mercoledì 21 gennaio 2015
Il Consiglio direttivo sembra deciso a varare una manocra progressivo da 50 miliardi di euro al mese per un anno. 
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I mercati di tutto il mondo si apprestano a puntare le antenne su Francoforte, dove giovedì il Consiglio direttivo della Bce discuterà il varo di un ampio piano di acquisti di titoli di Stato. Un quantitative easing, ormai dato per scontato da mercati e analisti, con cui scongiurare i crescenti rischi di deflazione. Le incognite riguardano il "come" e soprattutto il "quanto" l'istituzione intenda mobilitare.Le ultime indiscrezioni di stampa riportano una manovra progressiva da 50 miliardi al mese, che proseguirebbe almeno un anno in modo da raggiungere un ammontare complessivo da oltre 500-600 miliardi di euro. Non è chiaro se la cifra includa o meno gli acquisti già previsti sudiversi titoli finanziari emessi da privati, Abs e covered bond. Nel secondo caso l'ammontare della manovra potrebbe aumentare di circa 200-300 miliardi. Resta però una soglia che era stata precedentemente indicata dal presidente Mario Draghi: la volontà di riportare il bilancio Bce ai livelli di marzo 2012, circa 1.000 miliardi in più rispetto ai valori attuali.
Toccherà proprio al presidente fare chiarezza, nella consueta conferenza stampa delle 14 e 30, mentre alle 13 e 45 verranno comunicate le decisioni sui tassi di interesse, su cui non sono attese variazioni. Al di là dell'ammontare dell'intervento, un altro punto problematico è sull'ipotesi di superare alcune resistenze nel direttorio tramite la previsione di far ricadere i titoli di Stato acquistati sui bilanci delle banche centrali nazionali. E in questo modo evitare una condivisione dei rischi. Alcuni hanno criticato questa idea affermando che sarebbe sancire un divorzio nell'area euro. Altri però, sul versante opposto, quello dei "falchi" intransigenti, sono a priori ostili al Qe. Tra questi l'ex capo economica dell'istituzione, il tedesco Juergen Stark, secondo cui i timori di deflazione con cui si giustifica la manovra sono esagerati. E comunque l'intervento sarà "inutile", ha sentenziato. Intanto la Bce deve anche fare i conti con diversi sviluppi di rilievo. Innanzitutto i continui e pesanti cali del petrolio, che aggravano i rischi di debolezza dei prezzi al consumo. Finora sia Francoforte che la Commissione europea hanno smentito che nell'area euro si sia innescata la deflazione. Questa viene definita con un protratto e generalizzato calo dei prezzi che finisce per "contagiare" anche le attese del pubblico, determinando rinvii degli acquisti in vista di ulteriori cali che portano ad un circolo vizioso di ulteriori flessioni. Quando si produce è considerata perfino più difficile da contrastare dell'inflazione.
Dall'altro lato, in positivo, aiutano i continui cali dell'euro, finto sotto quota 1,16 sul dollaro è ai minimi da 11 anni a questa parte. Ad accentuare questo movimento si è aggiunta la recente mossa a sorpresa della Banca centrale della Svizzera, che ha sganciato il franco dalla soglia minima sull'euro (1,20), favorendo ulteriori cadute della valuta condivisa.
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