Il cardinale Koch: «I cristiani uniti, segno di pace»

Da oggi il primo viaggio di Leone XIV, che poi andrà in Libano. Il prefetto del Dicastero per l'unità dei cristiani: la tappa a Nicea sarà appello a lavorare assieme per una famiglia umana riconciliata
November 27, 2025
Il cardinale Koch: «I cristiani uniti, segno di pace»
Le bandiere della Santa Sede e della Turchia sulla facciata della chiesa di Sant'Antonio di Padova a Istanbul per dare il benvenuto a papa Leone XIV / REUTERS
L'aereo con a bordo Papa Leone XIV è atterrato ad Ankara, prima tappa del suo primo viaggio apostolico in Turchia e Libano. Il Pontefice, dopo l'accoglienza ufficiale all'aeroporto della capitale turca, si recherà al Mausoleo di Ataturk. Nel pomeriggio, il primo discorso pubblico per Leone, davanti alle autorità. Atteso l'incontro privato con il presidente Erdogan. A sera il trasferimento a Istanbul.
Cita il motto episcopale di Leone XIV per raccontare una delle dimensioni care al Papa su cui sta insistendo fin dal giorno della sua elezione: l’unità. «In Illo uno unum», ossia “Nell’unico Cristo siamo uno”, sono le parole di sant’Agostino scelte da Robert Francis Prevost quando è diventato vescovo. «Le considero una sorta di leitmotiv del suo agire - spiega ad Avvenire il cardinale Kurt Koch -. Dall’inizio del pontificato Leone XIV ha mostrato come questa sfida sia una sua costante preoccupazione e ne ha fatto una priorità. Secondo quanto ripete, c’è bisogno di impegnarsi per l’unità nella Chiesa cattolica dove non mancano alcune tensioni; e al tempo stesso serve lavorare per ristabilire la piena e visibile comunione tra tutti i cristiani così da essere insieme anche segno e strumento di pace in un mondo diviso e lacerato dai conflitti». Una pausa. «Per questo anche il messaggio che vuole giungere dall’incontro ecumenico a Nicea è quello di un impegno comune per la riconciliazione della famiglia umana, di cui i cristiani vogliono farsi promotori», afferma il prefetto del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani. Il riferimento è all’appuntamento in programma domani, venerdì, a Iznikl, attuale nome di Nicea, dove il Papa, il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e i rappresentanti di venti Chiese e comunità cristiane si riuniranno in preghiera fra gli scavi archeologici dell’antica Basilica di San Neofito per celebrare i 1.700 anni del primo Concilio ecumenico che ha “scritto” il Credo. Evento che è il cuore della visita di Leone XIV in Turchia. Infatti comincia oggi il primo viaggio apostolico del Papa che lo porterà prima nel Paese-ponte fra Oriente e Occidente e poi in Libano. Sei giorni in cui il Pontefice sarà accompagnato anche dal cardinale Koch, 75 anni, originario della Svizzera. Proprio a sottolineare l’impronta ecumenica dell’intero viaggio.
Il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani / SICILIANI
Il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani / SICILIANI
Eminenza, il cammino ecumenico riparte da Nicea?
Nicea ci dice che, pur nelle nostre diversità, è il Risorto a unire i cristiani. Il Concilio che lì si è tenuto ha proclamato quella fede cristologica che parte dal Battesimo e in cui tutte le Chiese si riconoscono. Il 325 era un tempo in cui la cristianità non era ancora stata ferita dalle divisioni. Perciò l’anniversario che celebriamo riunisce i cristiani, indipendentemente dalle rispettive denominazioni. Aggiungo che Leone XIV ritiene molto importante il versante ecumenismo su cui sta lavorando anche in prima persona.
Il Concilio di Nicea ha arginato la dottrina di Ario che negava la piena divinità di Cristo. C’è anche un arianesimo contemporaneo?
Secondo Ario, Gesù era creato da Dio, seppur fosse una creatura privilegiata. Oggi molti, compresi i cristiani, vedono in Cristo soltanto un uomo, un buon uomo, un uomo esemplare, ma non ne contemplano la sua divinità. Per esempio, in Germania, durante un’indagine, è stato chiesto agli appartenenti alla Chiesa se credessero che Dio si sia rivelato in Gesù Cristo: appena il 32% ha risposto di sì. Se Cristo non è Dio, non può salvare l’uomo. E oggi Nicea si ricorda il messaggio di salvezza che viene dal Risorto.
 Iznikl, attuale nome di Nicea, dove il Papa, il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e i rappresentanti di venti Chiese e comunità cristiane si riuniranno in preghiera fra gli scavi archeologici dell’antica Basilica di San Neofito per celebrare i 1.700 anni del primo Concilio ecumenico / REUTERS


 Iznikl, attuale nome di Nicea, dove il Papa, il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e i rappresentanti di venti Chiese e comunità cristiane si riuniranno in preghiera fra gli scavi archeologici dell’antica Basilica di San Neofito per celebrare i 1.700 anni del primo Concilio ecumenico / REUTERS
Nella lettera apostolica “In unitate fidei” che il Papa ha inviato alla vigilia del viaggio, si legge che i tempi del primo Concilio non erano meno turbolenti di quelli di oggi.
C’è un ecumenismo della carità e uno della verità. L’ecumenismo della carità rimanda alla necessità di tessere relazioni amichevoli tra le diverse Chiese. Questa è la condizione fondamentale per avere un dialogo della verità, vale a dire un dialogo teologico sulle questioni che hanno diviso e continuano a dividere il cristianesimo. Costruire legami contribuisce a superare i pregiudizi.
E c’è un cristianesimo “pratico” che può favorire il riavvicinamento?
Certo, pensiamo alla collaborazione fra le comunità cristiane sulla pace, sulla giustizia, sulla salvaguardia del Creato, sulle migrazioni, sull’intelligenza artificiale. Sono le grandi sfide del nostro tempo che chiamano a una responsabilità comune alla luce del Vangelo. Tutto ciò è connesso a un’altra urgenza ecumenica: l’evangelizzazione. Tutti i cristiani sono tenuti ad annunciare al mondo la loro fede in un Dio che si è fatto uomo in Gesù Cristo.
Istanbul attende la visita di papa Leone XIV / ANSA
Istanbul attende la visita di papa Leone XIV / ANSA
Il Concilio di Nicea è stato convocato dall’imperatore Costantino. Come evitare che la politica strumentalizzi la vita ecclesiale?
Costantino vedeva nei conflitti all’interno della cristianità un fattore che avrebbe potuto danneggiare l’unità dell’impero. Ma aveva anche compreso che tutto questo non poteva essere risolto con la leva politica, bensì pensava che fosse necessario un confronto religioso e teologico. Oggi nell’Occidente abbiamo una sana separazione tra Chiesa e Stato; perciò è responsabilità della Chiesa affrontare le questioni che la riguardano senza l’influsso della politica.
C’è chi sostiene che il cammino ecumenico abbia avuto una battuta di arresto con la crisi ucraina. Il rapporto con il patriarcato di Mosca, maggiore comunità ortodossa del mondo, è segnato da forti tensioni dopo l’autocefalia della Chiesa ortodossa dell’Ucraina e la benedizione dell’invasione russa. Papa Leone, però, ha incontrato il metropolita Antonij, responsabile delle relazioni esterne della Chiesa ortodossa russa. Occorre ricucire con Mosca?
Dopo il grande incontro a Cuba del 2016 tra papa Francesco e il patriarca Kirill, la situazione è adesso molto difficile anche a causa della guerra che papa Leone XIV ha giustamente definito un conflitto senza senso. Serve far tacere le armi e giungere a una pace giusta. Comunque la Chiesa cattolica continua a ribadire che non possiamo chiudere alcuna porta. Anche quella con la Russia è sempre aperta.
Quanto pesano le divergenze sui temi etici e sull’ordinazione delle donne nel dialogo con le comunità cristiane della Riforma?
Cito quanto accade oggi nella Comunione mondiale anglicana dove si assiste a separazioni interne su tali questioni. Tutto ciò ci rattrista: soffriamo quando emergono divisioni dentro una Chiesa. Non abbiamo bisogno di nuove linee di frattura. Anzi, dobbiamo aiutarci gli uni con gli altri a superarle.
Istanbul attende la visita di papa Leone XIV / REUTERS
Istanbul attende la visita di papa Leone XIV / REUTERS
Leone XIV ha detto che la Chiesa cattolica è pronta a collaborare per una soluzione che permetta la celebrazione congiunta della Pasqua. A quale punto siamo?
Stiamo lavorando per individuare una data comune. Si tratta di un traguardo cruciale. Però il percorso non può e non deve provocare nuove divisioni nelle Chiese e fra le Chiese.
Secondo il Papa, non serve un ecumenismo che fa riecheggiare il passato, né un riconoscimento dell’attuale status quo della diversità. Come guardare al futuro?
Non è possibile tornare a 1.700 anni fa e ripristinare un contesto che è stato modificato dalla storia; e non possiamo accontentarci dell’attuale situazione. Papa Leone XIV invita all’equilibrio tra unità e pluralità. Perché l’unità senza la pluralità è tirannia; e la pluralità senza l’unità è anarchia, come aveva già ben evidenziato il grande pensatore Blaise Pascal. Oggi, però, la gente ama molto la pluralità e poco l’unità: così occorre insistere sul ritrovare un sano equilibrio.
I 1.700 anni di Nicea vengono celebrati mentre si tiene il Giubileo della speranza.
È una bellissima coincidenza. Sia l’Anno Santo, sia l’anniversario del primo Concilio sono richiamo a essere pellegrini di speranza. Inoltre il 7 dicembre ricorreranno i sessant’anni dalla remissione delle reciproche scomuniche tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse con la Dichiarazione comune di Paolo VI e del patriarca ecumenico Atenagora: un grande passo in avanti che va commemorato insieme.
Intanto le Chiese europee hanno appena firmato la nuova Charta Oecumenica, dopo quella varata per la prima volta nel 2001.
Un segnale significativo. Si tratta di fare fronte comune davanti alle attese e alle preoccupazioni dell’Europa per offrire un contributo fattivo guardando anche alle radici cristiane del continente.

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