Il Papa a Nicea: il mondo chiede riconciliazione. Mai la religione è per la guerra

di Giacomo Gambassi, inviato a Nicea (Iznik)
Lo storico incontro fra Leone XIV e i capi delle Chiese nel luogo del primo Concilio ecumenico, tappa centrale del viaggio papale in Turchia. Ma manca il patriarca di Mosca. Il Papa: superare lo scandalo della divisione fra i cristiani
November 29, 2025
Il Papa a Nicea: il mondo chiede riconciliazione. Mai la religione è per la guerra
Papa Leone XIV a Nicea, nell'attuale Turchia, per la preghiera ecumenica in occasione dei 1700 anni del primo Concilio ecumenico / REUTERS
L’elicottero bianco sorvola tre volte gli scavi archeologici dell’antica Basilica di San Neofito. Scavi riemersi dalle acque del lago su cui si affacciano: quello di Iznik, attuale nome dell’antica Nicea. Leone XIV li osserva dai finestrini del velivolo che da Istanbul lo porta nella cittadina legata al primo Concilio della storia della Chiesa. Quello che aveva riunito l’intera cristianità nel 325 per volere dell’imperatore Costantino. Quello in cui tutte le Chiese si riconoscono ancora per il Credo che qui è stato scritto. Quello che i ruderi della basilica costruita nel luogo dell’assise ecumenica continuano a raccontare. Il Papa arriva a Nicea per celebrare i 1.700 anni del Concilio della professione di fede. Con lui venticinque capi o rappresentanti di Chiese e comunità ecclesiali di tutto il mondo – cattoliche, ortodosse, della Riforma – che hanno accettato l’invito del padrone di casa: il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I.
Papa Leone XIV a Nicea, nell'attuale Turchia, per la preghiera ecumenica in occasione dei 1700 anni del primo Concilio ecumenico / REUTERS
Papa Leone XIV a Nicea, nell'attuale Turchia, per la preghiera ecumenica in occasione dei 1700 anni del primo Concilio ecumenico / REUTERS
Insieme, nella località a 130 chilometri da Istanbul, fra i resti della basilica del quarto secolo che sono illuminati alle tre del pomeriggio da un sole così caldo da essere più simile a quello della tarda primavera che di fine novembre; e insieme, davanti a due icone che dicono il spirito di unità al di là delle lacerazioni: quella di Cristo e quella che ritrae i lavori del Concilio. Evento in sé storico il “ritorno” a Nicea dei capi delle Chiese, soprattutto quando vengono recitati a una sola voce (e in inglese) il Simbolo della fede e poi il Padre Nostro. Ma anche con troppe assenze fra le fila del mondo ortodosso, a cominciare dal patriarca di Mosca, Kirill, non convocato dal patriarcato ecumenico per le tensioni che la crisi ucraina ha esasperato: dopo il “distacco” della Chiesa ortodossa dell’Ucraina dalla Russia – riconosciuta da Costantinopoli come autocefala ma ritenuta scismatica da Mosca – è giunta la benedizione di Kirill all’invasione russa che ha compromesso le relazioni. Relazioni che il Pontefice sta provando comunque a ritessere in prima persona.
Papa Leone XIV e il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, a Nicea, nell'attuale Turchia, per la preghiera ecumenica in occasione dei 1700 anni del primo Concilio ecumenico / REUTERS
Papa Leone XIV e il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, a Nicea, nell'attuale Turchia, per la preghiera ecumenica in occasione dei 1700 anni del primo Concilio ecumenico / REUTERS
La tappa a Nicea è il cuore della visita del Papa in Turchia, Paese in cui, con il Libano, Leone XIV sceglie di recarsi nel primo viaggio apostolico. Una tappa nel segno della «riconciliazione», spiega il Pontefice. Parola che scandisce tutti gli appuntamenti nella seconda giornata del viaggio, quella di venerdì: la celebrazione della Parola con i vescovi, i sacerdoti e gli operatori pastorali nella Cattedrale dello Spirito Santo a Istanbul; l’abbraccio agli anziani e ai più fragili ospitati nella casa di accoglienza delle Piccole Sorelle dei poveri; l’incontro ecumenico di preghiera a Iznik. Riconciliazione fra le Chiese, anzitutto. E riconciliazione che attende il mondo: Leone XIV la definisce «un appello che proviene dall’intera umanità afflitta da conflitti e violenze». Perché il presente è «un tempo per molti aspetti drammatico, nel quale le persone sono sottoposte a innumerevoli minacce alla loro stessa dignità». Guai allora all’«uso della religione per giustificare la guerra e la violenza, come ogni forma di fondamentalismo e di fanatismo», che «va respinto con forza, mentre le vie da seguire sono quelle dell’incontro fraterno, del dialogo e della collaborazione», avverte. Vale per la politica. Vale per le comunità ecclesiali stesse.
Papa Leone XIV a Nicea, nell'attuale Turchia, per la preghiera ecumenica in occasione dei 1700 anni del primo Concilio ecumenico accanto ai resti archeologici della Basilica del Concilio lungo le sponde del lago / REUTERS
Papa Leone XIV a Nicea, nell'attuale Turchia, per la preghiera ecumenica in occasione dei 1700 anni del primo Concilio ecumenico accanto ai resti archeologici della Basilica del Concilio lungo le sponde del lago / REUTERS
E altrettanto inaccertabile è, alla luce del Vangelo, respingere il prossimo. «Non sarebbe possibile invocare Dio come Padre se rifiutassimo di riconoscere come fratelli e sorelle gli altri uomini e donne, anch’essi creati a immagine di Dio. C’è una fratellanza e sorellanza universale, indipendentemente dall’etnia, dalla nazionalità, dalla religione o dall’opinione. Le religioni, per loro natura, sono depositarie di questa verità», dice a Nicea. E nella Cattedrale di Istanbul declina lo stesso concetto parlando di «migranti e rifugiati» – molti «in questo Paese», afferma riferendosi alla Turchia, crocevia di popoli ma anche “hub” degli sfollati dal Medio Oriente – che pongono «alla Chiesa la sfida dell’accoglienza e del servizio di costoro che sono tra i più vulnerabili». No alle chiusure, soprattutto per chi si dice cristiano.
Papa Leone XIV nella Cattedrale cattolica di Istanbul per l'incontro con il clero e gli operatori pastorali della Turchia /  VATICAN MEDIA
Papa Leone XIV nella Cattedrale cattolica di Istanbul per l'incontro con il clero e gli operatori pastorali della Turchia /  VATICAN MEDIA
Il Papa indica alcune linee-guida per «superare lo scandalo delle divisioni che purtroppo ancora esistono» fra i cristiani: avere «la consapevolezza che siamo già legati» dal «profondo vincolo» del Credo di Nicea; promuovere «un cammino di adesione sempre più totale alla Parola di Dio rivelata in Gesù Cristo»; mettersi «sotto la guida dello Spirito Santo»; e far crescere l’«amore reciproco» e il «dialogo». Poi ricorda: «Quanto più siamo riconciliati, tanto più noi cristiani possiamo rendere una testimonianza credibile al Vangelo di Gesù Cristo, che è annuncio di speranza per tutti, messaggio di pace e di fraternità universale che travalica i confini delle nostre comunità e nazioni».
Papa Leone XIV e il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, a Nicea, nell'attuale Turchia, per la preghiera ecumenica in occasione dei 1700 anni del primo Concilio ecumenico / REUTERS
Papa Leone XIV e il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, a Nicea, nell'attuale Turchia, per la preghiera ecumenica in occasione dei 1700 anni del primo Concilio ecumenico / REUTERS
Leone XIV e Bartolomeo I camminano l’uno accanto all’altro nella piattaforma sopra gli scavi archeologici dove si tiene la preghiera ecumenica. Pietro e Andrea, i due fratelli uniti: uno con la mozzetta rossa, l’altro col piviale in velluto. Secondo il Papa, da Nicea arriva anche la lezione a non «ridurre Gesù Cristo a una sorta di leader carismatico o di superuomo». Leone XIV lo chiama «arianesimo di ritorno» evocando la concezione di Ario che negava la piena natura divina di Cristo e che il primo Concilio aveva arginato. Purtroppo, un’idea simile – sostiene il Papa – è «presente nella cultura odierna e a volte tra gli stessi credenti: quando si guarda a Gesù con ammirazione umana, magari anche con spirito religioso, ma senza considerarlo davvero come il Dio vivo e vero presente in mezzo a noi. Il suo essere Dio, Signore della storia, viene in qualche modo oscurato e ci si limita a considerarlo un grande personaggio storico, un maestro sapiente, un profeta che ha lottato per la giustizia e niente di più. Invece Cristo Gesù non è un personaggio del passato, è il Figlio di Dio presente in mezzo a noi, che guida la storia verso il futuro che Dio ci ha promesso».
La visita del Papa agli anziani che sono ospiti nella casa d'accoglienza delle Piccole Sorelle dei poveri e Istanbul / VATICAN MEDIA
La visita del Papa agli anziani che sono ospiti nella casa d'accoglienza delle Piccole Sorelle dei poveri e Istanbul / VATICAN MEDIA
Perciò Nicea è anche invito a riscoprire l’«essenzialità della fede cristiana attorno alla centralità di Cristo e alla tradizione della Chiesa». Tradizione che non va distorta. Leone XIV chiede davanti al clero della Turchia di «mediare la fede cristiana nei linguaggi e nelle categorie del contesto in cui viviamo, come fecero i Padri a Nicea e negli altri Concili». Infatti, aggiunge il Pontefice, occorre «distinguere il nucleo della fede dalle formule e dalle forme storiche che lo esprimono, le quali restano sempre parziali e provvisorie» come ricordava il neo-dottore della Chiesa, John Henry Newman, che «insisteva sullo sviluppo della dottrina cristiana, perché essa non è un’idea astratta e statica». E, guardando alla comunità cattolica in Turchia che ha numeri ridottissimi dentro una nazione al 99% musulmana, esorta a non avere timori. «La logica della piccolezza è la vera forza della Chiesa», sottolinea il Papa, perché essa risiede nel Signore e non «nelle sue risorse e nelle sue strutture, né i frutti della sua missione derivano dal consenso numerico, dalla potenza economica o dalla rilevanza sociale». Un’umiltà che Leone XIV testimonia salutando gli ospiti delle sette suore che nel centro di Istanbul sono la famiglia di sessanta anziani non autosufficienti.

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