martedì 2 dicembre 2014
La piccola comunità cattolica turca: dobbiamo incontrarci innanzitutto tra noi. VAI ALLO SPECIALE
La profezia e il coraggio di Riccardo Maccioni | La via diritta all’incontro di Andrea Riccardi
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Non odi e divisioni. Non particolarismi. Unità. Unità e ancora unità. Gli interventi del Papa a Istanbul hanno ruotato tutti attorno a questa parola chiave che è anche, e soprattutto, necessità vitale per la Chiesa cattolica. Non solo quindi si riferisce a ciò che riguarda la questione ecumenica, il rapporto con gli ortodossi, ma anche a quello che in sostanza tocca la vita dei fedeli all’interno della Chiesa. Sulla soglia della cattedrale cattolica di Istanbul, il nunzio apostolico in Turchia, monsignor Antonio Lucibello e altri sacerdoti si scambiano qualche commento l’indomani della visita papale, le impressioni che questa ha suscitato nella piccola e diversificata comunità dei cattolici. Proprio la cattedrale dello Santo Spirito è stata l’ultima tappa della sua permanenza in Turchia. «Ci ha lasciati con la speranza, e l’incoraggiamento ad andare e camminare avanti… quante volte ha detto "avanti"?» si chiede uno dei sacerdoti. «Ma anche con un invito preciso – riprende l’altro – unità prima di tutto ad intra, perché l’ecumenismo ad extra in fondo è quasi più facile». «Come possiamo parlare di unità, di spirito di pace, essere credibili quando anche noi siamo divisi e contrapposti nel nostro interno?» aggiunge un’altro. Qui, dove si sono ritrovati i fedeli di diversi riti, i tanti rifugiati e gli immigrati che frequentano la parrocchia per la celebrazione eucaristica con papa Francesco, nella Messa interrituale del 29 novembre scorso, il vescovo di Roma ha tenuto un’omelia nella quale ha messo bene a fuoco cos’è l’unità nella diversità secondo il comandamento di Cristo. «Quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi ed esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo in a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità e l’omologazione. Se invece ci lasciamo guidare dalla Spirito Santo, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché Egli ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa». Se è lo Spirito che compie l’unità, l’unità nella fede, l’unità nella carità, la Chiesa, per Papa Francesco, è «chiamata a lasciarsi guidare dallo Spirito, ponendosi in atteggiamento di apertura, di docilità e di obbedienza». «Lo Spirito – afferma ancora il Papa con chiarezza molte volte ribadita –scombussola, smuove, fa camminare spinge la Chiesa ad andare avanti, invece è sempre più comodo adagiarsi e chiudersi nelle posizioni statiche e immutate…e i cristiani diventano quindi «autentici discepoli missionari capaci di interpellare le coscienze solo se abbandonano uno stile difensivo per lasciarsi condurre dallo Spirito». Per il teologo domenicano Claudio Monge, le parole pronunciate da papa Francesco ai cattolici di Istanbul «toccano il cuore di un problema effettivo che anche qui c’è tra di noi». «Quello del Papa qui –afferma il domenicano – è stato un forte invito evangelico a un cambio di registro, necessario in questo momento per scuotere quello che sono i rapporti tra gli stessi cattolici in questa Chiesa che nella società turca è una minoranza. Viviamo spesso come mondi giustapposti, siamo più preoccupati di sviluppare il guscio che aprire le porte». «Dobbiamo cambiare registro – dice ancora il padre Monge – altrimenti non siamo testimoni dell’autentica cattolicità. La testimonianza comincia con l’unità».
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