sabato 14 ottobre 2023
450mila organizzazioni del non profit, vale a dire più delle aziende dell’industria manifatturiera. Un milione e 900mila addetti, ossia lo stesso numero di occupati dell’intera filiera metalmeccanica
Quanto vale l’economia sociale nella nostra società
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Quanto vale l’economia sociale nella nostra società? 450mila organizzazioni del non profit, vale a dire più delle aziende dell’industria manifatturiera. Un milione e 900mila addetti, ossia lo stesso numero di occupati dell’intera filiera metalmeccanica italiana.

Questi sono alcuni dei numeri contenuti nell’Atlante dell’economia civile presentato nell’ambito della XXIII edizione delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile che si concludono sabato. Il risultato è una fotografia aggiornata del perimetro e dell’impatto economico-sociale dell’economia sociale con l’intento di offrire a ricercatori, imprese cooperative, Terzo Settore e pubblica amministrazione uno strumento utile per rafforzare le proprie strategie nella direzione del Social Economy Action Plan della Commissione Europea.

«Sono sufficienti questi primi due numeri per raccontare la valenza economica dell’Economia Sociale, ma ne occorrono altri per misurarne la valenza sociale. Il progetto dell’Atlante ambisce a dare la giusta visibilità sia alla sfera economica sia a quella sociale, consapevoli che l’esistenza dell’una è inscindibilmente legata alla presenza dell’altra» ha spiegato Guido Caselli, direttore del Centro studi di Unioncamere Emilia Romagna.

«Sentivamo l’urgenza di perimetrare e dare evidenza degli aspetti economici e trasformativi dell’Economia Sociale. È un progetto strategico aperto ad altri partner nato per aumentare la consapevolezza ed il valore dell’Economia Sociale “dentro” le strategie per lo sviluppo sostenibile» ha aggiunto Paolo Venturi, direttore di Aiccon, centro studi promosso dall’Università di Bologna, dall’Alleanza delle cooperative italiane e da numerose realtà, pubbliche e private, operanti nell’ambito dell’Economia Sociale.

Veniamo ad altri numeri: dal 2019 al 2023 le imprese dell’economia sociale sono diminuite dell’1,5%, gli addetti sono calati del 4,1%. Secondo il rapporto Istat – Euricse, nel 2015 i volontari operanti nell’economia sociale erano 5,5 milioni; mentre le prime stime elaborate dall’Istat relative al 2021 indicano una flessione consistente del numero dei volontari che sono scesi a 4 milioni e 600mila.


Alle giornate di Bertinoro le anticipazioni delle rilevazioni Istat. La fotografia del Terzo Settore: in crescita anche i dipendenti

Cresce il settore non profit. Più enti e dipendenti, ma in calo i volontari negli ultimi dieci anni. Un focus su come si è trasformato il Terzo settore è stato presentato nell’ambito delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile, tradizionale appuntamento di Aiccon, il centro studi dell’Università di Bologna. Dal 2011 al 2021 il settore non profit è cresciuto numericamente, registrando un aumento del 20% sia nel numero di istituzioni non profit (Inp) sia nel numero di dipendenti. Anche se il volontariato è diminuito: -2%, dai 5 milioni e 500mila del 2015 si arrivati a 4 milioni e 600mila nel 2021. Quattro istituzioni su 10 censite nel 2011 non sono più attive nel 2021. Hanno minore probabilità di sopravvivenza le istituzioni non profit più giovani o di piccole dimensioni, «poiché hanno meno risorse a disposizione e in alcuni non hanno sviluppato adeguate routine organizzative» ha spiegato Massimo Lori, responsabile del registro statistico delle istituzioni non profit per l’Istat, sottolineando che sono penalizzate anche quelle che operano in ambienti competitivi, che dipendono da una sola fonte di entrata e godono di minore consenso sociale. Le Inp nate dopo il 2011 (circa il 35% delle Inp attive nel 2021) sono più diffuse tra le cooperative sociali e le associazioni. E sono presenti soprattutto al Sud, in particolare in Campania (47,9%), Puglia (44,3%), Lazio (43,3%), Abruzzo (43,5%), Calabria (43,5%) e Molise (42,1%). Inoltre, il 37% di queste nuove associazioni non sono iscritte al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts). Nel 2021 solo il 23,9% di Inp è presente nel Runts. Le Inp non presenti nel Runts operano principalmente nei settori sport, cultura e ricreazione e sono spesso associazioni (86,5%) in prevalenza concentrate nelle regioni del Nord Italia (50,3%).

Dall’analisi su chi sono gli enti del Terzo settore al loro processo di digitalizzazione, raccontato dal censimento permanente condotto da Istat nel 2022 con riferimento all’anno 2021. A ostacolare la digitalizzazione del settore non profit sono la scarsa cultura digitale (15,7%) e la presenza di altre sfide più urgenti (13,8%). Nel 2021 il 79,5% delle istituzioni non profit utilizza almeno una tecnologia digitale. Di queste, «il 74,9% (pari a 288mila Inp) ha fatto uso principalmente delle tecnologie digitali che consentono la connessione a Internet », ha spiegato Sabrina Stoppiello, responsabile del censimento permanente delle istituzioni non profit per l’Istat. Una percentuale più limitata (9,8%) ha investito in servizi di cloud computing e solo il 2,2% delle Inp digitalizzate ha adottato tecnologie avanzate. Quattro istituzioni non profit su dieci hanno un livello «base» di digitalizzazione, caratterizzato dalla connessione a internet e da una contenuta propensione all’utilizzo del digitale per finalità comunicative o di collaborazione. Le Inp che hanno fatto uso solo della connessione Internet rappresentano il 40,5% del totale, pari a circa 146mila istituzioni. L’87,5% di esse non ha dipendenti, ma il 29,5% ha dimensioni medio-grandi in termini di volontari (10 o più).

Le realtà del non profit che hanno adottato tecnologie digitali avanzate rappresentano il 2,2% del totale, pari a circa 8mila istituzioni. Il 30,7% di esse ha almeno un dipendente e il 72,8% ha almeno un volontario. Una su due si è avvalsa di uno specialista di Information and Communication Technologies. Le Inp non digitalizzate sono in gran parte associazioni (86%) concentrate in settori come attività sportive (41,2%), ricreative e di socializzazione (20,1%). La maggior parte di queste istituzioni non prevede di utilizzare tecnologie digitali nei prossimi anni, mostrando poco interesse per la connessione internet (71,5%), piattaforme digitali (83,5%), o applicazioni mobile (81,9%).


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