sabato 5 dicembre 2009
Nel «Discorso alla città» l’invito di dell'arcivescovo a vedere nella crisi economica una sfida morale e spirituale. Il crocifisso? Non va ridotto a segno identitario. «Rom, le istituzioni non possono limitarsi alle azioni di forza».
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«È la pratica straordinaria della solidarietà che ha reso grande nei secoli Milano». Ma «la nostra città oggi è una città solidale, all’altezza della sua tradizione?». Muove da questo interrogativo il Discorso alla città per la vigilia di Sant’Ambrogio che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha pronunciato ieri sera nell’antica Basilica al cospetto – com’è ormai consuetudine – non solo delle autorità ma anche delle «famiglie regionali» e degli esponenti delle comunità etniche che rappresentano il volto nuovo della metropoli lombarda.Una città che cambia, dunque. E cambierà ancora, anche a causa dell’Expo 2015. Ma come? Saprà Milano rinnovare la sua storia di città solidale? Saprà rilanciare – come suggerisce l’arcivescovo – l’alleanza fra istituzioni pubbliche e «forze vive della società civile»? Saprà trovare vie diverse «all’azione di forza, senza alternative e prospettive», come invece accade con i continui sgomberi contro i Rom? Saprà coniugare solidarietà e giustizia, imparare che non c’è solidarietà senza sobrietà – scandisce Tettamanzi – e che proprio la sobrietà può favorire lo sviluppo? Per questo cammino di conversione Milano non è senza bussola. «Guardiamo a Cristo», è l’invito conclusivo di Tettamanzi: «presenza che ha i segni del Crocifisso». Simbolo da conservare, certo. Ma che non va ridotto solo a «segno di un’identità». La grande sfida è «passare dal simbolo alla realtà». Vivere «con umile, forte e gioiosa coerenza» nella luce del Crocifisso Risorto.Fin dall’esordio il discorso di Tettamanzi è una dichiarazione d’amore alla città, «un amore che è segnato da gratitudine e insieme da responsabilità». Per rendere grande Milano non bastano le grandi opere: «Sono gli abitanti» la sua «ricchezza più grande». E due i «criteri» per renderla grande: la generosità e la solidarietà. Una solidarietà «inscindibile dalla giustizia», che si configura come «dovere» e ha un ruolo sorgivamente «sociale e politico», ha affermato Tettamanzi attingendo al De officiis di Ambrogio come alla Caritas in veritate di Benedetto XVI e alla Populorum progressio di Paolo VI, suo predecessore sulla cattedra milanese, al quale si deve la riscoperta della festa patronale come occasione per attualizzare il magistero di Ambrogio.Illuminato il significato di solidarietà, la domanda: Milano «oggi» è una città «veramente solidale con tutti i suoi abitanti»? Tettamanzi passa in rassegna condizioni, sofferenze e solitudini dei diversi gruppi sociali – l’infanzia, i giovani, le famiglie, gli anziani, gli immigrati – ma anche i «molti esempi di autentica solidarietà» che danno forza alla città, come i volontari impegnati nel Fondo famiglia-lavoro, o le parrocchie e le famiglie che nei giorni scorsi hanno aiutato i Rom dopo l’ennesimo sgombero. Quanti «angeli» – li ha chiamati Tettamanzi – si prendono cura degli altri, lontani dalla luce dei riflettori...Ciò di cui ha bisogno Milano è «una solidarietà che sia in grado di animare il corso delle istituzioni» e un’alleanza fra istituzioni pubbliche e società civile. Ma Milano ha anche «bisogno di sobrietà», perché «la sobrietà è la via privilegiata alla solidarietà». Sobrietà che è «questione di giustizia», che non comprime bensì «favorisce lo sviluppo», «non è contro il mercato ma è a favore di una realizzazione sapiente dell’economia». Proprio l’Expo 2015 – con un tema alto, affascinante, come Nutrire il pianeta, energia per la vita – può essere l’occasione per «un ripensamento globale della Milano dell’impresa, della finanza, della ricerca, della comunicazione, della cultura, del volontariato» portando nella vita d’ogni giorno la sobrietà come via alla solidarietà. L’Expo dunque non sia solo pretesto per grandi opere che mobilitano «ingenti quantità di denaro» che – ha sottolineato l’arcivescovo – possono far gola alla criminalità organizzata. La sobrietà inoltre è una sfida allo stile di vita della Milano no limits, che cerca nella droga e nell’alcol uno «stato di ebbrezza permanente», assetata di successo, di autoaffermazione. «Persone autenticamente felici, invece, arrecano un grande contributo alla costruzione di una città migliore»; la via della «vera gioia» non è l’egoismo ma «il dono di sé», «la ricerca del bene dell’altro».È dunque una «chiamata alla conversione» quella di Tettamanzi alla sua città, per superare insieme una crisi non riducibile agli «aspetti tecnico-finanziari» bensì «d’indole culturale, morale e spirituale». Servono «modelli e stili di vita insieme profetici e praticabili». E «un grande investimento educativo» che chiama tutti all’impegno. Anche la Chiesa, che nell’annuncio del Vangelo e nella testimonianza concreta può aprire le ragioni umane del nesso fra sobrietà e solidarietà alla «sorprendente novità» di Cristo e del suo «comandamento d’amore». Un amore che ha il volto e la forma del Crocifisso, «simbolo cristiano ma anche simbolo profondamente umano». Simbolo da conservare. Ma soprattutto da vivere.
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