ai giornalisti.
"Se Francia e Germania vanno d'accordo su alcune questioni sono felice per loro. Io non sono soddisfatto sulle soluzioni su politica economica e su migranti, non posso fare una conferenza stampa con loro. Non faccio una recita a copione per far credere che siamo tutti d'accordo", ha detto Renzi parlando con i giornalisti. "Non ho mai pensato - ha aggiunto - che il direttorio a tre sia la soluzione ai nostri problemi, Atene non era la riunione dei socialisti, anche se l'ha detto in modo un po' volgare Schauble: c'erano Spagna e Cipro ad esempio...".Due, dunque, gli argomenti su cui si è aperta la distanza tra l'Italia da una parte e Germania e Francia dall'altra. In primo luogo la questione dei migranti. La bozza di documento finale presentata ai leader, secondo quanto si apprende, trattava la questione della Turchia ma non faceva riferimenti concreti al tema dell'Africa. Una scelta inaccettabile per il governo italiano, che lo ha detto a chiare lettere al tavolo dei 27. "Definire passo avanti il documento sui migranti di oggi - ha detto poi Renzi in conferenza stampa - richiede qualche forma di fantasia, da funamboli del vocabolario: si sono ridette le solite cose. Va bene la Guardia Costiera europea, ma non è che può portare i migranti in Sicilia. O la Ue fa gli accordi con i Paesi africani, o li facciamo da soli. Secondo noi sarebbe molto meglio se fosse l'Europa a intervenire, ma se ritiene che non è una priorità, lo faremo noi".
Netta distanza anche sull'economia. Se sull'"agenda" tutti sono più o meno d'accordo, è sulle soluzioni che emergono forti divergenze. "Dobbiamo avere la consapevolezza che la filosofia dell'austerity a tutti i costi non ha funzionato, non lo sta dicendo il rappresentante del governo italiano ma lo dicono i numeri: noi abbiamo bisogno di tornare a crescere come Paese ma è l'Europa che deve tornare a crescere", ha detto il premier, sottolineando che l'Italia intende promuovere la revisione del fiscal compact: "Siamo pronti a fare una bella riflessione perché quando fu approvato prevedeva la durata di un quinquennio" e passato questo lasso di tempo, "dobbiamo decidere se avrà un futuro. Secondo me no". L'Italia comunque, ha assicurato Renzi con una stoccata alla Merkel, "continuerà a rispettare le regole" ma anche la Germania deve farlo: "Così come i Paesi devono rispettare le regole del deficit, sia chi sta al 5% sia chi sta al 2,4%, tutti, allo stesso modo, devono rispettare le altre regole. C'è la regola del surplus commerciale che non deve superare il 6% e invece ci sono Paesi, il principale è la Germania, che da anni non la rispettano. Non è gelosia, le regole devono essere rispettate da tutti". E comunque le richieste dell'Ue non devono essere eccessive. Ad esempio sull'edilizia scolastica, soprattutto dopo il terremoto: "Se l'Europa deve riavvicinarsi ai cittadini, non può essere il soggetto che mi impedisce di intervenire sull'edilizia scolastica. Il giorno dopo il terremoto abbiamo detto che dobbiamo tirare fuori l'orgoglio e ci siamo messi a lavorare tutti. Ciò che serve per edilizia scolastica lo prendiamo, l'Italia non mollerà la presa".
Dunque, anche se alla fine della conferenza stampa Renzi ammorbidisce i toni e si dice "molto più convinto delle possibilità che ha l'Europa", il bilancio del summit è deludente. E per rilanciare l'Ue, ammonisce, è suonata la campana dell'ultimo giro. "È stato fatto un passo in avanti ma piccolo piccolo, troppo poco". L'appuntamento decisivo è quello di Roma a marzo 2017: "Abbiamo girato la clessidra - ha concluso -, l'appuntamento è Roma ma c'è bisogno di cambiare passo o la montagna partorirà un topolino. Senza cambiare le politiche su economia e immigrazione, l'Europa rischia molto".
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