mercoledì 10 luglio 2019
Dopo 80 anni, Volkswagen ha prodotto l'ultimo esemplare di un'icona del '900 nata su indicazione del Fuhrer che non aveva la patente ma ne stabilì caratteristiche e prezzo
Addio al Maggiolino, l'auto voluta da Hitler
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Non è detto che sia un addio per sempre. Perché i miti non muoiono mai, e a volte ritornano. Ma è un fatto che oggi, a poco più di ottant'anni dall'inizio della sua gloriosa storia, Volkswagen ha prodotto nella sua fabbrica messicana di Puebla l'ultimo esemplare del Maggiolino, l'automobile che da sempre è un simbolo della Germania e della solidità dei suoi prodotti. La prima e l'unica nella storia ideata da un dittatore.

Il Maggiolino - nato con il nome di Typ 1 - nacque infatti in pieno Reich nazista. Adolf Hitler voleva una vettura per il popolo tedesco (per «rompere l’egemonia motoristica delle classi sociali più elevate», come aveva scritto nel Mein Kampf): doveva essere l'utilitaria per tutti, e soprattutto doveva essere costruita dall'azienda che oggi conosciamo come Volkswagen. I fondatori erano il dottor ingegner Ferdinand Porsche, il dottor Bodo Lafferentz, dirigente di spicco dell’organizzazione per il dopolavoro (KdF) del potentissimo sindacato unico tedesco dei lavoratori, e Jacob Werlin, consigliere personale di Adolf Hitler per le questioni automobilistiche.

Come segnala Roberto Bruciamonti, esperto di vetture miliari in un piccolo saggio storico sul Maggiolino, le caratteristiche della vettura erano state dettate dall’uomo politico: Hitler, che non aveva nemmeno la patente ma era un grande appassionato di automobili, esigeva un motore raffreddato ad aria, una velocità massima di 100 km/h che avrebbe dovuto coincidere con quella di crociera, abitabilità per cinque persone e un consumo tra i 7 e gli 8 litri di benzina litri ogni 100 chilometri. Ferdinand Porsche, che il Maggiolino doveva realizzarlo, ipotizzò un prezzo di listino attorno ai 1.400 marchi tedeschi, mentre Hitler liquidò così l’argomento: «Le concedo di stabilire qualunque prezzo, Herr Professor, qualunque prezzo purché sia inferiore ai 1.000 marchi». Il prezzo era estremamente conveniente: una Volkswagen costava 1,60 marchi al chilo, quando un chilo di burro costava 3,20 marchi. Gli iscritti al sindacato potevano acquistare una Volkswagen mediante una raccolta di bollini da 5 marchi l’uno, da apporre settimanalmente su un’apposita tessera (che costava un marco): una volta completata la tessera, si poteva ritirare l’auto direttamente in fabbrica. Furono oltre 360 mila i cittadini tedeschi che iniziarono la raccolta dei bollini. Nell’aprile 1945, quando i soldati dell’Armata Rossa entrarono nella filiale berlinese della Banca Tedesca dei Lavoratori, il capitale accumulato con i bollini venne sequestrato.

Lo scoppio della guerra fermò la produzione del Maggioino: in quel momento tutte le fabbriche vennero riconvertite alla produzione di cannoni, carri armati e munizioni per sostenere lo sforzo bellico tedesco. Prima fra tutte la Volkswagen, al tempo una delle più grandi e moderne. Ma alla fine del conflitto il Maggiolino, che nel frattempo era stato prodotto in pochi esemplari militari, è la prima macchina a iniziare la carriera di vettura civile in una Germania piagata ed offesa dalle bombe e dalla vergogna. Era il 1947 e il successo arrivò subito. Nel 1955 ne vengono venduti un milione di esemplari, prevalentemente in Germania ma anche negli Usa, da dove in cambio delle auto, nelle casse di un Paese che rinasce dalle ceneri, arriva preziosa moneta forte. Gli anni Sessanta sono quelli del boom in America, dove il Maggiolino diventa un emblema della cultura ribelle e anticonformista degli hippie: nel 1968 negli Usa ne vengono acquistati oltre 560mila esemplari e proprio in quell'anno esce al cinema “The Love Bug” (“Un Maggiolino tutto matto”), il film prodotto dalla Disney che farà sognare milioni di bambini.

La produzione in Germania si ferma nel 1978, quando la linea viene sostituita con quella della Golf - altro gioiello dal successo planetario - ma continua in Messico, dove il Maggiolino diventa “el carro del pueblo”. Ven'anni dopo il restyling, realizzato sul pianale della nuova Golf. Ma il modello disegnato dal nipote dell'ingegner Porsche, il New Beetle, è decisamente un'altra cosa rispetto al Maggiolino, sul quale oggi è calato il sipario. L'ultimo esemplare verrà conservato in un museo, tributo che si riserva sempre ai miti. Quelli che non muoiono mai, e a che a volte ritornano.

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