mercoledì 6 dicembre 2017
Le consegne dei pacchi sarebbero servizio postale
Amazon finisce nel mirino dell'Agcom
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Per Amazon sono tempi duri. Non bastassero le proteste per le condizioni di lavoro dei dipendenti – con relativi scioperi che non hanno alla fine inciso sull’andamento della giornata del Black friday – e le richieste delle parti sociali di apertura al dialogo, ora la multinazionale dell’acquisto online è finita nel mirino dell’AgCom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Consegne pacchi = servizi postali?

L’Autorità ha messo sotto la lente di ingrandimento i servizi postali diffidando, al riguardo, le società del gruppo Amazon. «Il Consiglio dell’Autorità – si legge nella nota – ha diffidato le società del Gruppo Amazon, Amazon Italia Logistica Srl, Amazon City Logistica Srl a regolarizzare la propria posizione, con riferimento al possesso dei titoli abilitativi necessari per lo svolgimento di attività qualificabili come servizi postali». Secondo l’Autorità, quindi, la consegna dei pacchi contenenti gli oggetti acquistati è un’attività paragonabile a quella del servizio postale. Infatti, prosegue la diffida, «in base alle informazioni e dagli elementi acquisiti, l’Autorità rileva che il servizio di recapito ai destinatari dei prodotti acquistati sul cosiddetto marketplace, è offerto e gestito sul territorio nazionale da società riconducibili ad Amazon EU Srl». E secondo l’Autorità «il servizio svolto da queste società, al pari di quelli svolti dai principali corrieri espresso utilizzati da Amazon, è qualificabile come servizio postale, in base alla normativa di settore (nazionale e dell’Unione europea)». In particolare, in base a quanto rilevato da AgCom, «è attività postale il servizio di consegna che ha ad oggetto prodotti offerti direttamente dai venditori e recapitati ai clienti finali attraverso società controllate da Amazon, nonché il servizio di recapito presso gli armadietti automatizzati ("locker") svolto da società del Gruppo Amazon».

Amazon deve mettersi in regola

L’Authority sottolinea che «il possesso del titolo comporta, per le società che svolgono attività postale, il rispetto di vari obblighi», in particolare «l’essere in regola con le disposizioni in materia di condizioni di lavoro previste dalla legislazione nazionale e dalle contrattazioni collettive di lavoro di riferimento vigenti nel settore postale», ma anche «l’essere in regola con gli obblighi contributivi per il personale dipendente impiegato e l’adozione della carta dei servizi nei confronti degli utenti». L’Autorità conclude la nota sottolineando che «il termine per l’ottemperanza alla diffida è di quindici giorni dalla ricezione dell’atto». Da Amazon si limitano per ora a un laconico commento: «Confermiamo di aver ricevuto una richiesta da parte della Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e che la stiamo analizzando». Una prima considerazione tuttavia va fatta: qualora Amazon dovesse adeguarsi alle richieste, dovrebbe versare un contributo allo Stato di soli 614 euro. Il problema, allora, sarebbe più che altro sindacale, nel caso di applicazione del contratto collettivo di lavoro del settore. Uno scenario complicato senza dimenticare, peraltro, che anche le varie aziende che fanno le consegne per la Gdo potrebbero essere interessate dalla stessa problematica.

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