martedì 3 settembre 2019
La Confederazione italiana agricoltori ha organizzato il road show "Il Paese che vogliamo": si concluderà nel 2020. Ieri prima tappa a Sassello
Prima tappa a Sassello del road show Cia "Il Paese che vogliamo"

Prima tappa a Sassello del road show Cia "Il Paese che vogliamo"

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'Conoscere per deliberare', era il principio di Luigi Einaudi. A dargli attualità è la Cia, Confederazione italiana agricoltori, che ha deciso di avviare da ieri un road show, 'Il Paese che vogliamo', in giro per l’Italia e che andrà avanti fino al 2020. «L’idea è nata – racconta il presidente Dino Scanavino – perché abbiamo deciso di provare a radunare tutti gli attori, dalle istituzioni al volontariato, attorno al capezzale del 'grande malato territorio'». Per analizzare le particolarità delle varie zone: quelle che non hanno infrastrutture, quelle che soffrono di scarsa manutenzione, quelle che hanno servizi lacunosi. Un focus a tutto campo, quindi, sugli snodi fra i territori e quel mondo agricolo che è elemento economico comune, ma con problematiche diverse da affrontare. Si è partiti a Sassello (Savona), dove si è tenuto l’incontro interregionale Liguria-Piemonte, presente anche mons. Marco Granara, della Fondazione antiusura S. Maria del Soccorso di Genova. Domani ci si sposta a Benevento, dove sono attesi il governatore Vincenzo De Luca e l’arcivescovo locale, Felice Accrocca. Ogni evento seguirà lo stesso format: 5 tavoli tematici, quindi un documento di sintesi frutto del confronto con gli ospiti. Seguiranno due tappe in centro Italia, a Castelsantangelo sul Nera, nelle Marche del 2016, e in Abruzzo. I focus tematici sono quelli individuati in un documento dalla Cia che sottolinea le priorità di un settore che nel 2018 ha avuto un valore della produzione di quasi 60 miliardi di euro e avrebbe le potenzialità per creare fino a 100mila nuovi posti di lavoro: dagli interventi di manutenzione in un Paese dove l’8% della superficie ha un pericolo idrogeologico “molto elevato” e dove negli ultimi 10 anni abbiamo già sopportato 20 miliardi di euro di danni da “mancata prevenzione” fino alle politiche di governo del territorio, dallo sviluppo di filiere (da allargare ad ambiti limitrofi, come l’artigianato e il turismo) ai nuovi sistemi di gestione della fauna selvatica che ha assunto a tratti dimensioni insostenibili, infine alla coesione istituzionienti locali.

Temi che rasentano quella nuova sostenibilità ambientale appena indicata dal premier Conte dopo aver ricevuto l’incarico per un governo M5s-Pd. «Anche l’eccessiva concentrazione zootecnica in talune aree e l’esigenza dell’innovazione tecnologica per poter essere più competitivi nel rispetto dell’ambiente sono spunti che andremo a discutere», ricorda Scanavino. Sempre tenendo presente che vi sono territori con «necessità completamente diverse da indagare – evidenzia il presidente di Cia –, a esempio quelli segnati dai 96 ponti che sono stati interdetti in tutt’Italia o quelli dove ancora non c’è la banda larga o le città dove investire sul verde urbano. L’Italia ha tante particolarità, se non si va nel dettaglio si rischia di dire cose generiche, come molte volte succede». L’obiettivo finale di questo gran confronto a più voci è una conferenza nazionale nel 2020. «Le luci della ribalta ci interessano poco – aggiunge Scanavino -, ma puntiamo ad avere risultati. Per questo proviamo a cambiare il paradigma: anziché dare subito la passerella ai politici di turno come fanno altri, vogliamo mettere i vari protagonisti a relazionare per capire meglio». La produzione agricola italiana oggi viene realizzata per il 51% dalle regioni del Nord Italia, al 15% dal Centro e al 34% dal Sud. «Il nostro futuro non è nelle grandi commodities – dice ancora Scanavino ma nel territorio con le sue specificità di prodotto e di potenziale crescita, penso a esempio al vino e all’uva dove c’è un enorme divario di valore fra aree del Paese che si può colmare. E le periferie sono la leva per la salvaguardia e la crescita del Paese», spiega convinto.

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