sabato 29 settembre 2018
L'economista della Cattolica: con il deficit del 2,4% l'Italia è più vulnerabile in caso di choc finanziario
Massimo Bordignon (Economista università Cattolica)

Massimo Bordignon (Economista università Cattolica)

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«Non c’è da aspettarsi una crisi devastante da un giorno all’altro, ma adesso il rischio che si possa verificare è salito. Con un deficit del 2,4% l’Italia ha abbassato il livello di protezione e in caso di choc economico- finanziario è più vulnerabile». Massimo Bordignon, docente di Scienze delle finanze all’Università Cattolica di Milano, non è stupito dall’impennata dello spread così come dalla giornata da profondo rosso di Piazza Affari (in particolare dei titoli bancari) all’indomani dalle comunicazioni ufficiali sulla nota di aggiornamento del Def: «I mercati finanziari guardano soprattutto a due aspetti: entità e contenuto della manovra. E su entrambi i fronti sono arrivati segnali abbastanza chiari».

Professore, partiamo dal deficit ben sopra il 2% e dalle dimensioni della Legge di Bilancio. Aver alzato l’asticella così tanto quali conseguenze ha o può avere?
La premessa è che l’Italia è un Paese con un debito pubblico attorno al 130% del Pil, con livelli di crescita non brillantissimi (+1,5% nel 2017 e in calo già da quest’anno) e con tassi di interesse che si stanno alzando. Se in questo scenario si aggiunge la salita del deficit è chiaro che i mercati si spaventano. Lo spread sta risalendo. Tutto ciò ha effetti negativi anche sull’economia reale.

Quali?
Più sale lo spread e più salgono gli interessi da pagare sul debito. Cento punti di spread costano al nostro Paese circa 4 miliardi all’anno. Per cui se due giorni fa il differenziale tra Btp e Bund era a 237 e ieri ha chiuso a 269 quei 32 punti in più hanno un costo di quasi 1,3 miliardi. La salita dello spread colpisce i possessori di debito pubblico – dalle banche alle famiglie – che hanno una perdita in conto capitale. Significa, inoltre, che gli istituti di credito che prestano soldi ad aziende e persone dovranno farlo a tassi più alti o comunque stringere le maglie del credito.

Per quali ragioni, invece, non prevede tempeste economico-finanziarie imminenti?
Perché ci sarà almeno fino a dicembre il Quantitative Easing della Bce. E poi buona parte del nostro debito pubblico è in mano a istituti nazionali che in questo momento non hanno interesse a vendere Btp. Ma a partire dai giudizi delle agenzie di rating all’orizzonte ci sono una serie di variabili delicate e da non sottovalutare.

Il governo sostiene che questa 'manovra del popolo' aiuterà la crescita. Lei ha la stessa impressione?
Dipenderà da alcuni dettagli specifici che adesso sono ancora ignoti, ma sinceramente questa manovra non sembra avere un’impostazione tale da favorire lo sviluppo dell’economia. Perché non ci sono investimenti infrastrutturali che potevano essere interpretati dai mercati come una scommessa per il futuro, bensì operazioni di tipo redistributivo (dalle pensioni al reddito di cittadinanza). Non è un segnale positivo per un Paese come l’Italia che già spende in previdenza il 16% del Pil.

Ai mercati e all’Europa è arrivato anche un messaggio politico con la nota del Def?
Finora le posizioni del ministro dell’Economia e delle Finanze avevano tranquillizzato i mercati. Giovanni Tria, infatti, si era impegnato in un certo percorso sul deficit (e dunque sul debito) che non si è verificato nel Def. Non solo: lo stesso impegno aveva preso il premier Giuseppe Conte al consiglio dei ministri europei di fine giugno. È chiaro che d’ora in poi eventuali rassicurazioni date da Tria a un investitore italiano o straniero avranno un peso diverso visto che il Def ha dimostrato come siano le due forze politiche di maggioranza a decidere.

I vertici della Commissione europea hanno reagito duramente non escludendo sanzioni. C’è da attendersi un’escalation dello scontro tra Roma e Bruxelles?
È possibile che la Commissione rinvii la manovra o che si apra una procedura per disavanzo eccessivo, ma più che quello relativo alle sanzioni desta preoccupazione un altro aspetto: l’isolamento politico dell’Italia. In Europa sono stati impostati meccanismi di difesa del debito pubblico come l’Esm, ma sono condizionati al fatto che un Paese sia in linea con le regole. Un aumento strutturale del deficit lascia intendere che sul debito l’Italia abbia intrapreso una strada diversa da quella della riduzione.

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