martedì 5 aprile 2016
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Pace a voi. «È il saluto che Cristo porta ai suoi discepoli » ed «è la stessa pace che attendono gli uomini del nostro tempo». Papa Francesco parla di pace nella Domenica della Divina Misericordia. Lo fa nell’omelia della Messa in piazza San Pietro che conclude lo speciale Giubileo di quanti aderiscono alla spiritualità della Divina Misericordia. E lo fa anche nella riflessione che precede la preghiera mariana del Regina Coeli ricordando «tutte le popolazioni che più hanno sete di riconciliazione ». Dalla finestra del suo appartamento nel Palazzo Apostolico pone l’accento in particolare sul «dramma di chi patisce le conseguenze della violenza in Ucraina »: sono quanti «rimangono nelle terre sconvolte dalle ostilità che hanno causato già varie migliaia di morti» e quanti – più di un milione – «sono stati spinti a lasciarle dalla grave situazione che perdura». Da qui l’annuncio di «una speciale colletta in tutte le chiese cattoliche d’Europa domenica 24 aprile» che vuole sia essere un «gesto di carità», sia «esprimere la vicinanza e la solidarietà» dell’intera Chiesa all’ex Paese sovietico. La pace, spiega Francesco durante l’Eucaristia, « non è la sospensione di qualcosa che non va». Essa «proviene dal cuore del Risorto» e «fa fiorire la speranza». Ecco l’impegno: essere «strumenti di riconciliazione per portare a tutti il perdono del Padre, per rivelare il suo volto di solo amore nei segni della misericordia». Proprio il tema della misericordia fa da filo conduttore all’omelia. «Il Vangelo è il libro della misericordia di Dio, da leggere e rileggere, perché quanto Gesù ha detto e compiuto è espressione della misericordia del Padre», sottolinea il Papa davanti al “popolo” della Divina Misericordia giunto in piazza San Pietro. Ma non tutto è stato scritto. «Il Vangelo della misericordia rimane un libro aperto – precisa – dove continuare a scrivere i segni dei discepoli di Cristo, gesti concreti di amore ». Secondo Bergoglio, i credenti sono chiamati a «diventare scrittori viventi del Vangelo, portatori della Buona Notizia a ogni uomo e donna di oggi». Lo si può «fare mettendo in pratica le opere di misericordia corporale e spirituale, che sono lo stile di vita del cristiano ». Bastano «gesti semplici e forti, a volte perfino invisibili » come «visitare quanti sono nel bisogno, portando la tenerezza e la consolazione di Dio», suggerisce il Pontefice. Francesco esorta ancora una volta a «uscire da noi stessi» per «testimoniare la forza risanatrice dell’amore che ci ha conquistati » soprattutto di fronte a «un’umanità spesso ferita e timorosa che porta le cicatrici del dolore e dell’incertezza ». Del resto, aggiunge, la misericordia di Dio «non si ferma a distanza: desidera venire incontro a tutte le povertà e liberare dalle tante forme di schiavitù che affliggono il nostro mondo». Essa vuole «raggiungere le ferite di ciascuno, per medicarle». Ed essere apostoli di misericordia «significa toccare e accarezzare le sue piaghe, presenti anche oggi nel corpo e nell’anima di tanti suoi fratelli e sorelle». Per questo c’è bisogno di «persone con il cuore paziente e aperto, “buoni samaritani” che conoscono la compassione e il silenzio dinanzi al mistero del fratello e della sorella». In fondo, osserva il Papa, il Signore «domanda servi generosi e gioiosi che amano gratuitamente senza pretendere nulla in cambio». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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