sabato 23 marzo 2013
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​Nei famosi cablogrammi diffusi da Wikileaks, l’ambasciata Usa in Vaticano in vista della visita del presidente Barack Obama del 2009 sottolineava come la Santa Sede fosse ormai seconda solo agli States per numero di Paesi con cui intrattiene rapporti diplomatici (all’epoca rispettivamente 177 e 188). Eppure nel 1900 questi Paesi erano appena una ventina. Ma nel 1978 ammontavano già a 84. Nel 2005 erano 174. E con Benedetto XVI sono diventati 180. Nel 2006 infatti sono stati allacciati i rapporti col neonato Montenegro, nel 2007 con gli Emirati Arabi Uniti, nel 2008 col Botswana, nel 2009 è stata la volta della Federazione Russa con cui c’erano già relazioni di natura speciale, come quelle che continuano a sussistere con l’Olp. Nel 2011, poi, sono arrivati i pieni rapporti diplomatici con la Malesia. Mentre il 22 febbraio scorso, pochi giorni prima della fine del pontificato, sono state annunciate le relazioni con il neonato Sud Sudan. La Santa Sede ha poi legami diplomatici con l’Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta, e mantiene osservatori permanenti presso le principali organizzazioni internazionali governative, come, ad esempio, l’Onu (nelle sedi di New York, Ginevra, Vienna e Nairobi), il Consiglio d’Europa a Strasburgo, la Fao a Roma, l’Unesco a Parigi, l’Organizzazione Mondiale del Turismo, il Wto e, inoltre, presso l’Organizzazione degli Stati Americani, la Lega degli Stati arabi e l’Organizzazione dell’unità africana. Dell’Aiea e dell’Osce con sede a Vienna è storico membro fondatore. Nel 2008 lo Stato della Città del Vaticano è stato ammesso all’Interpol. Dal 2011, ancora, per la prima volta è stato accreditato un nunzio presso l’Asean, l’associazione delle nazioni del Sudest asiatico. Dal punto di vista dei rapporti multilaterali, nel 2012 c’è stata la prima valutazione del Rapporto Moneyval, accolta «con soddisfazione» nei Sacri Palazzi, sulle misure di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo adottate dalla Santa Sede/Stato della Città del Vaticano. Mentre, in una recente prolusione, il "ministro degli esteri vaticano", l’arcivescovo Dominique Mamberti, ha poi spiegato come «la Santa Sede ha esteso ancora la sua rete di contatti con le Organizzazioni regionali», accreditando «un Rappresentante Speciale presso il Comesa (Common Market for Eastern and Southern Africa) e ora presso il Sica (Sistema de la Integración Centroamericana), mentre nel 2011 è diventata membro dell’Oim (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni)».Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c’è anche la Cina-Taiwan, dove però dal 1979 non risiede più un nunzio, ma solo un semplice «incaricato d’affari ad interim» (ma i legami permangono, visto che lo scorso 17 dicembre è stato siglato un «Accordo tra la Congregazione dell’educazione cattolica della Santa Sede e il Ministero dell’Educazione della Repubblica di Cina»). A Roma comunque si attende sempre il momento di poter trasferire finalmente – quando sarà possibile – la nunziatura a Pechino. Nel frattempo, una rappresentanza diplomatica vaticana risiede stabilmente nella cosiddetta «missione di studio» a Hong Kong, pur figurando formalmente il suo titolare fra il personale della nunziatura delle Filippine come "consigliere culturale".La Cina popolare è il più grande tra i Paesi che non hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede. Ma non è il solo. A parte il Kosovo – il cui status internazionale è ancora controverso – la Santa Sede non intrattiene ancora relazioni con quattordici Stati, perlopiù asiatici, in buona parte a maggioranza islamica. In otto di questi Paesi non è presente nessun inviato vaticano (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Oman, Tuvalu). Sono invece in carica dei delegati apostolici (rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali, ma non presso i governi) in altri sei Paesi: tre africani (Comore, Mauritania e Somalia) e tre asiatici (Brunei, Laos, Myanmar).Con alcuni di questi Paesi, comunque, la Santa Sede ha già avuto dei contatti formali. Alla Messa di inizio pontificato di papa Francesco erano presenti, ad esempio, le delegazioni di Afghanistan e Kosovo. A quella di Benedetto XVI c’erano state anche quelle di Arabia saudita, Oman e Vietnam. E proprio quest’ultimo Paese costituisce un caso particolare. Con esso infatti sono iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rapporti diplomatici e, a tal fine, nel 2011 è stato nominato un rappresentante vaticano non residenziale presso il governo di Hanoi nella persona del nunzio residente a Singapore.Attualmente, infine, sono un’ottantina i Paesi che hanno un ambasciatore residente a Roma. Gli altri sono rappresentati in genere da diplomatici residenti in altre capitali europee. È noto infatti che la Santa Sede non accetta ambasciatori accreditati anche presso il Quirinale. Nonostante che l’Irlanda nel 2011 abbia declassato la propria rappresentanza da residente a non residente, è da ricordare che con papa Ratzinger sono al contrario diventati "residenti" gli ambasciatori "non residenti" di Australia, Camerun, Timor Est, Benin e, dallo scorso anno, della Nigeria, il più popoloso Paese africano.
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