martedì 25 ottobre 2022
Una ricerca rivela che la pandemia ha portato un aumento delle nascite negli Stati Uniti. Tra i motivi anche il lavoro a distanza
Il baby boom dei figli dello smart working
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Allo scoppio della pandemia in molti si sono chiesti quale sarebbe stato l’effetto sulle nascite della reclusione forzata dovuta ai lockdown. Rintanate in casa per lungo tempo le coppie avrebbero maturato una maggiore attitudine a procreare oppure con l’imposizione della “cattività” si sarebbe spento ogni desiderio? Dopo più di due anni di convivenza con il virus, qualche risposta incomincia a emergere. La prima, abbastanza chiara, è che in questo periodo a fare la differenza tra minori o maggiori nascite è stata la presenza di un welfare familiare solido e diffuso: dove le famiglie sanno di poter contare su un sistema di aiuti economici veramente universali e un impianto ben strutturato di supporto ai genitori, le nascite hanno tenuto o sono addirittura ripartite – così è stato ad esempio in Francia e Germania – mentre laddove non vi è percezione di sostegni significativi il calo della natalità è proseguito.

Ma c’è un’altra tendenza da considerare, e la si coglie osservando gli Stati Uniti, dove nel 2021 si è avuto un baby boom interessante, un rimbalzo che i ricercatori hanno già inquadrato come la prima vera inversione di tendenza dal 2007. E ad essere decisivo sembra essere stato lo smart working, la possibilità di lavorare da casa che ha permesso alle coppie di passare molto più tempo insieme e armonizzare meglio il tempo del lavoro con le esigenze della famiglia. Lo psicoanalista Claudio Risé, in fondo, lo aveva previsto nel suo ultimo libro (”Il ritorno del padre”, Edizioni San Paolo), nel punto in cui, parlando della rivoluzione del lavoro a distanza, afferma che se il padre ritorna a casa, «non ritorna mai da solo, ma lo segue anche tutto il mondo famigliare»

I ricercatori dell’università della California, Los Angeles, Princeton e Northwestern hanno notato che tra il calo della fecondità che si era avuto nel 2020 e la ripresa del 2021 emergono circa 46mila bambini nati in più dalle madri statunitensi. Se si prendono i dati delle nascite di tutti gli Stati Uniti dall’agosto 2015 all’agosto 2022 la ripartenza dal gennaio 2021 è netta, e il dato delle madri americane spicca perché dietro il crollo del 2020 vi era soprattutto il dato negativo delle madri nate all’estero dovuto alla limitazione degli spostamenti causa pandemia, e normalmente si tratta di circa il 23% dei parti totali. Con questa ripresa il tasso di fecondità, che dai 2,1 figli per donna del 2007 era sceso a 1,6 nel 2020, è aumentato del 6,2%. Focalizzando l’attenzione sulla sola California sembrerebbe inoltre che il baby boom stia proseguendo anche quest’anno. La ripresa delle nascite interessa in particolare le donne sotto i 25 anni al loro primo figlio – e questo dovrebbe significare che per molte coppie la pandemia ha rappresentato la spinta ad anticipare la costituzione di una famiglia; e le donne più istruite tra i 30 e i 34 anni, cioè quelle che possono aver maggiormente beneficiato del lavoro da remoto.

Secondo gli esperti la ripresa della natalità è dovuta anche a molti altri fattori. Ad avere inciso positivamente sono stati i sussidi alla disoccupazione concessi durante la pandemia, e chissà quanto ancora potrà incidere il programma di sostegno ai genitori dell’American Rescue Plan, che ha aumentato il Child Tax Credit da 2.000 a 3.000 dollari per ogni figlio sopra i 6 anni (fino ai 17), e da 2.000 a 3.600 dollari per quelli sotto i 6. Tutte le famiglie che hanno presentato la dichiarazione dei redditi hanno ottenuto l’intero credito in automatico, senza fare alcuna domanda. Possono poi aver contribuito la rivalutazione dei prezzi delle case e dei corsi di Borsa, che negli Usa incidono significativamente sulle disponibilità economiche della classe media, mentre può non essere trascurabile la maggiore difficoltà, causa pandemia, nell’accesso ai percorsi di interruzione della gravidanza.

Sopra tutto, però, resterebbe il lavoro a distanza. A riprova che, in particolare tra le generazioni più giovani, una volta risolto il problema del reddito e della casa, passare meno tempo in auto o sui mezzi per andare al lavoro, e non restare troppo a lungo lontano dai propri affetti, può essere un elemento importante nella scelta di ampliare la dimensione della famiglia.

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